19/07/2018, 08.51
TURCHIA
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Ankara rimuove lo stato di emergenza, l’opposizione teme un nuovo bavaglio

Il provvedimento era in vigore dall’estate 2016 e ha portato all’arresto o al licenziamento di decine di migliaia di persone. Per le opposizioni Erdogan vuole prolungarne gli effetti attraverso un disegno di legge anti-terrorismo. Resta in cella il leader dell’opposizione curda Selahattin Demirtaş. 

 

Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - Il governo turco ha dichiarato la fine dello stato di emergenza, imposto due anni fa all’indomani del (fallito) golpe dell’estate 2016. È quanto riferiscono i media ufficiali turchi, secondo cui durante questo periodo decine di migliaia di persone sono state arrestate o cacciate dal proprio posto di lavoro. 

L’esecutivo ha deciso di votare contro l’ulteriore estensione del provvedimento, dopo averlo prolungato per tre volte in passato per la durata di sette mesi ciascuna. Tale scelta è legata alla vittoria del leader turco Recep Tayyip Erdogan alle recenti elezioni, con un ampliamento dei poteri in seguito alla riforma costituzionale in chiave presidenziale.

Durante la campagna elettorale, i partiti di opposizione avevano promesso di mettere fine allo stato di emergenza come primo provvedimento in caso di vittoria. 

In due anni, almeno 107mila persone sono state allontanate dal pubblico impiego e altre 50mila sono state arrestate, in attesa di giudizio. Fra quanti sono stati licenziati molti sarebbero simpatizzanti del predicatore islamico Fethullah Gülen, in esilio in Pennsylvania (Stati Uniti) e ritenuto la “mente” del golpe, un'accusa che egli ha sempre respinto. 

L’annuncio della fine dello stato di emergenza non sembra rassicurare le opposizioni. Al contrario, i principali movimenti anti-Erdogan ritengono che il governo voglia in realtà prolungarne gli effetti attraverso un disegno di legge “anti-terrorismo” presentato questa settimana in Parlamento. 

Nel frattempo i giudici hanno negato la richiesta di scarcerazione presentata dai legali dell’ex leader dell’opposizione curda e presidente del Partito democratico del popolo (Hdp) Selahattin Demirtaş. L’udienza si è tenuta ieri e l’imputato non era presente in aula, perché candidato presidente alle scorse elezioni del 24 giugno e per questo impossibilitato a preparare una memoria difensiva.

Il tribunale ha disposto la permanenza in carcere per Demirtas, dietro le sbarre dal 4 novembre 2016. Le prossime udienze sono in programma il 28 e il 29 agosto. Egli è stato incriminato con l’accusa di “fondare e gestire una organizzazione criminale” e “propaganda di una organizzazione terrorista”, oltre che “spalleggiare il crimine e i criminali”.

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