Ancora proteste, granate, feriti. I ministri dell’Asean a raduno virtuale
A Yangon scontri con le forze di sicurezza. Si parla di due morti. A Kale un morto e diversi feriti. Dopo le proteste internazionali, i capi militari chiedono di non usare armi letali. L’Asean corre ai ripari. Singapore: No alla violenza, liberare Aung San Suu Kyi, dialogare per la pace. La leader democratica accusata di altre due violazioni.
Yangon (AsiaNews) – Le forze di sicurezza hanno ancora una volta aperto il fuoco stamane a Yangon, con proiettili e granate. Almeno quattro luoghi della città si sono svolte manifestazioni contro il colpo di Stato militare. Ufficialmente non c’è alcuna dichiarazione, ma sui social si rincorrono le notizie che oltre a molti feriti, due manifestanti sono stati uccisi. Confermato invece un morto a Kale (nel nordovest del Paese), dove la polizia ha sparato sulla folla per disperdere la manifestazione. Anche qui vi sono diversi feriti in gravi condizioni.
Da quando sono iniziate le dimostrazioni contro il colpo di Stato vi sono stati decine di morti. La giornata più sanguinosa è stata quella del 28 febbraio, quando sono state uccise 18 persone. La polizia afferma che uno di loro è morto nei primi giorni delle manifestazioni.
Ieri i capi militari hanno annunciato alla televisione che essi hanno chiesto alle forze di sicurezza di non usare proiettili letali. Ma all’inizio delle manifestazioni il gen. Min Aung Hlaing aveva minacciato del rischio della vita tutti coloro che avessero partecipato a raduni considerati illegali.
Il tono “pacifista” dei capi segue di poche ore la denuncia dell’Onu sulle violenze avvenute due giorni fa che oltre alla morte di 18 dimostranti ha causato almeno 30 feriti.
Il tentativo di mostrarsi innocenti delle violenze è anche frutto delle proteste internazionali. Finora Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Unione europea hanno decretato sanzioni mirate contro i capi militari. I ministri degli Esteri dei Paesi dell’Asean terranno un raduno virtuale oggi per discutere sulla crisi birmana.
L’Asean (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) oltre al Myanmar, comprende Singapore, Filippine, Indonesia, Thailandia, Laos, Cambogia, Malaysia, Brunei, Vietnam. Fino ad ora l’Asean è stata criticata per il suo comportamento distaccato. Uno dei principi su cui essa si basa è la non interferenza negli affari interni dei Paesi soci. Soprattutto Singapore, il maggior investitore in Myanmar (24,5 miliardi di dollari nel 2020) ha subito critiche per il suo atteggiamento troppo favorevole alla giunta.
Il perdurare delle manifestazioni, della disobbedienza civile e degli scioperi che stanno rendendo sempre più fragile l’economia del Myanmar sta spingendo i Paesi del sud-est asiatico a trovare modi per riportare “stabilità” nel Paese, nel timore che la crisi economica e quella politica si propaghi anche all’interno delle loro frontiere.
In un’intervista televisiva ieri, il ministro degli Esteri di Singapore, Vivian Balakrishnan, ha dichiarato di voler incoraggiare il dialogo fra la giunta e Aung San Suu Kyi. Egli ha anche detto di essere “sconvolto” dalle violenze contro la popolazione e chiede ai militari di fermare le violenze e liberare Aung San Suu Kyi e il presidente Win Myint.
Anche il premier di Singapore, Lee Hsien Loong, intervistato oggi dalla Bbc, ha detto che l’uso della forza da parte dei militari è “disastroso” e che l’unica via che rimane è “liberare Aung San Suu Kyi, negoziare con lei e il suo gruppo e tracciare un percorso pacifico per il Myanmar”.
Ieri Aung San Suu Kyi, che è agli arresti domiciliari dal giorno del colpo di Stato, è apparsa per la prima volta in video mentre appariva in tribunale. Oltre a violazioni di strane regole commerciali (acquisto di walkie-talkie) e sanitarie (raduni senza distanziamento sociale), è stata accusata anche di “incitamento ai disordini pubblici” e violazione delle leggi sulle telecomunicazioni.
28/02/2021 09:52
20/02/2021 08:00