03/01/2006, 00.00
CINA-AFRICA
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Crescono i rapporti tra Cina e Africa, cambiano gli equilibri mondiali

Pechino importa petrolio e metalli, ma anche prodotti agricoli. Concede finanziamenti ed esporta merci, forza lavoro, competenze tecniche. Intensi i rapporti politici, anche in opposizione con Europa e Usa. Più di 700 compagnie cinesi operano in 49 Paesi africani.

Pechino (AsiaNews) – Si espandono in fretta e influiscono sugli equilibri mondiali  i rapporti tra Cina e Paesi dell'Africa, favoriti dalla fame di Pechino per le materie prime, dalla disperata necessità africana di investimenti esteri e competenze tecniche e dalla minore competizione con altri Stati industrializzati.

La ditte occidentali considerano molto rischioso investire in questi Paesi, per la debolezza e la corruzione dei governi e le frequenti guerre. La Cina, invece, vuole materie prime (petrolio, diamanti, oro, platino, ferro ma anche cotone e tabacco). Cerca mercati per le sue merci ed esporta anche forza lavoro e competenze tecniche, con crescenti effetti politici. Nel 2003 i commerci tra Pechino e il continente sono stati di 18,5 miliardi di dollari Usa, un aumento di oltre il 50% rispetto al 2002. Nel 2004 la Cina ha importato merci africane per 15,7 miliardi di dollari ed esportato prodotti per 13,8 miliardi. Più di 700 compagnie cinesi operano in 49 Paesi africani.

Nel 2004 il 25% del petrolio importato da Pechino è venuto da Sudan, Ciad, Libia, Nigeria, Algeria, Guinea Equatoriale, Gabon e Angola. La Cina importa un quarto del petrolio dell'Angola, il 60% di quello del Sudan. In questi Paesi il petrolio è parte prominente del prodotto interno lordo e il suo commercio ha importanti conseguenze sulla politica interna e sullo sviluppo sociale. Nel settore agricolo la Cina acquista merci ed esporta competenze tecniche e capitali. Nello Zambia, ad esempio, il mercato ortofrutticolo è in pratica coperto da merci di aziende agricole gestite da cinesi.

I Paesi africani apprezzano Pechino per la serietà e la rapidità con cui esegue gli accordi commerciali e perché hanno bisogno di tutto. La Cina fornisce finanziamenti per realizzare infrastrutture: ferrovie, strade, edifici, linee elettriche e telefoniche, ma anche prospezioni minerarie e raffinerie petrolifere, mentre altri Stati si limitano a comprare le materie prime. In cambio chiede spesso che le opere siano eseguite da ditte cinesi.

Ottiene anche  influenza politica, che dice necessaria per tutelare i propri interessi economici. Negli organismi internazionali Pechino sostiene spesso le ragioni dei Paesi meno sviluppati, contro quelle degli Stati industrializzati. In Sudan, dove lavorano oltre 10 mila cinesi, si dice che Pechino, per "proteggere" i propri pozzi di petrolio, ha dato aiuti economici e militari al governo durante la guerra civile e il genocidio in Darfur. La Cina si è opposta alle sanzioni chieste alle Nazioni Unite (Onu), minacciando il veto. In Angola gli aiuti cinesi hanno consentito al governo di rifiutare la proposta del Fondo monetario internazionale che, in cambio di prestiti, chiedeva una verifica internazionale sui contratti petroliferi e una  riforma del corrotto sistema di potere che beneficia una ristretta elite con i 13 milioni di abitanti nella povertà. Esperti dicono nel 1998/2000 Pechino ha venduto armi per 1 miliardo di dollari sia all'Eritrea che all'Etiopia: la guerra tra i 2 Paesi vide decine di migliaia di morti. Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe isolato dai Paesi occidentali, si è rivolto alla Cina: nel 2004 Pechino ha investito 600 milioni di dollari nel Paese e ha fornito equipaggiamenti radio militari usati per bloccare le trasmissioni dei partiti d'opposizione.

Molti analisti osservano che Pechino, di fatto, non si occupa dell'impiego di quanto paga agli Stati, consentendo a governi corrotti di taglieggiare le somme ricevute, mentre gli Stati occidentali spesso pretendono di sapere come il denaro è usato.

Pechino ha inviato contingenti di pace nella Repubblica Democratica del Congo e in Liberia, ha fornito elicotteri a Mali e Angola, armi a Namibia e Sierra Leone, uniformi per l'esercito del Mozambico. Ai Paesi africani – ha detto Olusegun Obasanjo, presidente nigeriano, durante la visita a Pechino lo scorso aprile – sarebbe gradito l'intervento della Cina per risolvere le loro dispute, come pure "aumentare la collaborazione nel commercio, gli investimenti e l'agricoltura".

La Cina è attiva per creare organismi deputati a implementare i rapporti commerciali con gli Stati africani. Al 1° Forum per la Cooperazione tra Cina e Africa, svolto a Pechino nell'ottobre 2000, hanno partecipato 80 ministri di 46 Stati africani (su 53). Al termine la Cina ha annunciato che vuole ridurre il debito dei Paesi africani di 10 miliardi di yuan (circa 1,2 miliardi di dollari). La somma era trascurabile (lo 0,3% dell'intero debito africano) ma il gesto ha avuto un grande effetto. Ha tolto le tasse alle importazioni di merci da 25 Stati africani poveri. Ha rapporti commerciali persino con i Paesi che riconoscono Taiwan. Nel novembre 2004 è stato creato il Consiglio commerciale Cina-Africa, promosso da Pechino e dal Programma per lo sviluppo dell'Onu, per aiutare gli investimenti privati cinesi in Camerun, Ghana, Mozambico, Nigeria, Sud Africa e Tanzania. Nel 2006 a Pechino avrà luogo il 3° Forum per la Cooperazione, con molti capi di Stato.

Dal 2003 il Sud Africa è la meta turistica preferita dai tour operator cinesi. Le società cinesi sono attive, nel continente, per realizzare alberghi, ristoranti e altre strutture turistiche e ricreative. (PB)

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