27/02/2014, 00.00
FILIPPINE - ISLAM
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Fra ostacoli e timori, Manila pronta a firmare l’accordo di pace con il Milf

La ratifica dovrebbe arrivare entro la metà di marzo e dare il via libera alla nascita della regione autonoma musulmana. Missionario Pime: “tutti vogliono la pace”, ma restano “nubi all’orizzonte”. Fra i nodi irrisolti i confini territoriali e lo sfruttamento delle risorse. La Chiesa cattolica lancia iniziative per “rafforzare” il dialogo nella regione.

Manila (AsiaNews) - Il presidente filippino Benigno Aquino è pronto a siglare l'accordo di pace con i separatisti islamici di Mindanao, accordo che potrebbe mettere fine a una delle più lunghe (e sanguinose) guerre separatiste del continente asiatico. Tuttavia alcune frange della guerriglia, fazioni politiche ostili e apparati dello Stato potrebbero far saltare all'ultimo la firma e vanificare il lavoro diplomatico di questi anni. Dopo la chiusura dei negoziati il mese scorso, il capo di Stato dovrebbe completare l'ultimo passaggio e ratificare il cessate il fuoco definitivo con il Moro Islamic Liberation Front (Milf) entro la metà di marzo. Ieri intanto, in segno di distensione, Manila ha ordinato il rilascio del leader ribelle musulmano Wahid Tundok, il cui recente arresto aveva minacciato di mettere a repentaglio la trattativa. 

"Tutti quanti vogliono la pace, vi è un desiderio comune di mettere fine alle violenze" racconta ad AsiaNews p. Sebastiano D'Ambra, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e fondatore del movimento Silsilah che opera da anni per il dialogo islamo-cristiano e la pace nel sud delle Filippine. Profondo conoscitore delle problematiche locali, oltre che dei tentativi compiuti in passato in direzione della pace, egli aggiunge che "ci porteranno essere ostacoli nell'applicazione pratica dell'accordo e non sono da escludere possibili episodi di violenze".

Il Milf è un gruppo armato che ha cercato per decenni l'indipendenza dell'arcipelago di Mindanao, ricco di risorse sotterranee. La guerra che ne è derivata è costata la vita a migliaia di persone e ha impedito di fatto ai contendenti di sfruttare le ricchezze del sottosuolo, valutate intorno ai 312 miliardi di dollari. Il 24 gennaio scorso i due fronti hanno sottoscritto un accordo di pace a Kuala Lumpur, capitale della Malaysia, sede delle trattative. Il documento apre la via alla nascita di una entità musulmana autonoma (Bangsamoro), la cui approvazione definitiva dovrebbe giungere entro il 2016. Essa prevede il diritto di autodeterminazione per la popolazione musulmana in diverse zone di Mindanao, a fronte di un cessate il fuoco e del disarmo ribelli islamici. 

A minacciare l'accordo di pace vi sono sia altri gruppi combattenti, che resistenze interne alla leadership politico-istituzionale di Manila. Il movimento sanguinario Bangsamoro Islamic Freedom Fighters (Biff), formato da fuoriusciti del Milf, costituisce una grave ostacolo al trattato e continua ad attirare combattenti non disposti a cedere le armi. Un altro rivale del Milf, il Moro National Liberation Front (Mnlf) già nel settembre scorso ha cercato di ostacolare i dialoghi con attentati e violenze che hanno causato oltre 200 morti. Potrebbero poi sorgere difficoltà e trappole in sede di discussione parlamentare - alcuni deputati respingono l'ipotesi di accordo - e di fronte alla Corte suprema, che potrebbe dichiarare l'incostituzionalità di alcune parti. 

P. D'Ambra conferma che "la situazione non è molto chiara" e se anche "ci sarà un accordo fra l'11 e il 12 marzo", restano però forti "perplessità" perché "alcuni punti non sono ben delineati e chiari". Fra gli aspetti critici, continua il missionario, profondo conoscitore dei dialoghi fra governo e ribelli musulmani che si sono susseguiti negli anni, lo "smantellamento dei gruppi armati", i "confini territoriali" e "lo sfruttamento delle risorse naturali" presenti nel sottosuolo. Manila sta lavorando per limare il dissenso e favorire la ratifica in sede parlamentare e alla Corte suprema. Tuttavia restano delle "contraddizioni" relative alla definizione "del territorio e delle acque" e del loro sfruttamento. Il governo "vuole finalizzare la trattativa" per mandare un forte segnale politico, ma la sensazione è che "vi siano comunque delle nuvole all'orizzonte". Vi sono problemi economici, culturali e territoriali che ostacolano la chiusura della controversia, come ad esempio "il rifiuto opposto da Zamboanga a rientrare nei territori di competenza del Bangsamoro". "Siamo di fronte a un accordo che non rasserena le parti in causa - conclude p. D'Ambra - perché tutti vogliono la pace, ma restano dei nodi irrisolti".

Intanto la Chiesa filippina lancia un'iniziativa rivolta ad amministratori, istituzioni, scuole e università, chiamate ad incontrarsi il mese prossimo a Manila (19 marzo) e Cebu (20 marzo) per discutere proprio dell'accordo di pace. L'obiettivo è quello di tracciare una "road map" che possa aiutare tutte le parti in causa a "promuovere e rafforzare" la pace nella regione. I leader cattolici invitano i negoziatori a "rafforzare il dialogo" dando voce a tutte le fazioni e assicurare che la firma non sia dettata solo da ambizione politica, ma racchiuda un vero e genuino desiderio di pace e sviluppo per le popolazioni. 

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