02/03/2004, 00.00
cina
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Demolizioni forzate, un attentato all'uomo e alla cultura

di Theresa Ricci

 

Le prossime Olimpiadi del 2008 saranno un momento di grande orgoglio per il paese ospitante. Ma già ora l'appuntamento è causa di grandi problemi e dolori. Ogni città, a partire da quelle più importanti come Pechino, Shanghai, Xian, è ormai divenuta un enorme cantiere, dove le gru lavorano 24 ore su 24. Per elevare alberghi, grattacieli, centri sportivi, case e villette per gli stranieri non vi è stato altro mezzo che appaltare a ditte costruttrici l'edificazione della città futura. Per ottenere risultati ad ogni costo e nel più breve tempo possibile, le ruspe hanno demolito migliaia di case e di quartieri dei centri storici. Nella sola capitale, più di metà del centro storico è scomparso sotto la violenza dei bulldozer. Organizzazioni internazionali si lamentano pubblicamente di tanti tesori polverizzati (le case col cortile interno, i siheyuan, costruite fin dal tempo dei Ming). Pochi si lamentano di una piaga collaterale: quella degli esseri umani che dal giorno alla notte (letteralmente) vengono espulsi dalle loro case e si trovano con nulla o molto poco in mano. Molto spesso essi non vengono nemmeno avvisati della demolizione; altre volte il compenso è così irrisorio che per la gente - soprattutto anziani che vivono là da decenni - rimane solo il desiderio di morire.

Un problema sociale che colpisce i più deboli

I fatti di cronaca degli ultimi mesi sono pieni di proteste violente, valanghe di denunce, gesti di disperazione, tentativi di suicidio. Non vi è altro da fare per il numero crescente di vittime delle demolizioni forzate e illegali: prive di alternative, garanzie e diritti, da un giorno all'altro si ritrovano senza casa e senza terra. I malcapitati sono da intralcio alla fiorente e incalzante attività del mercato immobiliare, perciò devono lasciare campo libero con le buone o le cattive. Le potenti ditte immobiliari godono di varie forme di protezionismo locale da parte della classe politica e della polizia Esse "mettono a segno" una dopo l'altra le demolizioni degli edifici da "eliminare", con un'escalation di tattiche che mirano a costringere i residenti a lasciare la propria abitazione: intimidazioni e minacce; interruzione nell'erogazione di luce, acqua e gas; atti di violenza con i quali i residenti vengono prelevati forzatamente dall'abitazione; demolizione de facto dell'abitazione stessa. Di solito, a queste persone che si ritrovano senza casa dall'oggi al domani non è garantita alcuna indennità e, se viene accordata, è insufficiente a risarcirle del danno subito.

La questione delle demolizioni è molto complessa ed è collegata ad altri gravi problemi che affliggono la società cinese, di cui ne fanno le spese la gente semplice e le fasce più deboli: mancanza di sufficienti diritti e garanzie per il cittadino; assenza di tutele della proprietà privata; corruzione dello stato nelle più alte funzioni (politica e di polizia).

Liu Zhifeng vice-ministro dei Lavori Pubblici, ha riconosciuto di recente che le demolizioni forzate sono il reato più denunciato dal popolo e che in alcune parti della Cina sono stati perpetrati abusi gravissimi. Secondo Zhu Ying, esperto dell'ufficio di ricerca del Xing Fang Ju (Dipartimento di accettazione delle denunce), nei primi 8 mesi del 2003 sono arrivate 11.641 denunce di demolizioni illegali, il doppio rispetto al 2002; le persone che si sono recate a Pechino da tutte le parti della Cina per sporgere denuncia sono state 5360, il 74% in più rispetto al 2002. Zhang Xinbao, direttore del Dipartimento per l'attuazione e la supervisione della legge presso il Ministero della Terra e delle Risorse, ha dichiarato che nel 2003 si sono svolte indagini su 168 mila casi di appropriazione illegale di terreni, il doppio rispetto allo stesso periodo nel 2002. Ma pur con tutti questi riconoscimenti, il governo sembra non avere alcuna forza (o volontà) per intervenire. Ancora poche settimane fa, la sera del 13 gennaio, due persone anziane si sono date fuoco vicino al muro che circonda Zhongnanhai, la zona di Pechino affianco al Palazzo Imperiale, dove risiedono le più alte cariche dello stato e dove si ricevono gli ospiti internazionali più illustri. Una delle due è morta mentre veniva trasportata in ospedale. Secondo loro amici, scopo del loro gesto disperato era quello di criticare l'avvenuta demolizione della loro casa.

