27/01/2019, 10.39
PANAMA – VATICANO
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GMG: Papa, Maria, influencer di Dio, la donna più influente nella storia

Alla veglia con 600mila giovani, Francesco sottolinea il significato del “sì” di Maria. ““Dire ‘sì’ al Signore significa avere il coraggio di abbracciare la vita come viene, con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni”. “Com’è facile criticare i giovani e passare il tempo mormorando, se li priviamo di opportunità lavorative, educative e comunitarie a cui aggrapparsi e sognare il futuro”.

Panama (AsiaNews) – Maria non era una “influencer” di Dio, allora non c’erano i social, ma è stata “la donna che ha avuto maggiore influenza nella storia”, con il suo “sì”, un “sì” di chi rischia la propria vita, con “la certezza di sapere di essere portatrice di una promessa”. Decidere di scegliere con chi stare nella vita è stata  la questione posta da papa Francesco ai 600mila giovani che la notte scorsa hanno preso parte alla veglia di preghiera della 34ma GMG, a Panama. “La salvezza che il Signore ci dona – ha detto - è un invito a partecipare a una storia d’amore”.

Il Campo San Juan Pablo II, non lontano dall’oceano, fioriva delle bandiere di quasi tutto il mondo quando poco prima delle 18.30 (le 22.30 GMT) è arrivato papa Francesco. Con lui cinque giovani, in rappresentanza dei cinque continenti della Terra. Sul palco una grande immagine di Gesù a braccia spalancate, l’immagine di un uomo giovane e, accanto al Papa, la mitria e una reliquia della camicia insanguinata di mons. Oscar Romero.

“L’invito” di Dio “sorprese Maria”. “Senza alcun dubbio la giovane di Nazaret non compariva nelle ‘reti sociali’ dell’epoca, non era una influencer, però senza volerlo né cercarlo è diventata la donna che ha avuto la maggiore influenza nella storia. Maria, la ‘influencer’ di Dio. Con poche parole ha saputo dire ‘sì’ e confidare nell’amore e nelle promesse di Dio, unica forza capace di fare nuove tutte le cose”.

“Sempre impressiona la forza del ‘sì’ di questa giovane, di quell’’avvenga per me’ che disse all’angelo. È stata una cosa diversa da un’accettazione passiva o rassegnata, o da un ‘sì’ come a dire: ‘Bene, proviamo a vedere che succede’. È stato qualcosa di più, qualcosa di diverso. È stato il ‘sì’ di chi vuole coinvolgersi e rischiare, di chi vuole scommettere tutto, senza altra garanzia che la certezza di sapere di essere portatrice di una promessa. Avrebbe avuto, senza dubbio, una missione difficile, ma le difficoltà non erano un motivo per dire ‘no’”. “Questa sera ascoltiamo anche come il ‘sì’ di Maria riecheggia e si moltiplica di generazione in generazione. Molti giovani sull’esempio di Maria rischiano e scommettono, guidati da una promessa”.

“Dire ‘sì’ al Signore – ha aggiunto Francesco - significa avere il coraggio di abbracciare la vita come viene, con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni e mancanze di senso, con lo stesso amore con cui ci hanno parlato Erika e Rogelio. Significa abbracciare la nostra patria, le nostre famiglie, i nostri amici così come sono, anche con le loro fragilità e piccolezze”.

“Perché? Perché solo quello che si ama può essere salvato. Solo quello che si abbraccia può essere trasformato. L’amore del Signore è più grande di tutte le nostre contraddizioni, fragilità e meschinità, però è precisamente attraverso le nostre contraddizioni, fragilità e meschinità che Lui vuole scrivere questa storia d’amore. Ha abbracciato il figlio prodigo, ha abbracciato Pietro dopo i suoi rinnegamenti e ci abbraccia sempre, sempre, dopo le nostre cadute aiutandoci ad alzarci e a rimetterci in piedi. Perché la vera caduta, quella che può rovinarci la vita, è rimanere a terra e non lasciarsi aiutare”.

