29/10/2009, 00.00
PAKISTAN
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Cristiani in Pakistan: dalla libertà alle persecuzioni

di Fareed Khan
All’atto della nascita, il padre fondatore Ali Jinnah ha sancito la libertà religiosa e la parità di diritti senza distinzione di casta o credo religioso. Le successive Costituzioni hanno sconfessato questi ideali, lasciando spazio a persecuzioni e violenze contro le minoranze. Alla blasfemia si aggiungono conversioni forzate e matrimoni imposti: le violenze contro i cristiani e le altre religioni non islamiche.
Islamabad (AsiaNews) – Il Pakistan è un Paese dalle molteplici sfaccettature e caratterizzato da diversità religiose, settarie ed etnico-linguistiche. Vi è una predominanza della comunità musulmana: più del 90% dei suoi 180 milioni di abitanti aderisce all’islam, sebbene tra i vari gruppi vi siano differenze nella dottrina. I cristiani sono una minoranza religiosa in Pakistan e subiscono discriminazioni religiose, sociale, costituzionali, economiche ed educative.
 
Tra quanti si riconosco nei pakistani non musulmani vi sono cristiani, baha’i, buddisti, indù, jainisti, kalasha, parsi (zoroastriani), sikh. I padri fondatori hanno immaginato un Paese progressista, democratico e una società tollerante la quale, pur conservando una maggioranza musulmana, avrebbe garantito pari diritti ai cittadini non-musulmani.
 
L’11 agosto 1947, nel suo discorso davanti alla prima Assemblea Costituente del Pakistan, Ali Jinnah ha affermato: “Voi siete liberi; siete liberi di frequentare i vostri templi, siete liberi di andare nelle vostre moschee o in qualsiasi altro luogo di culto dello Stato del Pakistan. Voi potete appartenere a qualsiasi religione, casta o credo – questo non ha nulla a che vedere con gli affari dello Stato… Vogliamo partire da questo principio fondamentale: che siamo tutti cittadini e cittadini con pari diritti di un unico Stato. Ora, penso che dovremmo tenere bene a mente questo aspetto quale nostro ideale e scoprirete che, con il passare del tempo, gli indù smetteranno di essere indù e i musulmani smetteranno di essere musulmani, ma non dal punto di vista religioso perché questo riguarda l’ambito personale della fede professata da ciascun individuo, ma dal punto di vista politico quale cittadini dello Stato”.
 
Questa è considerata la carta del Pakistan e la sintesi del punto di vista di Ali Jinnah sul ruolo della religione e dello Stato.
 
Islamizzazione del Paese
 
Ma, nei decenni successivi, in special modo negli anni ’70 e ’80, Il Pakistan, piuttosto che garantire pari diritti e opportunità ai cittadini musulmani e non-musulmani, ha iniziato a incoraggiare le forze estremiste. I movimenti islamici pakistani hanno riscritto la storia dell’Asia del Sud per perseguire la loro ideologia basata sulla religione.
 
Di conseguenza, molti musulmani pakistani non sanno nulla dei significativi contributi forniti dalle minoranze nella nascita e nella difesa della nazione. Studiosi e giornalisti hanno in gran parte fallito nel loro compito di fornire questa informazione vitale.
 
Sfortunatamente, la storia ufficiale del Pakistan non illustra il ruolo ricoperto dai cristiani nella costruzione del Paese, gli eventi storici che riguardano il contributo dei cristiani e delle altre minoranze religiose non sono menzionati o sottolineati a dovere.
 
Le Costituzioni del Pakistan
 
Oltre alla legge transitoria del 1947 e alla Risoluzione con gli obiettivi del 1949, il Pakistan ha visto quattro Costituzioni dalla proclamazione di indipendenza. Nel 1973, il governo di Zulfikar Ali Bhutto ha offerto una forma parlamentare della Costituzione che, ad oggi, resta l’unico documento promulgato con un vasto consenso. Tuttavia, il generale Zia ul-Haq ha inserito emendamenti radicali alla Costituzione, che hanno colpito i diritti civili dei pakistani e in special modo i non-musulmani.
 