 

La disperazione della gente priva di diritti

La cronaca degli ultimi mesi è ricca di questi gesti tragici. Nel mese di settembre 2003, un cittadino di Pechino si è dato fuoco perché la sua abitazione era stata demolita con la forza. Dopo il suo gesto disperato, che gli è costato ustioni su metà del corpo, circa 2000 persone si sono scontrate con la polizia causando momenti di forte tensione. Sempre a Pechino, qualche settimana dopo, vi sono stati scontri violenti tra gli abitanti del quartiere di Chaoyang Qu e più di 200 operatori immobiliari protetti dalla polizia. Nel quartiere universitario di Haidian, gli operai delle demolizioni hanno fatto irruzione in una casa durante la notte. Gli abitanti sono stati prelevati di casa con la forza e abbandonati per strada in una zona remota. Un barbone li ha trovati seminudi, legati, bendati e imbavagliati e ha chiamato la polizia. Al loro ritorno, invece della casa, hanno trovato soltanto un cumulo di macerie. Nella Mongolia interna, alcuni uomini mandati dalle ditte di demolizione hanno rotto la gamba a un uomo, Lie Fuwang, perché si rifiutava di firmare l'accordo per l'indennità.

La mattina del 1° ottobre, ricorrenza della nascita della Repubblica Popolare Cinese, un disoccupato di 49 anni della città di Jingzhou (nell'Hubei) si è cosparso di benzina e si è dato fuoco in piazza Tiananmen, accanto al Monumento degli Eroi del Popolo. Subito dopo è intervenuta la polizia e l'uomo è stato portato in ospedale. Sempre il 1° ottobre, secondo Human Rights in China, nel cuore della notte la polizia di Shanghai ha fatto irruzione in alcuni alberghi di Pechino e ha arrestato 85 persone di diverse città. Si erano recate nella capitale per protestare contro le demolizioni illegali. La polizia di Pechino le aveva rassicurate che avrebbe impedito alla polizia di Shanghai di intervenire contro di loro. Un tale sequestro di persone è stato possibile solo con l'appoggio della polizia di Pechino: esso rientra nella politica di mantenere l'ordine sociale durante la Festa Nazionale del 1° ottobre. Per impedire qualsiasi contatto con l'esterno, la polizia ha sequestrato i cellulari; ha picchiato quanti chiedevano spiegazioni sulla legalità dell'intervento e li ha trascinati e chiusi dentro 4 pullman pieni di poliziotti ben armati.

Magistratura compromessa

Un altro elemento che suscita preoccupazione - se non scandalo - è la collusione che esiste fra le ditte immobiliari e la magistratura. Tutte le denunce finora presentate ai tribunali non hanno avuto alcuna sentenza positiva per la parte lesa. Anzi, talvolta la magistratura diviene lo strumento per silenziare chi è critico.

