Byblos, confermata la presenza dei Mashrou’ Leila. Ma chiederanno scusa ai cristiani
Dopo giorni di tensioni e scontri sui social, la band sembra aver raggiunto un accordo coi responsabili del festival. Il direttore artistico parla di compromesso raggiunto in seguito a un incontro con il vescovo locale. Una vicenda che va “al cuore” del Libano e al suo “messaggio in quanto nazione”.
Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Dopo giorni di tensioni e colpi di post sui social fra fan e critici, la controversa partecipazione dei Mashrou' Leila al Byblos International Festival è confermata, previe scuse dei componenti della band ai cristiani libanesi per due canzoni ritenute “offensive”. A confermarlo sono gli stessi organizzatori dell’evento, come riferisce il direttore della rassegna musicale Naji Baz che parla di compromesso in seguito a un “incontro” con l’arcivescovo maronita della città mons. Michel Aoun.
L’indie band libanese, il cui cantante Hamed Sinno è gay dichiarato e i cui testi delle canzoni (in arabo) toccano questioni sociali ritenute tabù nel Paese e nella regione, ha scatenato una ondata di feroci proteste in Medio oriente. Il gruppo si è esibito diverse volte in Libano dalla sua formazione nel 2008, quando i componenti erano ancora studenti dell’American University di Beirut.
In passato la loro presenza aveva sollevato polemiche in Egitto e le autorità giordane avevano cancellato all’ultimo una loro esibizione.
Nei giorni scorsi il clero libanese aveva chiesto l’annullamento della performance nel contesto del festival musicale estivo a Byblos, parlando di testi offensivi verso i cristiani. Sui social un gruppo che si è definito “Soldati di Dio” ha iniziato una campagna di protesta contro la rassegna, minacciando manifestazioni di piazza per impedirne lo svolgimento.
Intervenendo sulla polemica, Naji Baz annuncia di aver raggiunto “un accordo” secondo cui il programma del concerto del 9 agosto è confermato “ma nei prossimi giorni è prevista una conferenza stampa”. La band, prosegue, dovrebbe “scusarsi verso tutti quelli che si possono essere sentiti offesi” dalle loro canzoni, giudicate “denigratorie verso i sacri simboli della cristianità”.
I due brani al centro della polemica, intitolati “Idoli” e “Djin”, non verranno effettuati e il gruppo ha rimosso i post ritenuti offesivi su Facebook su richiesta dell’agenzia nazionale per la sicurezza.
L’accordo raggiunto non è però bastato per chiudere in via definitiva la polemica. “Tutto questo è ridicolo” ha affermato lo scrittore americano-libanese Rabih Alameddine, secondo cui “il mondo interno sembra essere regredito a un livello di illiberalismo”. L’editorialista Diana Skaini, sulle colonne del quotidiano An-Nahar, sottolinea che il dibattito sollevato dalla vicenda “va al cuore” del Libano e al suo “messaggio in quanto nazione”.
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