24/03/2015, 00.00
CINA
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Cina, il Partito “è vicino al collasso. Se non cambia, si rischia il colpo di Stato”

È la previsione di David Shambaugh, uno dei massimi esperti di affari cinesi al mondo, omaggiato anche da Pechino. In un editoriale apparso sul Wall Street Journal ha spiegato che il pugno di ferro sfoderato da Xi Jinping è la dimostrazione del nervosismo della leadership, che si sente vicina al collasso. Soltanto una riforma reale del sistema politico e una vera apertura potranno garantire la stabilità del Paese.

Pechino (AsiaNews) – La fine del dominio del Partito comunista cinese “è iniziata, e andrà avanti più velocemente di quanto si pensi. L’ondata di repressione lanciata dal presidente Xi Jinping e il pugno di ferro che continua a mostrare contro la dissidenza e la popolazione è il contrario di quello che furono per l’Unione Sovietica la perestroika e la glasnost. Se continua così, il presidente cinese rischia un colpo di Stato”. È la previsione di uno dei massimi esperti di affari cinesi al mondo, David Shambaugh, che ha scatenato le ire del governo centrale.

In un editoriale apparso sul Wall Street Journal dal titolo “Il prossimo crack cinese”, il docente – che insegna alla George Washington University e che Pechino ha di recente definito ‘uno dei massimi esperti cinesi al mondo’ – ha descritto il sistema politico nazionale come “gravemente danneggiato”. Secondo Shambaugh l’attuale leadership guidata dal presidente Xi Jinping “è ben consapevole di questa realtà”, che cerca di riparare con una rinnovata repressione del dissenso e della corruzione. Ma “il dispotismo di Xi sta stressando in maniera davvero profonda sia il sistema che la società cinese, portandola ancora più vicina al punto di rottura”.

La conclusione naturale di questo stato di cose “potrebbe essere una fase violenta, lunga e dolorosa, in cui lo stesso Xi Jinping potrebbe essere deposto dopo una lotta per il potere o persino attraverso un colpo di Stato”. Questo, continua il docente, “potrebbe essere orchestrato dall’esercito di liberazione popolare o, più probabilmente, da una fazione interna al Partito e avversa alla corrente che fa capo a Xi”.

Dali Yang, direttore del Centro dell’Università di Chicago a Pechino, spiega: “Quando questo accademico esprime una prognosi del genere, la gente lo sta a sentire”. Kerry Brown, direttore del Centro per gli Studi cinesi all’Università di Sidney, è d’accordo: “Chi parla è un esperto molto rispettato e con grande esperienza. Le sue previsioni vanno prese molto sul serio”.

Le opinioni di Shambaugh contrastano con quanto scritto fino a oggi. In un testo pubblicato sette anni fa – dal titolo “China’s Communist Party: Atrophy or Adaptation” – Shambaugh aveva sottolineato il bivio che si snodava all’epoca davanti al Partito: questo poteva scegliere di cedere il potere oppure contenere i problemi interni, come la corruzione, attraverso l’adattamento e la comprensione dei problemi stessi.

Parlando con il New York Times, l’analista ha spiegato che le sue previsioni sono cambiate “perché l’attuale amministrazione ha deciso di abbandonare la strada delle riforme proattive lanciate dall’ex presidente Jiang Zemin e ha scelto invece di abbracciare la repressione violenta”. Nel testo originale, il professore sostiene che la Cina potrebbe divenire una società innovativa e un’economia controllata “soltanto se rilassa il suo controllo draconiano sulla politica”.

Per Xiaoyu Pu, professore di Scienze politiche presso l’Università di Reno, “lo stesso Shambaugh ammette che una previsione del genere è rischiosa. D’altra parte, ritengo che Pechino dovrebbe ascoltare questa analisi con attenzione e con saggezza. Non deve prenderla come ‘l’ennesima cospirazione americana’, ma deve capire che si tratta di una medicina amara ma necessaria per il futuro della Cina”.

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