29/04/2019, 08.07
SIRIA
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Arcivescovo maronita di Damasco: Siria in miseria per la guerra e l'embargo

di Samir Nassar*

Mons. Samir Nassar racconta le devastazioni causate dal conflitto al Paese e al suo popolo. Nel 2006 era raro trovare persone che chiedevano aiuti o elemosina. Oggi è “impossibile” non incontrare qualcuno “in condizioni di bisogno”. Dagli interventi militari lo scontro si è spostato sul piano economico. Ad Astana un nuovo round di (infruttuosi) incontri. 

Damasco (AsiaNews) - Otto anni di guerra in Siria hanno “distrutto” un Paese in cui, nel 2006, erano “rare” le occasioni si vedevano mendicanti, mentre oggi “sembra impossibile” non incontrare un cittadino “che non versi in condizioni di bisogno”. È quanto riferisce  l’arcivescovo maronita di Damasco Samir Nassar, in una testimonianza ad AsiaNews. Il prelato condanna l’embargo che “ha ingolfato il popolo siriano”, che sembra essere “abbandonato in uno stato di miseria”. 

Intanto, sul fronte diplomatico internazionale si registra l’incontro, avvenuto nei giorni scorsi, fra i vertici di Russia, Iran e Turchia nel contesto dei colloqui di Astana (capitale del Kazakhstan, oggi ribattezzata Nour Sultan in onore dell’ex presidente). Un trilaterale avviato da tempo fra nazioni su fronti opposti nel contesto del conflitto e parallelo ai colloqui di pace (infruttuosi) promossi dall’Onu, che finora non ha determinato una vera svolta. Al centro dell’incontro la situazione a Idlib, uno degli ultimi bastioni del Paese rimasti ancora nelle mani dell’opposizione anti-Assad e dei gruppi jihadisti. 

A dispetto delle manovre internazionali, la realtà per il popolo siriano - come sottolinea l’arcivescovo di Damasco - è di una umanità “ferita nel profondo”. Ecco, di seguito, quanto ci scrive.

Dall’autosufficienza alla dipendenza; dalla generosità altrui, un paradiso perduto.

Quando sono arrivato a Damasco nel 2006, erano molto rare le occasioni in cui si incontravano persone che chiedevano l’elemosina o un qualche aiuto. Interrogandomi sui motivi, mi è venuto in soccorso un amico sacerdote, il quale mi ha detto che tutto questo era normale, in una nazione in cui l’istruzione e le cure mediche erano gratuite: anche i salari più bassi potevano bastare a soddisfare tutti i bisogni e le necessità di base. E non vi erano ragioni particolari per cui mendicare. 

Otto anni di guerra hanno distrutto un’intera nazione e il suo pacifico popolo: devastazioni immeritate, 600mila morti, 12 milioni di rifugiati ed esuli senza patria, una economia ridotta alla paralisi, una moneta senza alcun valore e una sempre crescente inflazione, a cui sommare un embargo che schiaccia quanto di poco resta. 

Oggi le famiglie si chiedono: si stava quasi meglio quando le bombe piovevano tutto attorno a noi. Almeno a quel tempo potevamo accedere ai rifugi e andare in cerca di un qualche nascondiglio. Adesso come possiamo fare ad andarcene, con una guerra economia che bussa alla nostra porta?

Una umanità ferita

Un conflitto fondato sull’economia sta prendendo sempre più velocemente il posto degli interventi militari del passato e colpisce tutte le classi sociali; l’embargo su tutti i prodotti - e oltre - provenienti dall’Iran ha ingolfato il popolo siriano, che sembra essere stato dimenticato e abbandonato in uno stato di miseria.

Se, nel 2006, era davvero arduo incontrare un povero, oggi sembra impossibile non incontrare un siriano che non versi in condizioni di bisogno, costretto a fronteggiare problemi sociali impossibili da risolvere, circondato in modo perenne da una mancanza di lavoro che si è fatta costante e che è poi sfociata in una disoccupazione di massa. 

Quanto è difficile vedere quelle famiglie spezzarsi sempre più, e obbligate a elemosinare di continuo nel tentativo di sopravvivere. Tuttavia, la cosa più difficile non è vedere molte persone nel bisogno, ma il modo in cui la loro dignità umana è così ferita nel profondo. L’amarezza può essere vista così facilmente nei volti di chi non ha nemmeno il coraggio di guardarti negli occhi, per evitare ulteriori umiliazioni.

Di fronte a questa gente ferita e distrutta, la Chiesa continua a guardare alla tomba vuota.

* Arcivescovo maronita di Damasco 

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