03/05/2007, 00.00
SIRIA
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Detenuti da oltre un anno a Damasco per avere parlato di pace e democrazia

Sette giovani siriani hanno discusso e scritto su internet articoli a favore della democrazia. Sono detenuti in isolamento dall’inizio del 2006 e rischiano oltre 15 anni di carcere. Amnesty International denuncia che hanno subito torture per farli confessare e sono processati da un giudice speciale.

Damasco (AsiaNews/Agenzie) – Sette giovani siriani sono detenuti da oltre un anno in isolamento, sono stati torturati per farli confessare e rischiano una condanna ad anni di carcere per avere scritto su internet le loro convinzioni e il desiderio di pace e di democrazia. Amnesty International (Ai) denuncia la giustizia siriana e lancia un appello per il loro rilascio.

I sette giovani (tra 21 e 30 anni), studenti e lavoratori, hanno costituito un gruppo di discussione e hanno espresso il loro pensiero e le speranze con articoli su internet. Tareq al-Ghorani, arrestato il 20 febbraio 2006, scrive: “Credo nella democrazia, quella reale… che non è uguale in tutti i Paesi. Ho fiducia nei principi morali che stanno nascendo nella società siriana”. Il sito web www.akhawaia.net che li ospitava è stato chiuso.

Sono stati arrestati, insieme a un altro amico, tra il 26 gennaio e il 18 marzo 2006 dalla Air Force Intelligence con le accuse di “aver fatto o partecipato a scritti o discorsi che possono danneggiare lo Stato o nuocere ai suoi rapporti con Paesi esteri o causare il rischio di azioni antistatali” (art. 278 del codice penale siriano, punito con il carcere fino a 15 anni) e “avere radiodiffuso notizie false” ritenute pericolose per lo Stato (art. 287, con pena fino a 3 anni). Da allora sono in isolamento, per mesi sono rimasti nel carcere della polizia ad Harasta, vicino Damasco, prima di essere portati a Sednaya, senza poter vedere i parenti né ricevere vestiti caldi (Sednaya si trova in una zona montagnosa). Il 26 novembre è iniziato il processo davanti alla Corte suprema per la sicurezza statale (Sssc), giudice speciale per le offese contro la sicurezza nazionale, separato dal sistema giudiziario ordinario e posto sotto il diretto controllo dell’Esecutivo. Questa Corte – osserva Ai – non dà garanzie di indipendenza e di imparzialità e gli imputati possono avere solo limitati contatti con gli avvocati e i parenti e hanno scarso diritto alle cure mediche. Le sue sentenze sono definitive.

I giovani hanno potuto incontrare i difensori per la prima volta al processo, per pochi minuti e alla presenza delle guardie. In seguito non hanno potuto vederli e all’udienza del 15 aprile i legali sono stati “avvertiti” di non parlare con gli imputati.

Alla prima udienza hanno tutti denunciato di aver subito torture per estorcere loro “confessioni”. Ai spiega che avanti al Sssc centinaia di imputati hanno accusato la polizia segreta di torture e che ha documentato almeno 38 metodi di torture e maltrattamenti inflitti ai detenuti, senza che la Corte risulti avere mai svolto indagini. In Siria dal 1963 sono in vigore “leggi d’emergenza” che limitano la libertà di espressione e di associazione e permettono arresti e maltrattamenti di oppositori politici e critici. Ai denuncia che nelle carceri ci sono centinaia di prigionieri politici.

Uno dei giovani è stato rilasciato per l’amnistia presidenziale concessa per la festa islamica Eid al-Adha. Per gli altri la sentenza è prevista per la prossima udienza del 17 giugno.

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