Armi ai sauditi e vittime nello Yemen: Londra sotto processo
L’Alta corte di Giustizia ha aperto un procedimento a carico dell’esecutivo. Gli armamenti venduti a Riyadh avrebbero provocato vittime civili innocenti in Yemen. Cresce il numero dei parlamentari che chiede una revisione dei contratti. Il 62% dei britannici considera “inaccettabile” la vendita di armi ai sauditi.
Londra (AsiaNews/Agenzie) - Su iniziativa di diverse Ong e attivisti pro diritti umani, la settimana scorsa presso l’Alta corte di giustizia a Londra si è aperto un processo a carico del governo del Regno Unito in merito alla vendita di armi all’Arabia Saudita. Esse sarebbero state utilizzate in aree di conflitto, in particolare nello Yemen, dove avrebbero mietuto vittime innocenti. Riyadh è alla guida di una coalizione araba che ha lanciato una disastrosa campagna militare contro i ribelli sciiti Houthi, che ha provocato migliaia di morti fra i civili.
Londra è il secondo principale esportatore di armi al mondo. Ma tale commercio fiorente solleva proteste e indignazioni fra gli attivisti e la società civile. Ogni giorno dall’inchiesta filtrano nuovi documenti - rilanciati dai media - che mostrano le profonde divisioni all’interno del governo in materia.
In particolare ha destato scalpore lo scambio di lettere fra il ministro britannico degli Esteri Boris Johnson, favorevole alla vendita di armi, e il collega del Commercio Liam Fox che non nasconde la “profonda inquietudine” per i bombardamenti in atto in Yemen. Fra questi, il ministro cita l’attacco a un gruppo di civili che partecipavano a una cerimonia funebre l’8 ottobre scorso, che ha causato la morte di almeno 140 persone.
Nelle ultime settimane è andato crescendo il numero dei parlamentari che hanno manifestato in pubblico la loro condanna sul commercio di armi. Dietro la crescente opposizione, per l’attivista Andrew Smith portavoce della Campagna contro il commercio di armi (Caat) vi è la “crescente pressione” dell’opinione pubblica e “l’escalation di vittime” nei bombardamenti sauditi di questi ultimi anni.
Secondo quanto emerso in una recente inchiesta, il 62% dei britannici considera “inaccettabile” la vendita di armi a Riyadh, primo cliente di Londra in tema di commercio degli armamenti. Sono “regimi che violano i diritti umani” ha aggiunto Smith e la popolazione si mostra sempre più “sconvolta” dall’escalation di vittime innocenti.
Lo scorso anno il ministro degli Esteri aveva confermato la vendita di armi ai sauditi, perché dai risultati di una “indagine governativa” non sarebbero emerse violazioni ai diritti umani. In realtà, una successiva inchiesta pubblicata dal quotidiano The Independent ha mostrato che non vi è stata una analisi dettagliata caso per caso degli incidenti avvenuti nel contesto degli accordi sulla vendita. Una indagine di facciata, insomma, offerta ai media solo per placare i crescenti malumori dell’opinione pubblica.
Secondo gli esperti la polemica in atto non metterà certo fine alle esportazioni di armi, un’industria fiorente con oltre 50mila addetti nel Regno Unito. Inoltre, la premier britannica Theresa May è interessata a salvaguardare le relazioni con uno stretto alleato nel Golfo, in un periodo di grande incertezza politica dovuta anche alle conseguenze del voto sulla “Brexit”.
In un intervento al Parlamento la May ha ricordato la speciale “relazione” con l’Arabia Saudita, aggiungendo che “la sicurezza del Golfo è elemento di grande importanza per noi”. Prima fra tutte, ha concluso, “la minaccia iraniana” che costituisce un “pericolo” per tutta la regione.
“I leader americani e britannici - conclude l’analista Christopher Davidson - fanno dichiarazioni tuonanti per screditare, in primis, il lascito di Barack Obama sull’Iran [l’accordo sul nucleare, ndr] e per continuare a esercitare pressione sull’Arabia Saudita perché continui ad acquistare armi. Tuttavia, Riyadh non può permetterselo dalla caduta dei prezzi del petrolio post 2014”.
08/07/2020 08:54