18/06/2015, 00.00
VATICANO
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Enciclica: “Un uso irresponsabile e un abuso dei beni che Dio ha posto nella terra” (1)

La “Laudato sì, sulla cura della casa comune” si apre con un fortissimo appello a rigettare “la violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato”, che “si manifesta anche nei sintomi di una malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi”. Mutamenti climatici, accesso all’acqua, tutela della biodiversità sono sfide “irrinunciabili” per l’umanità intera. Nella Bibbia e nei Vangeli “la corretta chiave di lettura: non siamo padroni, ma custodi della Creazione”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Sorella terra “protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra”. È l’attacco della Lettera Enciclica “Laudato sì, sulla cura della casa comune”, firmata da papa Francesco e resa pubblica oggi.

Un’enciclica lunga e articolata, che in sei capitoli compie un excursus globale sul tema dell’ecologia e sulla strada da perseguire per il rispetto della Creazione. Ma allo stesso tempo, sulla scia della Pacem in Terris di Giovanni XXIII, anche un appello “rivolto a ogni persona che abita in questo pianeta. Mi propongo di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune” (n. 3). Nell’introduzione al testo, il pontefice ricorda l’impegno ambientale dei suoi più recenti predecessori. Da Paolo VI con il discorso alla Fao a Giovanni Paolo II, che già nella sua prima enciclica “osservò che l’essere umano sembra «non percepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo»” e successivamente “invitò ad una conversione ecologica globale” (n. 5) finendo con Benedetto XVI. Proprio dal papa emerito Francesco prende un concetto che accompagna tutto il testo: “Anche l’ambiente sociale ha le sue ferite. Ma tutte sono causate in fondo dal medesimo male, cioè dall’idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti. Si dimentica che «l’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura»” (n. 6). Questa costatazione non è però prerogativa dei soli cristiani: “Non possiamo ignorare che anche al di fuori della Chiesa Cattolica, altre Chiese e Comunità cristiane – come pure altre religioni – hanno sviluppato una profonda preoccupazione e una preziosa riflessione su questi temi che stanno a cuore a tutti noi” (n. 7). Citato in modo particolare il “caro Patriarca ecumenico Bartolomeo, con il quale condividiamo la speranza della piena comunione ecclesiale” (n. 7).

Ispiratore ed esempio da seguire, come mostra il titolo, è san Francesco d’Assisi “esempio bello e motivante”. In lui “si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore” (n. 10). Con queste premesse il papa lancia un appello: “Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti” (n. 14).

Nel primo capitolo – “Quello che sta accadendo alla nostra casa” – Francesco presenta una mappa dettagliata dei danni provocati dall’uomo all’ambiente. E inizia con un monito: “Il cambiamento è qualcosa di auspicabile, ma diventa preoccupante quando si muta in deterioramento del mondo e della qualità della vita di gran parte dell’umanità” (n. 18). Ci sono segnali positivi: “Dopo un tempo di fiducia irrazionale nel progresso e nelle capacità umane, una parte della società sta entrando in una fase di maggiore consapevolezza” (n. 19), ma questo non è abbastanza. Dobbiamo “prendere dolorosa coscienza, osare trasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare” (n. 19).

Il primo danno è l’inquinamento: “L’esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri, e provocano milioni di morti premature” (n. 20). Al punto che “la terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia” (n. 21). Questi problemi “sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura” (n. 22). Al secondo punto vi è il risaldamento globale: l’umanità “è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano” (n. 23). Al terzo punto l’accesso all’acqua potabile e sicura “diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani (n. 30).

Viene poi la salvaguardia della biodiversità: la stragrande maggioranza delle specie “si estingue per ragioni che hanno a che fare con qualche attività umana. Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto” (n. 33). Tutti questi fattori sono intimamente legati al deterioramento della qualità della vita umana e alla degradazione sociale: “Oggi riscontriamo, per esempio, la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute” (n. 44).

Il papa affronta poi il tema dell’inequità planetaria: “Di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta” (n. 48). E aggiunge: “Vorrei osservare che spesso non si ha chiara consapevolezza dei problemi che colpiscono particolarmente gli esclusi. Essi sono la maggior parte del pianeta, miliardi di persone” (n. 48). La risposta ai loro problemi non può essere quella di chi “si limita a proporre una riduzione della natalità […] Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi”(n. 50).

Alla luce di questa situazione, Francesco decide di dedicare un paragrafo alla debolezza delle reazioni della comunità internazionale. Le situazioni citate dal papa “provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta. Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli” (n. 53). Ecco perché “si rende indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi” (n. 53). Il sistema attuale è infatti inadatto: “La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti”. Perché, si chiede Francesco, “si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?” (n. 57).

Nel secondo capitolo – “Il Vangelo della creazione” – Francesco analizza le convinzioni di fede alla base dell’impegno cristiano per il Creato: “Anche se questa Enciclica si apre a un dialogo con tutti per cercare insieme cammini di liberazione, voglio mostrare fin dall’inizio come le convinzioni di fede offrano ai cristiani, e in parte anche ad altri credenti, motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili” (n. 64). I racconti della creazione nel libro della Genesi sono i primi “mattoni” del capitolo e “suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra” (n. 66). Secondo la Bibbia “queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato” (n. 66).

Il papa vuole poi chiarire una lettura distorta proprio della Genesi: “E’ stato detto che, a partire dal racconto della Genesi che invita a soggiogare la terra (cfr Gen 1,28), verrebbe favorito lo sfruttamento selvaggio della natura presentando un’immagine dell’essere umano come dominatore e distruttore. Questa non è una corretta interpretazione della Bibbia come la intende la Chiesa. Anche se è vero che qualche volta i cristiani hanno interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature” (n. 67).

Questa interpretazione sbagliata è corretta dalla stessa Bibbia. Dalla storia di Caino e Abele a quella di Noè, unico giusto che salva il mondo, sono tutti moniti: “Quando tutte queste relazioni sono trascurate, quando la giustizia non abita più sulla terra, la Bibbia ci dice che tutta la vita è in pericolo” (n. 70). Allo stesso modo vanno letti la legge dello Shabbat e il riposo che si concede alla terra e agli animali; i canti dei Salmi che invitano l’uomo a lodare il Dio creatore; gli scritti dei profeti, che ci invitano “a ritrovare la forza nei momenti difficili contemplando il Dio potente che ha creato l’universo” (n. 73). Insomma, scrive il papa, “il modo migliore per collocare l’essere umano al suo posto e mettere fine alla sua pretesa di essere un dominatore assoluto della terra, è ritornare a proporre la figura di un Padre creatore e unico padrone del mondo, perché altrimenti l’essere umano tenderà sempre a voler imporre alla realtà le proprie leggi e i propri interessi” (n. 75).

Tutto questo passa ovviamente dall’incarnazione e dall’amore infinito di Cristo nei confronti degli uomini: “Secondo la comprensione cristiana della realtà, il destino dell’intera creazione passa attraverso il mistero di Cristo, che è presente fin dall’origine: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16)” (n. 99). Insomma, conclude il secondo capitolo, “le creature di questo mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa” (n. 100).

Enciclica: la crisi ecologica è una crisi umana, sociale ed etica (2)

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