Il 28 ottobre, dopo un processo durato 2 mesi, un tribunale di Shanghai ha condannato a 3 anni di carcere l'avvocato Zheng Enchong, per "aver fornito illegalmente segreti di stato a entità al di fuori della Cina". Le accuse si basavano su due fatti. In primo luogo Zheng aveva distribuito un "dossier" sulle demolizioni forzate a Shanghai ad alcune organizzazioni occidentali che si occupano di diritti umani; inoltre, aveva dato ai media all'estero informazioni sulla protesta di alcuni impiegati che, licenziati, avevano ricevuto una liquidazione quasi nulla dalla loro ditta di Shanghai. Prima del suo arresto il 6 giugno 2003, Zheng Enchong si era già occupato di casi di allontanamento forzato dalle abitazioni, ad opera di ditte immobiliari e di costruzione: nel 2001 le autorità di Shanghai gli avevano perfino revocato la licenza per esercitare la professione. Il giorno del verdetto la polizia era dispiegata per impedire il radunarsi di gente comune e giornalisti fuori del tribunale. La televisione locale ha mostrato qualche spezzone della seduta. La moglie di Zheng ha potuto assistere all'udienza, ma non le è stato concesso di parlare col marito. Associazioni internazionali per i diritti umani hanno fatto notare che l'uso del "segreto di stato" - come in questo caso - è alla mercé dell'interpretazione delle autorità. In realtà il verdetto su Zheng è un ammonimento per tutti quelli che protestano per gli sfratti e le demolizioni forzate e per gli avvocati che li difendono.

Fatti molto simili avvengono anche nelle campagne. In questi casi la requisizione delle terre - spesso da parte del segretario del partito - avviene per la frenesia di lanciarsi in progetti industriali o immobiliari a spese della comunità.

A fine novembre il contadino Chen, del villaggio di Xiaoxiaoxi (distretto di Jinyun, provincia del Zhejiang), si è recato a Pechino per sporgere denuncia al Ministero della Terra e delle Risorse: dal mese di marzo, più di 260 ettari di terra destinata alla coltivazione sono stati requisiti illegalmente. Il terreno, di proprietà di 6 mila contadini, è stato confiscato per costruire una zona industriale a Xinbi. L'uomo aveva appeso lungo le strade del villaggio copie della direttiva emanata la settimana prima dal Consiglio di Stato, che ammoniva le autorità locali contro l'uso illegale della terra. L'affissione doveva aiutare la gente a conoscere e rivendicare i propri diritti. Contro le ripetute violazioni, il 23 novembre il padre di Chen ha messo in atto una protesta a cui si sono unite circa 1000 persone di Xiaoxiaoxi e dei villaggi circostanti, presidiando dall'alba al tramonto la zona industriale per protestare e chiedere l'interruzione dei lavori di costruzione. Le autorità locali hanno mobilitato centinaia di poliziotti per arginare la folla esasperata. La situazione è degenerata nella violenza quando la polizia ha tentato di soccorrere un funzionario locale, Hu Bichu, circondato e picchiato dalla folla. Negli scontri, molte persone sono rimaste ferite e alcune ricoverate in ospedale. Lo stesso funzionario, è stato dimesso con 6 punti sul labbro e molti lividi sulla faccia.

Secondo le autorità locali, due manifestanti sono stati arrestati e due poliziotti sono stati sequestrati e trattenuti dagli abitanti del villaggio per alcune ore. Questo ha contribuito ad aumentare l'atmosfera di nervosismo e l'imbarazzo della polizia. Un funzionario locale ha dichiarato che la requisizione delle terre, per la quale i proprietari hanno ricevuto un compenso di 20 mila yuan a testa (circa 2500 dollari), aveva l'approvazione dell'autorità competente, ma il Dipartimento della Terra e le Risorse di Jinyun si è rifiutato di rispondere alla domanda se tale requisizione sia legale o meno.

