Faisalabad, cristiano ridotto in schiavitù ucciso dal padrone musulmano
Javed Masih aveva 32 anni. Con il suo lavoro, stava ripagando un debito che la sua famiglia aveva contratto tre anni fa. Da contratto, doveva lavorare 24 ore mensili. Di fatto, era uno schiavo. Accusato di furto, è stato torturato per giorni. La famiglia del datore di lavoro minaccia gravi conseguenze; la polizia non accetta la denuncia di omicidio.
Faisalabad (AsiaNews) – Un cristiano di 32 anni è morto a causa delle ferite inferte dal suo datore di lavoro musulmano. L’uomo si chiamava Javed Masih e risiedeva a Kamalpur in Sargodha Road, quartiere di Faisalabad. Egli lavorava al servizio di Bilal Wahla, per restituire un debito di 350mila rupie [circa 2900 euro, ndr] contratto dalla sua famiglia. In via ufficiale, egli avrebbe dovuto spazzare la magione del musulmano, prendersi cura degli animali, mungere le vacche e distribuire il latte. Di fatto, Javed era ridoto in schiavitù. Accusato di aver rubato una motocicletta del padrone, il cristiano è stato pestato ripetutamente con bastoni e altri oggetti. Trasportato in ospedale, è deceduto per le gravi torture subite. Ad AsiaNews Imran Masih, fratello maggiore di Javed, denuncia: “Vogliamo giustizia. Noi siamo poveri e perciò la polizia si rifiuta di ascoltarci e di registrare la denuncia. I grandi possidenti poi stanno minacciando gravi conseguenze perché ci siamo opposti a qualsiasi compromesso. Tutto questo avviene perché siamo cristiani e poveri”.
Javed Masih era uno dei sei figli (cinque maschi e una femmina) di Irshad Masih e Naseem Bibi. Nel 2014 i genitori hanno contratto un debito con il proprietario musulmano. Alla morte del padre, è stato stipulato l’accordo con il ricco possidente Wahla, alias Jutt: Javed avrebbe lavorato per il musulmano e in cambio quest’ultimo avrebbe scalato 7mila rupie ogni mese [pari a 57 euro, ndr] dall’ammontare del prestito. Secondo gli accordi, Javed era tenuto a lavorare 24 ore mensili. Ma di fatto, era uno schiavo.
Lo scorso 20 giugno alcuni ignoti criminali hanno rubato una motocicletta dalla tenuta privata di Bilal Wahla. Quest’ultimo ha dato subito la colpa al suo dipendente, iniziando a torturarlo in maniera crudele e assegnandogli sempre nuove mansioni. Da parte sua, Javed ha respinto le accuse di furto, ma – dato il debito – non aveva altra scelta se non resistere e continuare a lavorare.
Il 18 luglio scorso, dopo aver portato a termine gli incarichi giornalieri, Javed ha chiesto un’ora di permesso per poter incontrare alcuni amici. Rientrato dopo due ore, ha trovato ad attenderlo il padrone furibondo, che lo ha colpito a bastonate senza sentire giustificazioni fino a lasciare il cristiano in fin di vita, sanguinante e con la spalla sinistra rotta. Il giorno seguente Javed è stato trasportato all’Allied Hospital di Faisalabad, dove i medici hanno dichiarato il decesso.
A quel punto sono iniziate le minacce da parte del musulmano e di altri possidenti, che hanno tentato di corrompere la famiglia del cristiano per arrivare ad un compromesso. Di fronte al rifiuto dei Masih, Bilal Wahla ha provato ad insabbiare l’omicidio dichiarando che si trattava di un caso di suicidio. Al contrario, i parenti di Javed hanno sporto denuncia presso la stazione di polizia di Nishatabad. Ma ad oggi, lamenta Imran Masih, gli agenti “ancora non hanno accolto la nostra dichiarazione. Il dipartimento di polizia deve arrestare e punire il colpevole secondo la legge. Noi non vogliamo alcun compromesso. Vogliamo giustizia per nostro fratello innocente”.
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