27/11/2019, 11.38
IRAQ
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Arcivescovo di Basra: Nuove infrastrutture e Costituzione per salvare l'Iraq

La Chiesa fornisce a cadenza settimanale “cibo e riparo” ai manifestanti in piazza. In diverse città del sud chiuse scuole ed edifici pubblici. Altre sei vittime ieri a Baghdad per tre diverse esplosioni, non rivendicate. Mons. Habib Jajou: "I cittadini soffrono per la povertà, i giovani sono alla ricerca di giustizia sociale”. 

Basra (AsiaNews) - È triste doverlo ammettere, ma “la situazione è un disastro” e “le armi proliferano in ogni angolo”. In questo contesto difficile, “noi come Chiesa” siamo vicini ai giovani in piazza “fornendo loro a cadenza settimanale cibo e riparo”. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Alnaufali Habib Jajou, arcivescovo caldeo di Basra, nel sud dell’Iraq, commentando le manifestazioni anti-governative che, dal primo ottobre, scuotono il Paese e represse con la forza da polizia e reparti della sicurezza. “Concordo con loro [i dimostranti] - sottolinea il prelato - che la nazione ha bisogno di ricostruire le infrastrutture e riformare la Costituzione, per abolire la logica confessionale” che gravi danni ha causato in questi anni. 

Questa mattina i manifestanti anti-governativi hanno bloccato numerose vie di comunicazione nel sud dell’Iraq, dove molte scuole e uffici pubblici risultano chiusi. In molte zone del Paese si sono registrati nuovi scontri, violenze e vittime partendo dalla capitale, Baghdad, dove una serie di esplosioni in diversi quartieri ha provocato la morte di almeno sei persone. Al momento non risultano rivendicazioni dei tre attacchi, due dei quali sferrati con moto imbottite di esplosivo. 

Le autorità di Kerbala, città santa per gli sciiti, hanno disposto la chiusura di scuole materne, elementari, medie e religiose. Un provvedimento eccezionale, in risposta all’uso di proiettili sulla folla da parte della polizia. Un blocco alle attività di due giorni che si estende anche a Najaf e Al-Hilla, nella provincia meridionale di Babilonia. Blocco del settore pubblico pure a Kout e Najaf; sempre a Bassora e Nassiriya un sit-in ha di fatto interrotto la produzione della locale compagnia pubblica di petrolio. 

In Iraq non sembra dunque fermarsi la protesta, repressa con la forza dalle autorità per un bilancio aggiornato di almeno 350 morti e migliaia di feriti, in larga parte civili; un crescendo di violenze che hanno spinto la Chiesa caldea a promuovere una tre giorni di digiuno e di preghiera per la pace. “I giovani in piazza - spiega mons. Habib Jajou - cercano giustizia sociale. Essi chiedono trasparenza nella gestione dei fondi pubblici e pene esemplari per i funzionari corrotti”. Nella loro battaglia “sono sostenuti da famiglie e amici al di fuori del Paese”. 

I cittadini, ma soprattutto i giovani, prosegue l’arcivescovo, “soffrono per la percentuale altissima di povertà; vi sono milioni di vedove, orfani e persone disabili” abbandonate a loro stesse. “Le nuove generazioni - aggiunge - sono arrabbiate a causa dell’alto tasso di disoccupazione, per la mancanza di case e di istruzione, per un sistema sanitario di bassa qualità” pur a fronte di un bilancio miliardario dello Stato grazie ai proventi del petrolio. Ma ciò che più colpisce, conclude il prelato, sono “i moltissimi morti e feriti” a fronte di preoccupazioni legittime per il futuro.

Basra è il centro più importante del sud dell’Iraq ed è già stata teatro nel recente passato di gravi violenze, che avevano spinto la Chiesa a sospendere tutte le attività extra-pastorali. La visita del papa, annunciata per il prossimo anno, potrebbe essere una occasione di rinascita, ma le violenze di queste settimane rischiano di pregiudicare un evento atteso da cristiani e musulmani irakeni.

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