20/08/2014, 00.00
NEPAL
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Alluvioni in Nepal: 200 morti e 10mila famiglie senza casa

di Christopher Sharma
Per la popolazione si tratta del peggior disastro ambientale degli ultimi 70 anni. Ad oggi il bilancio è di oltre 400 dispersi, 30mila case sommerse, 5mila danneggiate, centinaia di feriti. Nel distretto di Berdia manca acqua potabile e le carcasse di animali morti fanno temere il diffondersi di malattie. L'intervento della Chiesa cattolica e della Caritas.

Kathmandu (AsiaNews) - Almeno 200 morti, oltre 400 dispersi, centinaia di feriti, 10mila famiglie sfollate, 30mila case sommerse e 5mila danneggiate. È il bilancio - aggiornato a oggi - dei danni causati dalle alluvioni che hanno colpito la regione centro-occidentale del Nepal. La Caritas locale e i missionari cattolici sono sul posto per fornire assistenza e soccorso alle vittime. Secondo la popolazione si tratta del peggior disastro ambientale degli ultimi 70 anni.

Dei 25 distretti colpiti, il più grave è quello di Bardia. Da cinque giorni i sopravvissuti attendono i soccorsi con i generi di prima necessità. Non c'è acqua pulita per bere; gli animali sono tutti morti e in decomposizione. Il timore è che possano comparire presto malattie della pelle, diarrea, colera e dissenteria. Organizzazioni cattoliche e governative stanno attrezzando cliniche mobili per tenere sotto controllo la situazione.

Motilal Barma, del distretto di Banke, è riuscito a raggiungere un campo profughi, ma non ha vestiti con cui coprirsi. "Sono stato trascinato via per 15 chilometri - ricorda - e in qualche modo sono riuscito a restare a galla per 36 ore. Non so che fine abbia fatto la mia famiglia".

Premi Chaudhari, 29 anni, è madre da appena 2 giorni. "Per mettermi in salvo - racconta - la mia famiglia ha fatto salire me e il mio bambino su un albero. Ora è iniziata la distribuzione di viveri, ma non possiamo consumare le razioni di spaghetti e riso liofilizzati senza acqua potabile".

Suor Rosita Kavilpurayidathil, superiora al Nava-Jyoti Training Center and School, racconta ad AsiaNews: "Stiamo mediando con le organizzazioni governative e non governative per distribuire al meglio i soccorsi. Le condizioni più gravi sono quelle di anziani, donne incinte, neonati e puerpere". "I nostri locali sono al sicuro - spiega - perché ci troviamo in una zona più alta, ma i villaggi con cui lavoriamo e i ragazzi stanno affrontando un momento difficile. Non conosciamo ancora le loro condizioni".

 

 

 

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