09/12/2014, 00.00
LIBANO-SIRIA
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Direttore Caritas Libano: I profughi siriani sono una crisi umanitaria e internazionale

P. Paul Karam elenca gli squilibri prodotti in Libano da 1,6 milioni di rifugiati dalla Siria, quasi pari alla metà della popolazione del Paese. In tre anni il tasso di delinquenza è salito dal 15 al 60%. La maggioranza dei rifugiati è musulmana e corrode l'equilibrio fra le confessioni in Libano. I timori di una tragedia a livello regionale e mondiale. Il mondo trova soldi per le armi e le guerre, ma non per aiutare i profughi.

Beirut (AsiaNews) - Il problema dei profughi dalla Siria è divenuta ormai una "crisi umanitaria" e "una crisi internazionale": se il mondo non cerca di trovare una soluzione, questa tragedia produrrà effetti disastrosi in tutto il Medio Oriente.  E' quanto afferma ad AsiaNews p. Paul Karam, direttore di Caritas Libano, impegnata da oltre tre anni nell'accogliere il flusso continuo di famiglie siriane che fuggono dalla guerra civile.

"In Libano - spiega p. Karam - vi sono almeno 1,6 milioni di profughi siriani. L'Onu, che enumera solo quelli registrati, dice che ve ne sono 1,2 milioni. A questi vanno aggiunte almeno 700 famiglie di cristiani irakeni da Baghdad, Mosul e da Erbil e decine di migliaia di palestinesi dalla Siria. Tenendo conto che in Libano la popolazione è di 4,4 milioni, è come se in Italia  arrivassero 20-30 milioni di profughi a cui provvedere per i loro bisogni essenziali. Lo Stato libanese e le nostre comunità da sole non possono assumere tutto questo peso: occorre un impegno della comunità internazionale".

Le parole di p. Karam giungono a pochi giorni dalla decisione del World Food Programme di tagliare le razioni di cibo ai profughi siriani per mancanza di fondi. Ieri, l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati ha dichiarato di aver bisogno di almeno 4,4 miliardi di dollari Usa per aiutare i circa 3,5 milioni di profughi siriani nei Paesi vicini (Libano, Giordania, Turchia, Iraq).

Il direttore della Caritas Libano spiega: " Il primo problema è economico: le sfide economiche da affrontare sono enormi perché è enorme il numero di profughi e per loro occorre garantire le cose essenziali: acqua, luce, gas, bisogni per la vita ordinaria.

L'altro problema è demografico: la maggioranza di questi profughi siriani non sono cristiani, ma musulmani. E questo tocca l'equilibrio della comunità libanese che si basa sul bilanciamento delle due comunità, islamica e cristiana e sul rapporto di 18 confessioni religiose Se si tocca tale equilibrio, tutto rischia di crollare.

Vi è poi anche l'aspetto sicurezza: in questi tre anni sono aumentati i furti, i rapimenti, le violenze legate alla presenza di questi rifugiati. Tanti di loro attaccano la gente, o vogliono rubare...In questi anni il tasso di delinquenza è passato dal 15 al 60%.

Infine vi è l'aspetto umanitario: come facciamo a procurare il necessario per i rifugiati, se anche la popolazione libanese oggi vive una crisi economica con difficoltà per trovare cibo, lavoro, case? La gente libanese si sta impoverendo sempre di più. Per questo ho detto ai partner che ci aiutano che di tutte le donazioni che vanno ai siriani, bisogna detrarre il 30% per darlo ai libanesi che accolgono i rifugiati".

P. Karam, come l'Onu, domanda alla comunità internazionale di assumersi questa crisi.  "In questi mesi, per i profughi gestiti dall'Onu non ci sarà più cibo. Ma questa gente che finora è vissuta grazie agli aiuti, come farà a vivere? Andranno tutti a rubare? Si sposteranno in qualche altro Paese, provocando nuovi squilibri? Per questo dico che la crisi è a livello internazionale e non può essere sostenuta da un solo Paese. Se continuiamo così, ci sarà una grande crisi non solo a livello del Libano, ma anche in Giordania (8 volte il Libano), o in Turchia (25 volte il Libano)".

Ma per il direttore della Caritas Libano, oltre a trovare i fondi per gli aiuti economici, è urgente trovare risposte politiche alla situazione: "La comunità internazionale deve prendere a cuore la tragedia del Medio Oriente e soprattutto quella dei cristiani, che sono le prime vittime e sono in prima fila. E dobbiamo credere e costruire un vero cammino di dialogo che porti pace e giustizia a tutti i Paesi della regione. Non si può garantire pace a un Paese e lasciare che gli altri affondino nella guerra. Deve essere un cammino di pace per tutti. Se non c'è questo sguardo, i conflitti ci saranno sempre e si protrarranno da un anno all'altro, da una generazione a un'altra".

"Con tutto questo- conclude ironico p. Karam - il Libano rimane una comunità di speranza. Ma perché solo il Libano deve risolvere questo problema? Perché nel mondo si trovano sempre i soldi per comprare e produrre armi e non se ne trovano per sfamare i rifugiati?

Papa Francesco l'ha già detto alcune volte: troviamo sempre soldi per le armi e per la guerra e non abbiamo soldi per diminuire la povertà nel mondo". (BC)

 

 

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