Faisalabad, cristiani e musulmani in piazza chiedono giustizia per la coppia “blasfema” bruciata viva
Faisalabad (AsiaNews) - Il governo deve assicurare i colpevoli alla giustizia e prendere misure appropriate per scongiurare altri abusi legati alle leggi sulla blasfemia, che vengono sempre più spesso sfruttate per dirimere controversie personali. Inoltre, vanno fermati quanti lanciano messaggi provocatori attraverso gli altoparlanti ed è al contempo necessario bloccare il propagarsi di letteratura che fomenta l'odio confessionale. È quanto hanno chiesto i partecipanti alla manifestazione di protesta che si è tenuta ieri davanti al Circolo della stampa di Faisalabad, nel Punjab, per condannare la barbara uccisione di una coppia cristiana a Lahore. Shahzad Masih, 28 anni, e la moglie Shama, 25enne e incinta, già genitori di quattro bambini, sono stati massacrati a colpi di mattone e bruciati vivi perché avrebbero - secondo la folla - profanato pagine del Corano.
Finora la polizia pakistana avrebbe arrestato almeno 43 persone, in relazione all'omicidio della coppia cristiana, massacrata da centinaia di persone che hanno poi bruciato i cadaveri. Il premier pakistano ha definito l'omicidio un "crimine inaccettabile", ma non vi sono ancora iniziative concrete per prevenire altre carneficine di cristiani, perpetrate usando a pretesto le leggi sulla blasfemia.
A promuovere la protesta diverse associazioni attiviste, fra cui la Association of Women for Awareness and Motivation (Awam), la rete pro diritti umani REAT, la Peace and Human Development (PHD Foundation), la National Minorities Alliance of Pakistan (Nmap) e la Awaz-e-Haq Ittehad (AHI). I dimostranti hanno intonato slogan e brandito cartelli di protesta contro le continue persecuzioni a sfondo confessionale nel Paese asiatico, chiedendo la fine delle ingiustizie e degli abusi connessi alle leggi sulla blasfemia.
Interpellato da AsiaNews p. Khalid Rasheed, sacerdote a Faisalabad, accusa il governo del Pakistan per non aver saputo instillare una "cultura di pace e giustizia" e di non aver protetto le minoranze, obiettivo di attacchi e abusi spesso perpetrati "abusando delle leggi sulla blasfemia". Naseem Anthony di Awam critica l'operato della polizia, mentre Robin Daniel di Nmap afferma che il concetto di democrazia diventa molto labile "se non si assicura protezione ai cittadini". Suneel Malik di Phd Foundation parla di "oltraggio all'umanità" e l'ex parlamentare cristiano George Clement di un potere esecutivo e giudiziario "sotto il controllo dei leader religiosi", che operano nella più totale impunità.
Critiche e condanne per la violenza brutale ai danni della coppia cristiana provengono anche da esponenti di primo piano della comunità musulmana moderata; fra questi il sindacalista Mian Abdul Qayyum secondo cui "non vi è alcun casi di blasfemia", ma una vicenda di natura sociale "è stata trasformata in questione religiosa". Il leader politico Rana Raheel del Pakistan Tehreek-e-Insaf (Pti) condanna le divisioni - esacerbate dall'esecutivo - causate dal curriculum scolastico fra maggioranza e gruppi minoritari; lo studioso islamico Najeeb Ali Shah rinnova l'appello per la nascita di un "comitato" chiamato a valutare le leggi sulla blasfemia per "prevenirne gli abusi".
Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Decine gli episodi di violenze, fra attacchi mirati contro intere comunità (Gojra nel 2009 o alla Joseph Colony di Lahore nel marzo 2013), luoghi di culto (Peshawar nel settembre scorso) o abusi contro singoli individui (Sawan Masih e Asia Bibi, Rimsha Masih o il giovane Robert Fanish Masih, anch'egli morto in cella), spesso perpetrati col pretesto delle leggi sulla blasfemia.