Una Costituzione che sancisce la discriminazione
 
La Costituzione del Pakistan differenzia i cittadini in base alla religione professata; e fornisce un trattamento preferenziale ai musulmani. mentre l’articolo 2 della Costituzione dichiara l’islam “la religione di Stato in Pakistan” e il Corano e la Sunna “la legge suprema e la fonte di guida nella promulgazione delle leggi, che va fatta attraverso norme attuate dal Parlamento e dalle Assemblee provinciali, e per la politica di indirizzo generale dal Governo”, in base all’articolo 41(2) solo un musulmano può diventare presidente. Inoltre, l’articolo 260 della Costituzione differenzia i “musulmani” dai “non-musulmani” facilitando e incoraggiando, in questo modo, la discriminazione sulla base della religione.
 
La Costituzione è così devota nel fornire un trattamento di favore alla maggioranza musulmana che anche un giudice indù deve giurare in nome di “Allah”. Il 24 marzo 2007 il giudice Rana Bhagwandas, un indù, mentre acquisiva la carica di Giudice supremo – in quanto membro più anziano dopo la sospensione del Capo della giustizia Iftikhar Muhammad Chaudhry – ha dovuto prestare giuramento con una preghiera tratta dal Corano – “Possa Allah, il Dio onnipotente, aiutarmi e guidarmi (Amen)”.
 
Il Codice penale pakistano prevede, in particolare, alle Sezione 295-A, 295-B e 295-C dure pene per chi è accusato di blasfemia. Queste leggi sulla blasfemia mettono a repentaglio alcune delle più importanti disposizioni della Costituzione del Pakistan come il fondamentale diritto di “professare, praticare a propagare la propria religione” (Articolo 20), l’uguaglianza davanti alla legge e una protezione uguale per tutti i cittadini davanti alla legge (Articolo 25), e la salvaguardia “dei diritti legittimi e degli interessi delle minoranze” (Articolo 36).
 
Le leggi sulla blasfemia
 
Storicamente, i passi più importanti verso l’islamizzazione del Paese sono stati presi dal presidente Zia-ul Haq (in carica dal 1977 al 1988), il quale ha introdotto una serie di leggi islamiche e dato vita a un sistema giudiziario per rivedere tutte le leggi esistenti, per valutare la loro conformità alle leggi islamiche. Leggi e regolamenti approvati durante gli anni di legge marziale sotto il presidente Zia-ul Haq, inclusi quelli che regolavano le offese alle religioni, sono stati posti al di sopra di una possibile revisione giudiziaria mediante l’ottavo emendamento costituzionale del 1985.
 
Le leggi sulla blasfemia sono state in larga parte abusate e mal-interpretate per colpire le minoranze e, in alcuni casi, per vendette anche fra gli stessi musulmani. Quanti hanno dovuto rispondere dell’accusa di blasfemia hanno continuato a vivere nella paura anche dopo la dichiarazione di innocenza emessa dal tribunale.
 
Gli emendamenti alle leggi legate alle offese in nome della religione nel Codice penale del Pakistan generate sotto la presidenza di Zia differiscono in maniera significativa rispetto alle leggi emesse in precedenza per – almeno – quattro ragioni. Essi non menzionano in modo specifico l’intento malevolo di ferire la sensibilità religiosa, quale condizione dell’offesa e introducono un aumento significativo della pena. Inoltre fanno un preciso riferimento all’islam, mentre le leggi precedenti erano volte a proteggere i sentimenti religiosi di “tutti”. Oltretutto, c’è un preciso cambio di tono: le nuove sezioni introdotte nel codice penale pakistano non lo considerano un reato volto a ferire i sentimenti religiosi dei musulmani, ma piuttosto definiscono l’offesa nei termini di insulto o affronto all’islam stesso. Il reato consiste nel infangare o insultare il profeta dell’islam, la sua cerchia e i familiari e nel dissacrare il Corano.
 
Altre discriminazioni contro i cristiani
 
Le discriminazioni diffuse a livello sociale, economico, legale e culturale contro i cristiani sono il problema principale che il Pakistan deve risolvere. Terre e proprietà dei cristiani, ivi compresi i luoghi di culto, sono stati confiscati a forza. Alle minoranze è negata la parità di trattamento e l’applicazione della legge a protezione degli individui è applicata in modo arbitrario. Rapimenti, stupri e matrimoni forzati di ragazze indù e cristiane sono una pratica diffusa nel Paese. In caso di arresto, l’accusa presenta un documento redatto da un qualunque seminario teologico musulmano in cui si afferma che le ragazze hanno abbracciato l’islam di loro iniziativa e l’accusato ha sposato legalmente le vittime. I tribunali in genere non considerano il fatto che la maggior parte di loro sono minorenni e accettano semplicemente il certificato di conversione senza alcuna indagine ulteriore.
Diversi gruppi talebani hanno iniziato a imporre pesanti somme di denaro sotto forma di tasse (la Jizya, ndr) ai non musulmani in diverse aree della Provincia di frontiera nord-occidentale (Nwfp) sotto il loro controllo. Esponenti delle comunità sikh, indù e cristiane sono stati rapiti per denaro; per la loro liberazione sono state versate somme ingenti di denaro.
 
