02/03/2017, 12.13
INDIA
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Corte suprema indiana nega l’aborto di un bambino Down. Medico cattolico: l'aborto non è mai la scelta migliore

di Nirmala Carvalho

Nella motivazione dei giudici si legge: “Abbiamo una vita nelle nostre mani”. La madre ha 37 anni ed è incinta di 26 settimane. L’anomalia del feto non pone rischi alla salute della gestante. Dott. Carvalho: “Quando si scoprono problemi con le diagnosi prenatali, la tendenza predominate è abortire”.

Mumbai (AsiaNews) – La Corte suprema dell’India ha negato l’interruzione di gravidanza ad una donna incinta di 26 settimane, il cui figlio è affetto dalla sindrome di Down. Nella motivazione dei giudici si legge: “Abbiamo una vita nelle nostre mani”. Il tribunale supremo, dopo aver effettuato valutazioni mediche, ha decretato che non vi sono rischi fisici per la madre nel continuare la gravidanza tali da giustificare l’aborto. “Tutti sanno – hanno scritto nella sentenza – che i bambini con la sindrome di Down sono senz'altro meno intelligenti, ma essi sono brave persone”. Ad AsiaNews il dott. Pascoal Carvalho, medico cattolico e membro della Pontificia accademia per la vita, afferma: “Non vi è dubbio che i genitori soffrano quando vengono diagnosticate anomalie al feto, ma l’aborto non deve essere mai considerato l’opzione migliore”.

La sentenza della Corte suprema è del 28 febbraio. La madre, una donna di 37 anni, aveva presentato appello per interrompere la gestazione. In India la legge stabilisce che si può abortire fino alla 20ma settimana di gravidanza nel caso in cui essa costituisca un pericolo per la madre e per il feto. Invece in questo caso i giudici non hanno ritenuto opportuno concedere il permesso. In precedenza in un episodio simile avevano acconsentito all’interruzione per una donna incinta di 24 settimane con gravi rischi per la sua salute.

Il dott. Carvalho afferma che “la vita è sacra, e lo è fin dal momento del concepimento. Ogni attacco contro la vita umana svilisce il nostro atteggiamento nei confronti della vita nel suo complesso. Oggi ci troviamo di fronte ad una cultura della morte e proprio per questo dobbiamo riaffermare il rispetto per la vita, soprattutto per coloro che non sono ancora nati, anche con la sindrome di Down”. “La vita è un continuo – sottolinea il medico – e ogni tentativo di sopprimerla ci porta a negare il suo valore. L’aborto è un attacco contro la vita fin dal suo principio”.

Egli riferisce che le nuove Direttive etiche e religiose per i servizi sanitari cattolici [emanate nel 1994 dalla Conferenza nazionale dei vescovi cattolici Usa, che riprendono gli insegnamenti dell’Istruzione Donum vitae del 1987 – ndr] permettono la diagnosi prenatale solo quando i “metodi impiegati, con il consenso dei genitori adeguatamente informati, salvaguardano la vita e l’integrità dell’embrione e di sua madre, non facendo loro correre rischi sproporzionati” [Donum vitae, parte 1 n. 2 – ndr].

I problemi, continua il dott. Carvalho, “sorgono quando le diagnosi evidenziano malformazioni o anomalie nel bambino. La tendenza predominante nel mondo di oggi è abortire”. “Nonostante questo – conclude – non dobbiamo mai perdere di vista che ogni persona rimane un individuo unico, fatto a immagine e somiglianza di Dio. Il bambino non ancora nato, innocente, indifeso invoca a gran voce la nostra protezione”.

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