Secondo gli abitanti del villaggio, la polizia locale ha minacciato di arrestare tutti coloro che, avendo partecipato alla manifestazione a Xinbi, non si fossero volontariamente costituiti. Nei giorni successivi, sono iniziate le retate della polizia. Venerdì 28 novembre, alle prime ore dell'alba, circa 30 poliziotti hanno sfondato a colpi di mazza la porta dell'abitazione dell'uomo che aveva iniziato la protesta la domenica precedente e hanno picchiato lui e i suoi due figli, sorprendendoli ancora nel sonno. Tutti e tre sono stati prelevati dalla polizia e trattenuti. I due figli sono stati rilasciati dopo un interrogatorio. Il padre è accusato di aver attentato alla pubblica sicurezza e di aver fomentato gli scontri con la polizia. La famiglia, alla quale è stata proibita ogni visita, ha negato queste accuse. Anche il figlio che si era recato a Pechino per denunciare la confisca delle terre è ricercato dalla polizia ed è accusato di aver organizzato la rivolta popolare. Egli ha dichiarato che non gli resta che consegnarsi alla polizia per salvaguardare l'incolumità del padre, anche se il suo unico "crimine" è stato quello di informare la gente dei propri diritti. Alcune persone coinvolte nella protesta hanno abbandonato i villaggi per timore di essere arrestate. Durante la settimana, anche gli abitanti dei villaggi di Shuhong e Huzhen, sempre nel distretto di Jinyun, si sono ribellati alla situazione causando disordini.

L'operato della polizia e delle autorità locali fa a pugni con quanto il governo dichiara ufficialmente. Proprio nei giorni di massima tensione a Xiaxiaoxi, Luo Gan, Capo del Dipartimento per l'Applicazione della Legge, ha compiuto una visita nel Zhejiang. E il 26 novembre ha dichiarato che "l'aumento delle proteste di massa negli ultimi anni è diventato un grande rischio per la stabilità sociale", che "le questioni che riguardano l'interesse pubblico necessitano di un'attenzione particolare". Egli ha anche detto che le proteste pubbliche non si devono reprimere con mezzi rudi e semplici, che causano piuttosto un'esasperazione dei conflitti, ma è necessario spiegare con pazienza le politiche del governo, per guadagnare il sostegno della gente.

Grattacieli al posto delle case tradizionali

Se il governo continua a ignorare i diritti della gente comune, non sembra risparmiare nemmeno i siti storici, verso i quali c'è un'incuria e un disinteresse quasi generali. Soprattutto Pechino, soggetta ai piani di ristrutturazione edilizia in vista delle Olimpiadi del 2008, è oggetto di grandi trasformazioni. I tradizionali e caratteristici hutong - stretti vicoli di casette con cortili, mura di mattoni e tetto di tegole - stanno a poco a poco scomparendo per lasciare il posto ai grattacieli scintillanti che ospitano appartamenti, uffici e shopping center. Secondo alcune stime, a Pechino negli anni '80 c'erano circa 3600 hutong, di cui oggi ne sono rimaste meno di 2000. Dopo le proteste di diversi intellettuali e artisti, le autorità avevano dato assicurazione di voler preservare 658 case tradizionali, che hanno tra i 100 e i 400 anni, ma di esse ne sono già state demolite più di 50. Un antico tempio taoista di quasi 700 anni è stato demolito di recente per costruire un quartiere finanziario. I lavori per le Olimpiadi di Pechino sono costati alla Cina 22 miliardi di dollari. Molti funzionari, tra i cui anche i responsabili della conservazione dei beni culturali, liquidano con grande cinismo la questione della perdita di un'inestimabile eredità culturale, affermando che le case tradizionali sono vecchie e fatiscenti, prive di acqua e servizi igienici, perciò i residenti sono felici di lasciarle. Ma gli abitanti sono consapevoli del tesoro che sono costretti ad abbandonare e già rabbrividiscono all'idea di vivere in un anonimo appartamento dentro un grattacielo, senza quel clima di condivisione che faceva sentire tutti una famiglia. La comodità tanto elogiata dai funzionari viene messa in secondo piano da parte dei pechinesi. Perfino i bambini delle scuole elementari si lamentano. Scrivendo al sindaco di Pechino, hanno detto: "I nostri hutong e le nostre case col cortile [siheyuan] sono unici al mondo; i grattacieli che stiamo costruendo sono molto comuni… Se una città non ha la propria cultura e la propria storia, che cosa la differenzia da tutte le altre città?".

Proprietà privata: sacra come quella pubblica?

