15/01/2015, 00.00
FILIPPINE
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Devastate dal tifone, le Visayas si preparano ad accogliere il Papa

di Giorgio Licini*
Il direttore di Caritas Cebu, p. Socrates Saldua, racconta l'impegno a favore dei sopravvissuti e per la ripresa dopo il passaggio di Yolanda. La zona "è il cuore dell'emergenza, speriamo che Francesco si trattenga con noi più di quanto previsto nel programma". La speranza di rivedere il pontefice a Cebu per il Congresso Eucaristico Internazionale del 2016.

Cebu (AsiaNews) - Bisogna fare uno slalom e stare attenti a non pestare sacchetti di riso, bottiglie d'acqua e pacchetti di biscotti nell'atrio di Caritas Cebu per raggiungere nel suo ufficio il direttore p. Socrates Saldua. L'edificio è nel cuore della città vecchia a due passi dalla storica basilica del Santo Nino. "Non ho altro posto - dice - per gli aiuti di prima necessità e qui nelle Visayas (Filippine centrali ndr) le calamità si susseguono una dopo l'altra". Gli ultimi pacchi infatti sono destinati alle vittime dell'ultimo tifone solo una settimana prima la mia visita [avvenuta il 15 dicembre 2014 ndr].

Ha passato trent'anni a formare i seminaristi e dare nuove preti all'arcidiocesi di Cebu, la seconda città del Paese e la culla della cristianità filippina, p. Socrates Saldua. Poi l'anno scorso, nel giorno di san Valentino, il nuovo vescovo mons. José Palma l'ha messo a capo di Cebu Caritas Inc. fondata all'inizio degli anni Settanta. "E ci sto bene - dice - già in seminario avevo fondato il Manna Ministry of Cebu, una specie di ONG per attività educative, di sviluppo e sociali in cui anche i seminaristi erano coinvolti. Tra l'altro in quindici anni abbiamo aiutato cinquanta studenti universitari a laurearsi".

La suora verbita che mi accompagna mi confida che "la Messa di Father Soc in cattedrale è molto frequentata, perché la sua omelia è un concentrato saggio di battute e di allusioni". Me ne accorgo infatti appena il discorso cade sulla prossima visita del Papa nelle Filippine. Nulla di irriverente, per carità; ma sembra che le sette-otto ore effettive di visita a Leyte (e solo a Leyte nelle Visayas) il 17 gennaio siano solo una scappata rispetto ai quattro giorni effettivi di presenza nel Paese.

In altre parole: se il Papa ha voluto venire nelle Filippine anzitutto per le vittime del super-tifone Yolanda (8 novembre 2013) e le altre numerose calamità che regolarmente colpiscono le Visayas, perché viene trattenuto a Manila tre giorni su quattro, si chiede p. Socrates?

Passato lo sfogo tuttavia il direttore Caritas spiega i buoni motivi del suo disappunto: "E' qui il cuore dei problemi, la presenza del Papa rafforzerebbe la fede della nostra gente, farebbe sentire la Chiesa ancora più vicina, sarebbe un segno di riconoscimento alla generosità di tanti che si sono mobilitati spontaneamente per le varie emergenze." C'erano sette km di coda verso il nord dell'isola il 9 novembre 2013, il giorno dopo il passaggio di Yolanda: "Nessuno avevo detto loro di muoversi. Sono partiti per conto loro per portare aiuto alle popolazioni colpite", dice p. Saldua.

Anche noi il giorno dopo aver incontrato il direttore della Caritas ci dirigiamo di buon mattino verso la punta nord dell'isola di Cebu, tre ore di macchina, per passare poi sulla più piccola isola di Bantayan con un'ora e mezza di battello.

Si attracca a Santa Fe' e si procede verso la località principale di Bantayan, che dà il nome all'isola di quasi 150mila abitanti . Di case scoperchiate ed abbandonate ce ne sono ancora. Di alberi sradicati e piante di cocco spezzate a metà, pure. Gli operai sono ancora al lavoro sul tetto del palazzo municipale. I missionari verbiti hanno ricostruito una scuola e dato una nuova casa a tante famiglie e nuovi strumenti di lavoro a tante persone.

L'isola di Bantayan è stata la parte più colpita della provincia di Cebu. Ha avuto "solo" dieci morti il giorno di Yolanda, ma sono andate distrutte, oltre alle abitazioni, le attività produttive: le vasche di allevamento del pesce e dei crostacei, la lavorazione e soprattutto l'essicazione del pesce, il pollame che produceva un milione di uova al mese per tutta la regione.

Ciò che colpisce in quello che si vede e si sente nelle Visayas è l'impegno per la ricostruzione, ma ancor più il livello di generosità e solidarietà messo in campo da singole persone, famiglie, gruppi, congregazioni religiose, organizzazioni governative e tanti altri. "Chissà, magari il Papa per riequilibrare I tempi della sua visita a Manila e nelle Visayas ti arriva proprio qui a Bantayan in elicottero", scherzo col parroco p. Alamillo. "Siamo pronti e ne saremmo contenti", dice. Si tratta infatti di una piccola isola, ma più significativa di quel che si potrebbe pensare. La parrocchia risale al 1580, fondata dai monaci agostiniani, la prima tra le isole di Cebu, Samar e Leyte.

La chiesa parrocchiale dei santi Pietro e Paolo, a cui Yolanda aveva interamente strappato il tetto, è stata completata nel 1863 naturalmente in perfetto stile spagnolo. I monumenti di Bantayan ricordano anche gli assalti e le distruzioni dei pirati musulmani dell'arcipelago meridionale di Sulu nel 1628 e nel 1711. Lo stesso nome Bantayan risale a quel tempo e nella lingua Visaya significa "stare in allerta".

Papa Francesco incontrerà a Manila, oltre alle autorità, I giovani, le famiglie e i religiosi. "Lo si poteva fare invece per una volta nelle Visayas", sussurrano a Cebu. Ma forse tutto si spiega con la possibilità, sperano, che il Papa abbia in mente di venire in città per il Congresso Eucaristico Internazionale nel gennaio 2016 oppure per i cinquecento anni dell'evangelizzazione delle Filippine, nel 2021.

*Missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere

 

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