Il 6 febbraio del 1997 una folla di circa 30mila musulmani ha attaccato il villaggio di Shantinagar, vicino a Khanewal, città del Punjab, e hanno dato fuoco a tutte le abitazioni, comprese diverse chiese. A scatenare l’assalto un caso di blasfemia contro un cristiano in base alla Sezione 295-B del codice penale pakistano.
 
In seguito, il 12 novembre del 2005 una folla inferocita di circa 2mila musulmani ha devastato e dato fuoco a tre chiese, un convento di suore, due scuole cattoliche, la casa di un pastore protestante e la parrocchia di un sacerdote cattolico, un ostello per ragazze e le cose di alcuni cristiani, tutti del villaggio di Sangla Hill, nel distretto di Nankana, provincia del Punjab. La scintilla che ha scatenato l’attacco è un presunto caso di blasfemia contro un cristiano della zona, sempre in base alla sezione 295-B del ccp. L’8 maggio 2007 molte famiglie cristiane hanno dovuto abbandonare le loro case in seguito a lettere minatorie ricevute da fondamentalisti islamici a Charsada, nella Nwfp, in cui veniva loro imposto di convertirsi all’islam entro 10 giorni, o affrontare terribili conseguenze. Nel giugno 2007, cristiani del villaggio di Shantinagar, nel Punjab, hanno ricevuto simili minacce ad abbracciare l’islam. Spesso la polizia non fornisce un’adeguata protezione.
 
Il 22 aprile 2009 una banda di estremisti armati ha attaccato un gruppo di cristiani nella città di Tiasar, sobborgo di Karachi, bruciando sei case e ferendo in modo grave tre cristiani. Uno di loro è Irfan Masih, le cui condizioni sono apparse gravi fin dall’inizio; il giovane è morto cinque giorni più tardi. 
 
Una folla di musulmani inferociti, il 30 giugno 2009, ha attaccato le case dei cristiani nel villaggio di Bahmani Wala, nel distretto di Kasur (Punjab), dopo un’accusa mossa nei confronti di un cristiano colpevole – a detta dei musulmani – di aver dissacrato la figura del profeta. Gli assalitori hanno danneggiato un centinaio di case e hanno rubato diversi beni, fra cui contanti e gioielli; essi hanno anche mandato in frantumi mobili e suppellettili per la casa.
 
Il primo luglio 2009 un giovane cristiano, Imran Masih, è stato torturato da un gruppo di musulmani, quindi arrestato dalla polizia del posto con l’accusa di aver bruciato pagine del Corano. Il fatto è successo a Hajwary, nei sobborghi di Faisalabad.
 
Il 30 luglio 2009 migliaia di fondamentalisti islamici sono piombati sul villaggio di Koriyan e hanno incendiato 51 abitazioni cristiane, in seguito a un presunto caso di blasfemia. Due giorni più tardi, il primo agosto, almeno 3 mila estremisti hanno preso di mira la comunità cristiana di Gojra, bruciando vive sette persone (tra cui due bambini e tre donne), e ferendone altre 19; date al rogo dozzine di case.
 
Questi incidenti sono solo un esempio degli abusi perpetrati in nome della legge sulla blasfemia e delle sue devastanti conseguenze; essa è stata usata come pretesto per giustificare le violenze contro gli altri. Da questi incidenti dovremmo comprendere gli effetti delle leggi sulla società. Gli incidenti degli ultimi 20 anni hanno mostrato che una larga fetta di musulmani sono diventati essi stessi vittime di queste normative, causa di enormi sofferenze; per questo la situazione esige un rimedio efficace, serio e di lungo periodo.
 
Secondo i dati raccolti dalla Commissione nazionale di Giustizia e Pace, un organismo della Chiesa cattolica pakistana (Ncjp), dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate in base alla legge. Di questi, 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e 10 di religione sconosciuta.
 
Circa 32 persone sono state vittima di omicidi extra-giudiziali, perpetrati da folle di estremisti inferociti o singoli individui.
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