Covid-19, meno contagi: New Delhi si interroga sulla sua immunità
Ai minimi i dati sulle infezioni da coronavirus soprattutto nella capitale, anche se a Mumbai c'è più incertezza. Le indagini sierologiche dimostrano che c'è stata una circolazione molto ampia del virus. Il dottor Carvalho: “L'immunità è diffusa. Anche senza seguire le regole molti sperano di ricadere nel 95% di persone che attraversa la malattia senza alcun problema”
Mumbai (AsiaNews) – Mentre tanti Paesi fanno i conti con la nuova ondata del Covid-19, l'India registra i livelli più bassi nella diffusione del coronavirus. Pur figurando nelle prime posizioni delle statistiche sui dati complessivi da inizio pandemia, la media dei nuovi casi giornalieri nella scorsa settimana è scesa intorno a quota 10mila e i morti addirittura sotto le 100 unità. La metà degli Stati indiani non segnala più vittime e martedì anche a New Delhi, a lungo l'epicentro nel Paese, per la prima volta non c'è stato nessun decesso legato al Covid-19. Più complessa appare la situazione a Mumbai: in città si registrano attualmente 500 nuovi casi al giorno e si stima siano solo il 10 o il 15% di quelli reali. Non c'è inoltre ricostruzione della catena dei contagi e poche notizie sulle varianti del virus, mentre finora ad essere stato vaccinato è solo l'1% della popolazione della metropoli, nella quasi totalità operatori sanitari.
Un'indagine sierologica condotta a campione sulla popolazione indiana ha mostrato che la circolazione del virus è stata ampia: nel 21% degli adulti e nel 25% dei bambini sono stati ritrovati gli anticorpi; un dato che sale al 31% negli slum e in alcune città come New Delhi o Pune addirittura al 50%. Sono numeri che fanno pensare a una forte risposta immunitaria che avrebbe protetto la popolazione indiana. Comunque anche le circa 150mila morti finora registrate, se rapportate al numero totale degli abitanti, corrispondono a un tasso di mortalità di 112 persone per milione, notevolmente più basso rispetto ai Paesi dell'Europa e del Nord America.
“Un'analisi corretta sarebbe possibile solo se tutti si sottoponessero ai test, cosa logisticamente molto difficile - commenta ad AsiaNews il dottor Pascoal Carvalho, membro della Pontificia Accademia per la vita -. Tra la popolazione c'è una generale reticenza ad andare in ospedale per qualsiasi controllo, dal momento che potrebbero scattare l'isolamento e la perdita del proprio sostentamento. Molti semplicemente sperano di far parte di quel 95% di casi che si riprendono senza nessun problema, data l'immunità diffusa tra la popolazione indiana”.
“Quanto alle norme sul distanziamento sociale, la sanificazione e l'uso delle mascherine - continua il dottor Carvalho - la maggior parte delle persone non riescono a rispettarle per mancanza di spazi adeguati nelle proprie abitazioni oppure per l'esigenza di lavorare. Ovviamente a contare è il numero reale delle vittime, al netto delle altre malattie pregresse. E per la popolazione indiana è troppo basso per giustificare qualsiasi misura speciale”.
Anche padre Christopher Jeyakumar, parroco della chiesa di Sant'Antonio nel quartiere povero di Dharavi a Mumbai, sottolinea la sproporzione tra le regole e la realtà quotidiana. “In chiesa stiamo andando avanti a seguire tutte le direttive del governo e dell'arcidiocesi – spiega ad AsiaNews – ma subito fuori nessuno mette più in pratica questi protocolli e non c'è comunque nessun problema con il Covid-19 qui a Dharavi. Mi chiedo se la scienza non ci stia prendendo in giro”.
“L'immunità può essere un fattore, qui c'è sempre stata – continua padre Jeyakumar -. Se guardiamo alle statistiche sulla mortalità negli anni i tassi rimangono costanti. Anche prima del Covid-19 non c'erano mai stati particolari picchi. Sarebbe quindi ora che chi ci governa e stende i protocolli facesse i conti veramente con i fatti”. (N.M.)