Prendendo poi spunto da una delle testimonianze, quella di Alfredo, rimasto “senza lavoro, senza istruzione, senza comunità, senza famiglia”, “è impossibile – ha detto - che uno cresca se non ha radici forti che aiutino a stare bene in piedi e attaccato alla terra. È facile disperdersi quando non si ha dove fissarsi. Questa è una domanda che noi anziani siamo tenuti a farci, anzi, è una domanda che voi dovrete farci e noi avremo il dovere di rispondervi: quali radici vi stiamo dando, quali basi per costruirvi come persone vi stiamo offrendo? Com’è facile criticare i giovani e passare il tempo mormorando, se li priviamo di opportunità lavorative, educative e comunitarie a cui aggrapparsi e sognare il futuro! Senza istruzione è difficile sognare il futuro; senza lavoro è molto difficile sognare il futuro; senza famiglia e comunità è quasi impossibile sognare il futuro. Perché sognare il futuro significa imparare a rispondere non solo perché vivo, ma per chi vivo, per chi vale la pena di spendere la vita”.

“Ricordo – ha detto ancora - che una volta, parlando con alcuni giovani, uno mi ha chiesto: ‘Padre, perché oggi tanti giovani non si domandano se Dio esiste o fanno fatica a credere in Lui ed evitano di impegnarsi nella vita?’. E io ho risposto: ‘E voi, cosa ne pensate?’”. Tra le risposte, quella che “ha toccato il cuore” di Francesco è “molti di loro sentono che, a poco a poco, per gli altri hanno smesso di esistere, si sentono molte volte invisibili’. È la cultura dell’abbandono e della mancanza di considerazione. Non dico tutti, ma molti sentono di non avere tanto o nulla da dare perché non hanno spazi reali a partire dai quali sentirsi interpellati. Come penseranno che Dio esiste se loro da tempo hanno smesso di esistere per i loro fratelli? Lo sappiamo bene, non basta stare tutto il giorno connessi per sentirsi riconosciuti e amati. Sentirsi considerato e invitato a qualcosa è più grande che stare ‘nella rete’. Significa trovare spazi in cui con le vostre mani, con il vostro cuore e con la vostra testa potete sentirvi parte di una comunità più grande che ha bisogno di voi e di cui anche voi avete bisogno”.

Sempre, invece “si può ‘rinnovarsi e germogliare’ quando c’è una comunità, il calore di una casa dove mettere radici, che offre la fiducia necessaria e prepara il cuore a scoprire un nuovo orizzonte: orizzonte di figlio amato, cercato, trovato e donato per una missione. Il Signore si fa presente per mezzo di volti concreti. Dire ‘sì’ a questa storia d’amore è dire ‘sì’ ad essere strumenti per costruire, nei nostri quartieri, comunità ecclesiali capaci di percorrere le strade della città, di abbracciare e tessere nuove relazioni. Essere un ‘influencer’ nel secolo XXI significa essere custodi delle radici, custodi di tutto ciò che impedisce alla nostra vita di diventare ‘gassosa’ ed evaporare nel nulla. Siate custodi di tutto ciò che ci permette di sentirci parte gli uni degli altri, di appartenerci reciprocamente”.

“Il Vangelo – ha concluso - ci insegna che il mondo non sarà migliore perché ci saranno meno persone malate, deboli, fragili o anziane di cui occuparsi e neppure perché ci saranno meno peccatori, ma che sarà migliore quando saranno di più le persone che, come questi amici, sono disposte e hanno il coraggio di dare alla luce il domani e credere nella forza trasformatrice dell’amore di Dio. Volete essere ‘influencer’ nello stile di Maria, che ebbe il coraggio di dire ‘avvenga per me’? Solo l’amore ci rende più umani, più pieni, tutto il resto sono buoni, ma vuoti placebo”.

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