28/03/2007, 00.00
AFGHANISTAN - ITALIA
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Ambasciata a Kabul: chi ha fatto discriminazioni tra afghani e italiani è stato Dadullah

In un’intervista ad AsiaNews l’ambasciatore italiano Sequi interviene sulle polemiche legate al sequestro Mastrogiacomo e ribadisce: “Per l’Italia la vita non ha nazionalità, continui contatti con le autorità afghane per liberare l’interprete afghano ancor nelle mani dei talebani”. Ieri a Kabul incontro “efficace” tra stampa locale e italiana.

Kabul (AsiaNews) - “Se c’è discriminazione nel trattamento riservato ad afghani e italiani nella vicenda Mastrogiacomo è da parte del mullah Dadullah, il governo italiano è tuttora in continuo  contatto con le autorità afghane, che stanno facendo tutto il possibile per liberare l’interprete Adjmal Nashkbandi, ancora in mano ai talebani”. Così l’ambasciatore italiano a Kabul, Ettore Sequi, che ad AsiaNews assicura inoltre di avere incontri costanti anche con i familiari del giovane interprete, rapito con il reporter di Repubblica lo scorso 4 marzo, nella provincia di Helmand, dagli uomini di Dadullah.

La liberazione di Mastrogiacomo in cambio di quella di 5 talebani di spicco ha suscitato critiche anche all’interno dell’opinione pubblica afghana, che lamentava l’indifferenza di Roma e Kabul sulle sorti dei suoi connazionali coinvolti nella vicenda. Sayed Agha, l’autista dell’inviato italiano ha perso la vita pochi gironi dopo il sequestro, decapitato perché considerato una spia.

“Ora Repubblica, in coordinamento con il governo italiano, - spiega Sequi - sta avviando una raccolta fondi per la vedova di Sayed e madre di 5 figli”. La donna – citata ieri sulle pagine di un quotidiano locale in lingua inglese Outlook Afghanistan – aveva espresso “rammarico” per l’indifferenza dei due governi alle condizioni della sua famiglia dopo la liberazione dell’italiano.

Proprio per chiarire alla stampa afghana che “l’Italia ha ancora a cuore” le sorti degli afghani che hanno collaborato con Mastrogiacomo – spiega Sequi – ieri in ambasciata a Kabul si è svolto un incontro tra rappresentanti della stampa dei due Paesi. Il diplomatico dice che l’iniziativa ha avuto “l’approvazione e il sostegno dei parenti di Adjamal”. “Inoltre - aggiunge - c’era bisogno di sottolineare che fin dall’inizio della vicenda il governo italiano ha sempre chiesto la liberazione di tutti e tre gli ostaggi in quanto per noi la vita non ha nazionalità. Se discriminazione c’è, viene da Dadullah e da nessun altro per il motivo che ha ucciso un afghano e ne detiene ancora un altro”.

L’incontro tra giornalisti è risultato “efficace”. Già stamattina la stampa locale – in questi giorni molto dura per la decisione dello scambio e le sorti incerte dell’altro afghano – usava toni meno forti. “A  24 ore di distanza – racconta Sequi – ho notato che ora la stampa afghana ha chiari quali siano i termini della questione dal punto di vista del governo italiano. I quotidiani oggi hanno ripreso i concetti espressi ieri nell’incontro. Adesso c’è un atteggiamento più informato, base per avere un confronto positivo”. "Sempre oggi – conclude l’ambasciatore - è stato avviato sulla stampa afghana un forum di discussione sull’argomento, promosso anche dalla cooperazione italiana e dalla Commissione europea, cui ha partecipato anche il ministro della Cultura afghana”.

Nulla di certo ancora sulla sorte di un altro afghano coinvolto nel sequestro, Rahmatullah Hanefi, responsabile dell'ospedale Emergency a Lashkar Gah, che ha diretto le trattative con i rapitori. Secondo l’Ong umanitaria, Hanefi è nella mani dei servizi segreti afghani che lo stanno interrogando sotto tortura. Sequi ribadisce che l’Italia “è già più volte intervenuta direttamente presso le autorità afghane per sollecitare un chiarimento della sua posizione che ne consenta una sollecita, auspicabile liberazione”.

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