Cina, avvocati contro lo Stato: La legge sulle Ong va riscritta, è troppo repressiva
Pechino (AsiaNews) – La bozza di legge sulle Organizzazioni non governative (Ong) straniere che operano in Cina “è troppo repressiva, troppo vaga e concede troppo potere arbitrario alla polizia. Va ritirata e riscritta per aderire meglio alla realtà di un mondo che ha bisogno di questo servizio”. È il senso di una lettera aperta inviata da un gruppo di più di 30 avvocati all’Assemblea nazionale del Popolo – il “Parlamento” cinese, che si riunisce una volta l’anno per ratificare le decisioni del governo – riguardo la nuova legge dal titolo “Gestione delle Organizzazioni non governative straniere”.
Secondo i legali, il governo “non ha concesso il giusto tempo alla consultazione e si è dato troppo potere nella gestione delle Ong”. Huang Sha, uno dei firmatari, spiega a Radio Free Asia: “Uno degli scopi principali di questa nuova legge è prevenire l’infiltrazione di ‘forze straniere’ nel mondo delle Ong. Ma devono capire che è soprattutto il governo stesso a beneficiare del loro lavoro, dato che questi gruppi operano nel welfare pubblico a beneficio della gente comune”.
Secondo la bozza, tutte le Ong con base fuori dalla Cina dovranno ottenere l’approvazione preventiva della polizia prima di poter operare sul Paese; dovranno assumere “almeno la metà del personale” da un’Agenzia approvata dal governo e dipendente dal ministero degli Esteri; dovranno presentare il bilancio preventivo e quello conclusivo di ogni operazione; non potranno ricevere fondi dall’estero. Rimane ovviamente inalterato l’obbligo di avere un “patrono”, ente o Dipartimento statale che garantisca per la loro condotta.
Le ultime regole (in ordine di tempo) sul mondo no-profit sono state emanate dal Ministero degli Affari civili nel 2012. Secondo il testo, attualmente in vigore, le Ong senza scopo di lucro devono pubblicare i dettagli esatti di ogni entrata e ogni uscita economica. Inoltre, per i progetti di raccolta fondi più lunghi di tre mesi, il Ministero impone a ogni opera di beneficenza di pubblicare ogni 3 mesi il resoconto delle spese e introiti durante le campagne di raccolta fondi, seguito poi da un un rapporto finale più dettagliato. Inoltre "le fondazioni non devono usare il proprio nome, immagine o progetti per scopi non caritatevoli".
I costi approvati per le Ong proibiscono l'uso di donazioni pubbliche per pagare "spese eccessive": fra questi sono inclusi gli stipendi degli operatori e non precisati "benefits". Lo scopo dichiarato è quello di limitare la corruzione nel settore: alla fine del 2011 c'erano 2500 fondazioni registrate, il doppio rispetto al 2005. In totale, queste gestiscono fondi per più di 60 miliardi di yuan.
Una fonte cattolica che opera all’interno del mondo delle Ong in Cina spiega ad AsiaNews: “Siamo molto preoccupati da come si sta evolvendo la situazione. I gruppi di volontariato sono costretti a seguire trafile lunghe e farraginose, e sono di fatto impediti nella loro opera caritatevole. Speriamo che il governo torni sui suoi passi”.