07/06/2019, 11.28
AFGHANISTAN
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Attivista rapito: ‘Ho detto ai talebani che noi afghani vogliamo la pace’ (Video e foto)

I pacifisti sono stati liberati ieri. Il portavoce del gruppo: “I talebani credevano che fossimo finanziati dall’America o dalla Nato”.  Il People’s Peace Movement è un’iniziativa spontanea della società civile e chiede cose essenziali: pace, elettricità, cure mediche.

Kabul (AsiaNews) – “Ho detto ai talebani che il popolo dell’Afghanistan vuole la pace”: lo afferma ad AsiaNews Bismillah Watandost, portavoce del People’s Peace Movement (Ppm), uno degli attivisti rapiti nei giorni scorsi dal gruppo armato fondamentalista e liberato ieri. Egli racconta cosa è accaduto nei tre giorni in cui è rimasto nelle mani dei talebani. La cosa più importante, dice “è che abbiamo avuto l’opportunità d’incontrali e spiegare le ragioni del nostro movimento. I talebani credevano che fossimo finanziati dagli Stati Uniti o avessimo legami con qualche Ong straniera. Invece no: siamo un gruppo autonomo della società civile afghana, che vuole la pace e il cessate il fuoco”.

L’attivista racconta che la marcia per la pace di 27 attivisti era partita il 30 maggio scorso da Lashkar Gah, capoluogo della provincia meridionale di Helmand, ed era diretta a Musa Qala, roccaforte dei talebani nel nord della regione. Durante il cammino, il gruppo ha ricevuto un caloroso sostegno dalle popolazioni dei villaggi attraversati.

Il 3 giugno la carovana è giunta nel villaggio di Nawzadrod, nel distretto di Nawzad. Quel giorno, continua Bismillah, “la polizia di Kabul ha lanciato un attacco mentre noi stavamo nel villaggio, quindi ci siamo ritrovati nel fuoco incrociato. I talebani hanno pure pensato che facessimo parte delle forze militari e all’inizio hanno trattenuto nove di noi”.

In seguito, insieme ad altri tre membri del gruppo, l’attivista ha incontrato un capo talebano. “Oltre a me – racconta – c’erano Iqbal khyber, responsabile del gruppo, Ghulam Sarwar Ghafari, il più anziano del movimento, e Farhad Adil. Abbiamo incontrato il leader che credeva che facessimo parte di qualche organizzazione appartenente all’America o legata al gen. John Nicholson [ex comandante delle truppe Nato in Afghanistan, ndr]. Il nostro movimento non appartiene a nessuno, è una marcia solo del popolo afghano”.

L’attivista tiene a precisare che il gruppo è stato trattato bene dai guerriglieri: “Non siamo stati tenuti in prigione, né sottoposti a forme di punizione. Ci siamo seduti con loro e abbiamo parlato in maniera pacifica. Abbiamo sottolineato che non vogliamo la guerra e che al popolo mancano cose essenziali, come l’elettricità e le cure mediche”. “Non ci fermeremo, nonostante quanto accaduto e le vesciche ai piedi. Continueremo ancora e ancora a portare il nostro messaggio di pace”, afferma in conclusione.

Peace March in Afghanistan
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