18/10/2017, 11.17
VATICANO – INDIA
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Dialogo cristiano-indù: difficile ma ‘indispensabile’ per conoscersi

di Anna Chiara Filice

Ieri a Roma il Convegno internazionale cristiano-indù su “Illuminazione e via tantrica”. Mons. Spreafico: “L’ignoranza è foriera di tanti mali”. Il card. Tauran ricorda i numerosi appelli al dialogo di papa Francesco. Professore indù: “Ogni religione crede di essere la migliore”. Mistica cristiana: “Ripartire dalla spiritualità”.

Roma (AsiaNews) – Il dialogo tra cristiani e indù rimane difficile, ma è indispensabile conoscersi per apprezzare la ricchezza dell’altro. È quanto è emerso ieri dal Convegno internazionale cristiano-indù su “Illuminazione e via tantrica”, organizzato dalla Pontificia università Gregoriana di Roma in concomitanza con la festività indù del Diwali. Ospiti dell’evento, numerose personalità ecclesiastiche, della comunità indù e accademici da tutto il mondo. Nel suo intervento mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, ha sottolineato le sfide attuali al dialogo tra le varie fedi. Egli ha anche esortato: “È indispensabile conoscersi, perché l’ignoranza è foriera di tanti mali”.

Mons. Spreafico ha affermato che “quando i cristiani parlano di Oriente, lo fanno per lo più in maniera intra-cristiana. Invece c’è un Oriente lontano e bello con una ricchezza culturale che a noi rimane semi-sconosciuta”. Secondo il prelato, “nella globalizzazione attuale è ancora più necessario l’incontro. Perché la globalizzazione troppo spesso divide invece di unire, fa nascere paure e le paure dividono sempre. Esse sono foriere di pregiudizi, incomprensioni e di disprezzo degli altri. Per questo è necessario incontrarsi e aiutarsi a capire chi è l’altro”.

Citando lo studioso ebreo Zygmunt Bauman, mons. Spreafico ribadisce che “nella storia, il mondo si è sempre diviso in ‘io’ e ‘l’altro’”. Con la globalizzazione invece, “per difenderci dall’altro, siamo passati al ‘noi’ e ‘loro’”. In riferimento al contesto italiano, “oggi ‘loro’ sono i profughi, ma ogni stagione ha avuto i suoi ‘loro’. Questo sottolinea una necessità che è culturale: conoscersi per apprezzare la ricchezza dell’altro, perché la ricchezza è motivo di unità e non di separazione”. A questo punto, afferma, “è evidente che il problema della globalizzazione è un problema di anima. Noi abbiamo costruito una globalizzazione economica, ma il problema è dare un’anima alla globalizzazione, cioè una questione spirituale”. E la spiritualità, continua il presidente della Commissione per l’ecumenismo della Cei, “ci porta a vedere l’altro in maniera profonda e non superficiale, non giudicandolo solo in base al cellulare che ha o dal vestito che indossa”. Riportando i numerosi appelli al dialogo di papa Francesco, il prelato ribadisce che “dobbiamo dimenticarci dell’io e vederci come un noi”.

Le aperture del pontefice sono state ricordate anche dal card. Jean-Louis Pierre Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo religioso. Nel suo discorso di saluto, il porporato cita l’Amoris laetitia (n. 139): “È necessaria ampiezza mentale, per non rinchiudersi con ossessione su poche idee, e flessibilità per poter modificare o completare le proprie opinioni”.

La necessità di un maggior coinvolgimento tra cristiani e indù è sottolineata anche dal prof. R. Sathyanarayana dell’Ecole Française d’Extrême-Orient di Podincherry, in India. Ad AsiaNews afferma: “C’è un estremo bisogno di dialogo interreligioso. Ogni religione e ogni fedele ritiene che il suo credo sia il migliore, ma dovrebbero esserci più legami, le religioni dovrebbero abbracciarsi l’una con l’altra”.

Sul tema della “commistione” tra le religioni si esprime anche la prof.ssa Bettina Sharada Bäumer, di origini austriache ma residente in India da 50 anni. Ad AsiaNews riporta che “in India sono stata accettata e ho imparato ad accettare gli indù”. Bäumer, tra gli indologi più famosi al mondo, ha ricevuto l’iniziazione allo śivaismo kashmiro con la pratica dello yoga. Esempio concreto di convivenza tra le religioni, la studiosa sostiene che “se si mette da parte la politica, che infierisce e crea divisione, i membri dei vari gruppi religiosi già vivono insieme nella società. I cristiani partecipano alle festività indù, come quella del Diwali, e viceversa. La gente coesiste e scambia esperienze di vita”. Esprime un’opinione particolare “sull’atteggiamento dei cristiani in India, che non vogliono mischiarsi con gli indù per paura di perdere la propria identità religiosa. E questo non aiuta il dialogo”. “Anche io sono cristiana – dice in conclusione – ma non vado in giro con un’etichetta. Sono profondamente cristiana nella fede, soprattutto dal punto di vista mistico. Per questo credo che per coinvolgere i fedeli di differenti religioni bisognerebbe ripartire dall’ambito spirituale”.

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