16/06/2014, 00.00
IRAQ

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Arcivescovo di Mosul: Grati per le parole di pace del Papa, l’Iraq non sia una nuova Siria

Ad AsiaNews mons. Nona commenta l’appello di “grande effetto” del Pontefice per i cristiani “che vivono un momento di difficoltà”. Le elezioni sono un ricordo e nessuno promuove “soluzioni politiche” alla crisi. Peggiora la situazione degli sfollati, continua la fuga da Mosul nel timore di bombardamenti.

Mosul (AsiaNews) - L'appello di Papa Francesco per l'Iraq "avrà un grande effetto per tutti noi", in particolare "per i cristiani che vivono un momento di grave difficoltà" e, in generale, per tutto il popolo che soffre e prega per la pace. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell'Iraq, dove circa 500mila persone, cristiani e musulmani, sono fuggite, originando una crisi umanitaria, oltre che economica e politica. Ieri, durante l'Angelus, il Pontefice argentino ha affermato di seguire con "viva preoccupazione" la situazione e ha chiesto di pregare "per la cara nazione irachena, soprattutto per le vittime e per chi soffre maggiormente le conseguenze dell'accrescersi della violenza, in particolare per le molte persone, tra cui tanti cristiani, che hanno dovuto lasciare la propria casa". 

Tuttavia, alle parole di conciliazione che provengono dal Pontefice si sovrappongono le notizie di cronaca provenienti dal Paese arabo, che parlano di centinaia di esecuzioni sommarie perpetrate dagli islamisti e di un'escalation progressiva delle violenze. Gli Stati Uniti valutano "colloqui diretti" con Teheran, avversario storico, per discutere della questione sicurezza in Iraq. Entrambi sono infatti interessati a frenare la minaccia rappresentata dai militanti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis, formazione jihadista legata ad al Qaeda) che sta conquistato porzioni sempre più ampie del Paese e punta in direzione di Baghdad. 

L'arcivescovo di Mosul si augura che i responsabili di governo e la comunità internazionale possano "trovare una soluzione urgente" alla crisi, perché "l'Iraq non diventi come la Siria", dove il consumarsi di una guerra civile "è ormai considerato un fatto normale e accettato". La guerra e le violenze, ricorda il prelato ad AsiaNews, non sono e non possono mai essere considerate "normali". "Purtroppo - avverte - nessuno propone soluzioni reali e concrete per riportare la pace, non vi è un vero interesse comune al bene del Paese e dei suoi cittadini". 

Mons. Nona nei giorni scorsi aveva auspicato un intervento forte di Papa Francesco, da sempre attentato alle situazioni di crisi e ai conflitti che insanguinano la terra. Ieri il Pontefice non ha mancato di far sentire la propria voce per la "cara nazione irakena", descrivendo un futuro in cui i cittadini, di qualsiasi religione, possano fare della loro patria "un modello di convivenza". Queste sue parole, commenta l'arcivescovo di Mosul, "speriamo possano sortire un grande effetto nei cuori di tutti quelli che prendono la violenza, come metodo per affrontare e risolvere i problemi". Essa non risolve nulla, aggiunge, "anzi crea sempre nuovi ostacoli e divisioni... speriamo che tutti possano parlare e dialogare usando la lingua della pace". 

Anche se internet è bloccato in molte zone del Paese e le televisioni sono spesso oscurate, circolano con sempre maggiore frequenza le immagini di omicidi di massa ed esecuzioni sommarie perpetrare dagli islamisti. "Purtroppo non tutti ascoltano le parole di pace - commenta mons. Nona - e la situazione diventa ogni giorni più difficile. Gli islamisti attaccano, il governo cerca di rispondere e a prevalere è ogni volta di più la logica della violenza". Preoccupa anche la situazione degli sfollati, conferma l'arcivescovo di Mosul, il cui numero continua a cresce nel timore di bombardamenti da parte dell'aviazione irakena. "Nessuno sa quello che succederà, oltre all'insicurezza viviamo nella più totale incertezza, il futuro è buio. Non si vedono proposte politiche per risolvere la crisi, le ultime elezioni - a fine aprile, ndr - sono cadute nel dimenticatoio e ora l'unico pensiero è rivolto alla guerra". Da ultimo, egli lancia un appello alla preghiera e un sostegno per gli sfollati: "ieri abbiamo accolto altre famiglie, in larga maggioranza musulmane. Alcune Ong hanno iniziato a portare aiuti, noi come Chiesa fin dal primo giorno cerchiamo di coordinare e contribuire agli aiuti, ma la situazione è sempre più critica". (DS)

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