15/10/2021, 10.03
IRAQ
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Elezioni, accademico iracheno: al-Sadr vincitore, la protesta in Parlamento

di Dario Salvi

Il voto segna la vittoria del leader nazionalista sciita, la sconfitta dei movimenti filo-Teheran e l’ingresso di rappresentanti del movimento di protesta. Saad Salloum: al-Sadr “ancora più potente”, fondamentale nel gestire “gli equilibri” dell’assemblea. La società civile e il movimento di protesta nelle istituzioni dovranno “far valere i loro seggi”. 

Baghdad (AsiaNews) - Le elezioni in Iraq segnano la vittoria del leader radicale sciita Moqtada al-Sadr, che “è diventato ancora più potente” e ora può “reggere le fila del comando” per i prossimi anni, gestendo “gli equilibri” all’interno del Parlamento. È quanto sottolinea ad AsiaNews Saad Salloum, giornalista e professore associato alla cattedra di Scienze politiche della prestigiosa università di al-Mustanṣiriyya a Baghdad, fra le più antiche al mondo, commentando il voto del 10 ottobre. L’assemblea, prosegue, indicherà il nuovo governo e “vi sono opinioni diffuse secondo cui il prossimo primo ministro verrà nominato all’interno della galassia di al-Sadr” o fra personalità “indipendenti” che possono però contare sul “sostegno sadrista” che ne “determinerà” la nomina. 

Oltre al governo, al-Sadr risulterà determinante “nella scelta del presidente della Repubblica e del presidente del Parlamento”, figure che verranno determinate “da un accordo” con il leader nazionalista “o con il suo via libera”. Ecco perché sarà protagonista “nella formazione del prossimo esecutivo e dell’assetto istituzionale” del Paese, a fronte di un voto che segna un forte astensionismo - ha espresso la propria preferenza solo il 41% degli aventi diritto - e crescenti divisioni sull’influenza iraniana. 

Fra i grandi sconfitti troviamo infatti i partiti e i gruppi armati filo-Teheran, fra i quali l’Alleanza Fateh (Conquista) che ha raccolto solo una dozzina di voti, rispetto ai 48 della precedente tornata elettorale del 2018. Ben lontani dall’accettare la sconfitta alle urne, sia l’alleanza che le altre fazioni legate all’Iran parlano di manipolazioni, brogli e promettono ricorsi. “Faremo appello - affermano in una nota - contro i risultati di un voto che respingiamo con forza”.

Lo scrutinio, ancora parziale ma manca poco all’ufficialità, assegna 73 seggi (su 329) al blocco di al-Sadr, il quale si troverà però a dover fare i conti con i movimenti allineati all’Iran. Per questo si prevedono mesi di negoziati prima di arrivare ai 165 seggi di maggioranza e all’elezione di un primo ministro, in clima interno ed esterno di inevitabile e crescente pressione con altri attori in gioco, fra cui Stati Uniti e nazioni del Golfo. Non è escluso un secondo mandato per l’attuale premier Mustafa al-Kadhimi, che ha saputo bilanciare interessi e pressioni contrapposte fra Teheran e Washington, favorendo pure la ripresa dei dialoghi fra Repubblica islamica e Riyadh. La decisione sarà nelle mani di al-Sadr, che dovrà valutare se al-Kadhimi rappresenti un valido compromesso. 

Sullo sfondo vi sono i gruppi sunniti che oggi appaiono più uniti e coesi e i seggi conquistati dai movimenti di protesta che hanno determinato il voto anticipato nel 2019 e hanno deciso di candidarsi alle elezioni, alcuni dei quali composti da giovani. “Alcuni seggi - sottolinea Saad Salloum - sono andati al movimento di protesta e, sebbene di scarsa valenza numerica, sono il segnale tangibile di quel periodo. Essi potranno far valere la loro voce nella scelta del presidente, del capo del governo e del Parlamento, se sapranno essere intelligenti e sagaci”. “Questa minoranza - osserva - è importante e potrà dare un nuovo spirito al Parlamento. I suoi membri potranno garantire un controllo delle politiche e dell’indirizzo di governo” in un ruolo di garanti, provenendo da “movimenti attivisti e società civile”. Queste elezioni pur nella loro bassa affluenza “dipingono una nuova mappa parlamentare”, conclude lo studioso, dunque sono “un elemento di sorpresa in chiave positiva”.

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