13/07/2018, 11.32
SRI LANKA
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Colombo, accanto alla città portuale un ‘inferno’ fatto di lamiere e baracche

di Melani Manel Perera

La baraccopoli si chiama “Pelpath Niwas” ed è situata a pochi metri da hotel di lusso, appartamenti e negozi. Nell’accampamento vivono 150 senzatetto singalesi, tamil e musulmani. Solo nove bambini vanno a scuola. Il lamento delle donne: “Noi vediamo le mega costruzioni, ma nessuno vede noi”.

Colombo (AsiaNews) – Un “inferno” fatto di lamiere, senza acqua corrente, cucine o servizi igienici. È la baraccopoli che sorge a Colombo, capitale dello Sri Lanka, nelle vicinanze della città portuale, il megaprogetto di sviluppo finanziato da Pechino. Chiamato “Pelpath Niwas”, l’accampamento offre rifugio a 24 famiglie, per un totale di circa 150 persone, che qui vivono da quasi 40 anni. Ad AsiaNews alcune donne lamentano: “Siamo sommersi dai problemi, non abbiamo alternative. Siamo stati illusi da false promesse mai mantenute. Se ci dessero anche un piccolo luogo in cui vivere in maniera dignitosa, ce ne andremmo oggi stesso”.

La baraccopoli è situata nella zona di Colombo 04, sui bordi di una scogliera e ai margini dei binari della ferrovia, nei pressi della stazione di Bambalapitiya. Qui convivono singalesi, tamil e musulmani. La miseria del luogo contrasta con i mega hotel di lusso, appartamenti, edifici a più piani che sorgono nelle vicinanze e fanno parte del “Colombo Port City project”, scalo economico-finanziario che la Cina sta costruendo nell’Oceano indiano.

Niluka Nilmini, giovane madre cattolica di due bambini, racconta: “Viviamo qui da più di 30 anni. Non possediamo niente che sia davvero nostro. Viviamo in modo amaro, facciamo tanti lavori per sopravvivere. Non c’è nessuno che si prenda cura di noi o ci aiuti a migliorare la nostra vita. A volte qualcuno è venuto a scattarci delle foto, dicendo di essere giornalista, di lavorare nelle università o per associazioni varie. Tutte queste persone promettono che ci aiuteranno, ma finora non abbiamo ottenuto niente”.

Un problema spinoso, riferisce la donna, è che “tante persone che vivono qui non hanno certificati di nascita e carte d’identità e spesso non sanno neppure quando sono nati. Quatto mesi fa abbiamo compilato dei moduli per avere i documenti e li abbiamo consegnati al funzionario del villaggio. Per ora tutto tace”.

La vita dei senzatetto è dura anche a causa degli umili lavori che essi svolgono. “Se lavori come spazzino o come addetto alle pulizie nel vicino caseggiato chiamato ‘Bambalapitiya flats’ – spiega Niluka – puoi guadagnare fino a 900 rupie al giorno; se invece sei impiegato nei negozi, al massimo ottieni 600 rupie”. Nirmala Devi, 42 anni, tamil di religione indù e madre di quattro bambini, afferma: “Mia figlia è occupata in quegli appartamenti a 800 rupie al giorno, ma i soldi li riceve solo a fine mese. Mio marito invece lavora in maniera saltuaria perché non ha una mano. A volte andiamo a letto senza cibo, non abbiamo risparmi né forme di intrattenimento”.

“La vita di tutti i giorni è una lotta”, dicono le due donne. Nadisha Sandamali, 53 anni, conclude: “Solo nove bambini studiano alla St. Mary’s School. La nostra vita è sempre in pericolo. Le baracche sono circondate dal mare – da una parte – e dalle rotaie – dall’altra. A pochi metri vediamo i rapidi progressi della costruzione della città portuale di Colombo. Ma nessuno, né autorità né ministri, vede noi”.

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