31/10/2006, 00.00
CINA
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Cina, troppi errori giudiziari: solo la Corte Suprema potrà condannare a morte

E' stata approvata oggi la legge che riporta ai vertici della magistratura cinese il diritto di condannare a morte gli imputati. Per un delegato dell'Anp, ogni anno avvengono "circa 10mila esecuzioni".

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Dal prossimo anno, la Corte Suprema del popolo cinese avrà il diritto di emettere il giudizio finale, non appellabile, su ogni sentenza di morte emessa nel Paese. E' passata infatti oggi la proposta di legge che proibisce alle corti locali di condannare a morte i detenuti e le costringe a deferire ogni sentenza ai giudici di Pechino per la ratifica.

Secondo i media di stato, il governo ha preso questa decisione "per fermare gli errori giudiziari che si verificano nel Paese". La Xinhua spiega che la riforma diverrà effettiva dal prossimo 1° gennaio e la definisce "la riforma della pena capitale più importante degli ultimi due decenni".

Al momento, la Corte Suprema non ha alcun controllo sulle sentenze di morte pronunciate dalle corti inferiori per crimini come omicidio, stupro e furto. Xiao Yang, vertice della giurisprudenza cinese, sottolinea che la nuova misura "è un importante passo procedurale per prevenire condanne errate, che darà a chi si difende un orecchio in più per essere ascoltato". Non è chiaro però se la revisione dei casi sarà completa o limitata alle carte processuali già pubblicate.

Alcuni esperti giuristi si erano già da tempo pronunciati contro la proposta, oggi divenuta legge. Per He Weifang, professore alla facoltà di legge dell'università di Pechino, "centralizzare l'intero potere giudiziario farà esclusivamente andare le cose peggio. E' semplicemente irragionevole". Secondo He, per centralizzare il potere di emettere sentenze capitali si dovrebbe assumere molto più personale, senza che vi siano risorse umane adeguate. Il professore ricorda che questo fu uno dei motivi per i quali lo stesso potere venne decentralizzato nel 1983, nel tentativo di ridurre gli altissimi tassi di criminalità.

La Cina da sola esegue il 90% delle pene capitali in tutto il mondo. Nel 2005, secondo stime ufficiali, vi sono state 4 mila condanne a morte e 1.770 esecuzioni: alcuni attivisti per i diritti umani ne denunciano invece "almeno il doppio".

Una conferma di questi dati non ufficiali si è avuta in occasione dell'Assemblea nazionale del popolo dello scorso anno, quando Chen Zhonglin (uno dei delegati) ha detto che la Cina ha mette a morte "circa 10 mila persone" l'anno, ma ha aggiunto che la politica di Pechino impone di considerare un "segreto di Stato" i dati ufficiali sull'argomento.

La pena di morte in Cina è prevista per i crimini definiti "più gravi", che comprendono però anche  la corruzione e numerosi altri reati non violenti. Una volta arrestato, l'imputato non ha pieno diritto all'assistenza legale immediata: ciò avviene, solitamente, al termine degli interrogatori condotti dalla polizia e anche in questo caso tale diritto viene spesso negato o limitato.

Spesso durante i primi interrogatori la persona arrestata viene torturata e costretta a "confessare" il reato. La "confessione" può così essere usata in tribunale e determinare la condanna a morte. In violazione degli standard internazionali, la legge cinese non prevede la presunzione di innocenza.

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