Duterte: ‘Guerra religiosa a Mindanao’. Chiesa e analisti in disaccordo
Il presidente: “I cristiani hanno fucili migliori e ne stanno comprando altri”. Gli esperti respingono con forza questa eventualità: “Solo una boutade priva di fondamento per giustificare la legge marziale”. Il card. Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato: “Il governo affronti le radici economiche e politiche del terrorismo, anziché limitarsi al solo intervento militare”.
Zamboanga (AsiaNews) – Le affermazioni del presidente filippino su una possibile guerra civile tra cristiani e musulmani sull’isola di Mindanao non sarebbero altro che “l’ultima discutibile uscita” di Duterte. Ne sono convinti analisti locali, che escludono la possibilità di un conflitto religioso nel sud delle Filippine. La Chiesa cattolica dimostra invece un approccio più realista alla crisi che dal 23 maggio scorso sta interessando la provincia di Lanao del Sur e, per mezzo delle parole del card. Orlando Beltran Quevedo di Cotabato, sposta l’attenzione sulla necessità di una lotta alle ingiustizie sociali che causano gli estremismi.
Ieri a Cagayan De Oro ha avuto luogo un incontro tra la massima carica dello Stato ed i soldati feriti a Marawi. Il presidente Duterte ha avvertito i cittadini che, se la violenza scatenata dai terroristi di Maute si spostasse in altre parti di Mindanao, i cristiani sarebbero pronti ad armarsi, dando vita ad una guerra civile con i musulmani. “In caso di violenze – ha affermato Duterte – ci sarebbero molte uccisioni. Qui a Mindanao, vi è un maggior numero di cristiani. Essi hanno fucili migliori e ne stanno comprando altri. I ricchi stanno accumulando armi”. Le Forze armate filippine si troverebbero dunque ad affrontare non solo i terroristi islamici, ma anche gruppi paramilitari cristiani.
Gli analisti contattati da AsiaNews respingono con forza questa eventualità, attribuendo al presidente filippino “una boutade priva di fondamento”. Duterte non è nuovo a questo tipo di uscite mediatiche, spesso rettificate in seguito dai suoi portavoce. Secondo gli esperti, queste affermazioni rappresentano un tentativo di giustificare la decisione di instaurare la legge marziale nell’isola di Mindanao, che nell’ultimo mese tanto ha fatto discutere la politica e la società filippina.
“Le dichiarazioni di Duterte sono avventate e trovano fondamento solo in dinamiche superate da decenni. È vero, in passato i cristiani di Mindanao si sono armati per difendersi e combattere i ribelli musulmani. Tuttavia questi gruppi non sono attivi da tempo e gli scontri a fuoco si limitano a quelli tra forze governative e rivoltosi di etnia Moro, popolazione islamica locale”. Questi ultimi sono ora impegnati in colloqui di pace con il governo di Manila e hanno dato la loro disponibilità a combattere i Maute, jihadisti responsabili dell’assedio di Marawi, a fianco dei soldati filippini. I ribelli del Moro Islamic Liberation Front (Milf), voce autorevole per i musulmani di Mindanao, hanno di recente preso le distanze dal terrorismo dei Maute, di importazione mediorientale e lontano dalle aspirazioni autonomiste dei locali.
Sin dalle prime ore dell’assedio di Marawi, la Chiesa cattolica si è attivata per alleviare le sofferenze della popolazione. Le iniziative dei cattolici e i programmi di assistenza messi in atto per gli sfollati hanno colpito i cuori dei musulmani, creando importanti momenti di dialogo tra le due confessioni. I leader religiosi islamici hanno condannato la dissacrazione della cattedrale cattolica di Marawi e hanno lanciato un appello per la liberazione di p. Teresito “Chito” Suganob, ancora ostaggio dei terroristi insieme ad altri cristiani. “Con la tragica realtà del terrorismo, il dialogo interreligioso è diventato imperativo e sempre più indispensabile”. Ad affermarlo è il card. Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato, che reputa la lotta alle ingiustizie sociali a Mindanao “indispensabile per sconfiggere l’estremismo”. “Il governo deve affrontare le radici economiche e politiche del terrorismo, anziché limitarsi al solo intervento militare”.
Nelle Filippine, Mindanao è l'isola più ricca di risorse, ma è sede di alcune delle province più povere, come Lanao del Sur, dove si trova Marawi. Secondo le statistiche ufficiali, la povertà nella provincia – che ha una popolazione di 1 milione di persone – è peggiorata nell'ultimo decennio. Dal 44% nel 2006, i dati mostrano che il tasso di povertà è salito in maniera drammatica al 74,3% nel 2015. Decenni di negligenza governativa, disuguaglianza ed esclusione politica per più di quattro decenni hanno spronato numerosi gruppi ribelli ad attuare un'insurrezione per una maggiore autonomia. Ad oggi, 11 delle 20 province più povere del Paese si trovano a Mindanao, che ha circa 21 milioni di abitanti.
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