A causa dell'aumento di proteste popolari, violenze e abusi, le autorità hanno dichiarato a più riprese di voler prendere provvedimenti più severi nei confronti di operatori immobiliari e ditte di demolizione, ma anche di quanti manifestano in maniera drastica e violenta. Il Ministero dei Lavori Pubblici ha varato un nuovo regolamento nazionale, che entrerà in vigore il prossimo 1 marzo e fornisce maggiori garanzie alle persone che hanno perso la propria casa, assicurando loro un'indennità e una nuova sistemazione. Il regolamento proibisce la demolizione delle abitazioni senza previo accordo con il proprietario, che deve essere ricompensato in maniera adeguata. Soltanto le autorità o un tribunale possono emettere un mandato di demolizione; gli operatori immobiliari hanno l'obbligo di notificare ai residenti la demolizione dell'immobile 15 giorni prima. La demolizione deve essere sospesa se i residenti sono stati portati fuori dall'abitazione illegalmente e con la forza. È vietato alle ditte di demolizione tagliare acqua, luce, elettricità prima del trasferimento dei residenti. Per chi infrangerà le nuove regole sono previste multe, destituzioni, revoche delle licenze, sanzioni penali. Xie Jiajin, direttrice generale del Dipartimento per l'Edilizia, ha detto che sono state mobilitate squadre speciali di ispezione, che hanno l'ordine di occuparsi delle istanze per le demolizioni forzate, soprattutto nelle grandi città come Nanchino e Shanghai, dove - almeno ufficialmente - le demolizioni sono state sospese o è stata diminuita la quantità di terreni destinati ai lavori di costruzione. Per aumentare la trasparenza, il governo sta tentando di risolvere le controversie introducendo un sistema di udienze pubbliche. Quando la maggioranza dei residenti si rifiuta di accettare la nuova sistemazione offerta dagli agenti immobiliari, sono i residenti stessi che hanno una "buona credibilità sociale" a diventare arbitri e a stabilire un'indennità. Resta da vedere se tutte queste regole saranno praticate e come si potrà sanare i conflitti e le violenze già subite dagli abitanti.

Di recente il Partito ha proposto un emendamento della Costituzione (approvata nel 1982 e revisionata nel 1988, 1993, 1999) per migliorare la tutela della proprietà privata, garantendone l'inviolabilità. Gli emendamenti riguardano in particolare gli articoli 11 e 13, rispettivamente la proprietà dei mezzi di produzione e quella dei mezzi di consumo. L'articolo 11 era già stato modificato nel 1999, con un emendamento che definiva le imprese private "una parte importante dell'economia socialista". Il nuovo emendamento prevede che l'industria individuale e privata sia tutelata dallo stato, purché legalmente acquisita, e introduce il concetto di "equo indennizzo" in caso di esproprio. L'articolo 13 ammette il diritto a possedere "redditi da lavoro, risparmi, case e altre proprietà private". L'emendamento proposto prevede la protezione della proprietà privata da parte dello stato, purché "acquisita legalmente". L'Assemblea Nazionale del Popolo si riunirà per discutere la questione nel mese di marzo.

Se le nuove disposizioni del governo contribuiranno a mettere un freno alla razzia selvaggia che si sta facendo della vita della gente e delle tradizioni del paese, si saprà tra poco, anche se è difficile credere che un problema di così vasta portata si possa risolvere senza estirparne la radice. E la radice è l'enfasi che nella Costituzione (n. 12) si mette per la proprietà pubblica e socialista, definita "sacra e "inviolabile". Finora non è lo stesso per le proprietà private. Finché la proprietà privata non sarà "sacra" e "inviolabile" come quella pubblica, vi saranno sempre "sacerdoti della cosa pubblica" - autorità locali, segretari di partito, ecc. - che potranno fare scempio delle altre proprietà, non coperte da nessuna aura "religiosa". Le gravi mancanze sul piano del diritto e il boom economico (benedetto e invidiato dall'occidente) permettono alla Cina di perpetrare danni agli individui, derubati non solo delle proprie case, ma anche della vita e della propria storia.

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