13/10/2021, 11.22
LIBANO
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Beirut, esplosioni al porto: nuovo stop all’inchiesta, pesa la minaccia sciita

di Fady Noun

L’indagine ha preso una piega drammatica, il giudice Bitar costretto a sospendere i lavori. Secondo alcune fonti la sua famiglia ha lasciato il Paese nel timore di attacchi. Pesano le minacce di Hezbollah, che ha accusato l'alto magistrato di aver “politicizzare le indagini”. Il presidente Aoun difende il suo operato. 

Beirut (AsiaNews) - L’inchiesta sull’esplosione al porto del 4 agosto 2020 ha assunto una piega drammatica. Sotto pressione a causa delle crescenti ingerenze della classe politica, il giudice capo titolare dell’inchiesta Tarek Bitar (nella foto), è stato costretto ieri a sospendere ancora una volta le proprie indagini, dopo aver emesso un mandato di arresto nei confronti di un deputato. Un nome peraltro di peso, perché si tratta del numero due del movimento sciita Amal Ali Hassan Khalil, ex ministro libanese delle Finanze. Quest’ultimo, convocato per un interrogatorio non si è presentato davanti ai giudici delegando al suo posto un avvocato. 

Qualche minuto più tardi, al magistrato è giunta una notifica ufficiale in cui gli veniva chiesto di sospendere la propria inchiesta, in seguito alla presentazione di nuovi ricorsi da parte dello stesso Khalil, contro il quale era appena stato emesso un mandato di arresto. Analogo provvedimento nei confronti di un altro deputato ed ex ministro di Amal, Ghazi Zaayter, depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione. 

Peraltro è fatto noto che Bitar aveva già emesso un mandato di comparizione contro l’ex primo ministro Hassan Diab, e quattro ex ministri nell’ottica di una loro incriminazione.

L’esplosione, causata dallo stoccaggio privo di ogni misura precauzionale di enormi quantità di nitrato di ammonio, ha ucciso almeno 220 persone e provocato oltre 6.500 feriti, alcuni dei quali rimarranno per sempre paralizzati o disabili. L’incidente ha inoltre devastato diversi quartieri della capitale, lasciando centinaia di persone senzatetto. 

L’11 ottobre Bitar ha subito un violento attacco verbale da parte di Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, che lo ha accusato di “politicizzare le indagini” e ne ha invocato la sostituzione con un magistrato a suo dire “onesto e trasparente”. “Vi è una decisione politica di non permettere al giudice di lavorare”, ha accusato Nizar Saghieh, direttore  dell’ong Legal Agenda, parlando all’Afp. “Le forze che lo sfidano - ha aggiunto l'attivista - stanno esaurendo tutti i mezzi legali, ma è chiaro che alcune parti sono pronte a utilizzare anche mezzi non legali per impedirgli di agire”.

Ieri sera durante un’intervista all’emittente televisiva al-Mayadeen, vicina ad Hezbollah, il deputato Ali Hassan Khalil ha minacciato una “escalation politica, se non di altro tipo” se il corso dell’indagine “non verrà modificato”. Lo stesso segretario generale di Hezbollah ha alluso nel suo discorso dell’11 ottobre a una reazione “di un altro tipo”, senza peraltro specificare quale.

Da una fonte vicina alle famiglie delle vittime si sostiene che, al momento, i figli del magistrato e la sua famiglia non sono più in Libano.

Da parte sua, il governo ha deciso di esaminare le “circostanze relative all’indagine” in una riunione in programma oggi. Convocati ieri al palazzo presidenziale di Baabda, i ministri sciiti hanno chiesto la sostituzione del giudice Bitar, incontrando però l’opposizione formale del capo dello Stato.

La nuova sospensione dell’inchiesta ha scatenato l’ira dei parenti delle vittime e la condanna di diverse organizzazioni umanitarie e dell’Unione europea. “I procedimenti giudiziari - ha sottolineato la Ue in una nota - si devono poter svolgere senza alcuna interferenza e i responsabili di questa tragedia devono rispondere delle loro azioni”.

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