19/03/2019, 11.20
CINA-TIBET
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Al Dalai Lama il Premio Pacem in Terris 2019. Il suo successore sarà indiano

di Kunpen Rinpoche

Il vescovo di Davenport ha consegnato personalmente il premio nelle mani del leader spirituale tibetano a Dharamshala. Nella motivazione si dice: “La sua leadership nel promuovere rispetto per la dignità e la cultura del popolo tibetano riempie tutti i popoli oppressi della speranza che la pace può vincere l’ingiustizia”. Per la Cina egli è “un lupo travestito da agnello”. Il futuro Dalai Lama emergerà da “un Paese libero”, non dalla Cina, “senza libertà”.

Dharamshala (AsiaNews) – Al Dalai Lama, leader spirituale del buddismo tibetano, è stato conferito il Premio “Pacem in Terris – Pace e libertà”. Il riconoscimento è venuto da parte del Consiglio interrazziale cattolico di Davenport (Iowa, Usa), in cui collaborano 11 organizzazioni religiose.

Il premio è stato consegnato al Dalai Lama da mons. Thomas Zinkula, vescovo di Davenport a Dharamshala lo scorso 4 marzo (v. foto). “Egli è stato promotore di pace interiore e di pace nel mondo per tutta la sua vita”, ha detto il vescovo.

La motivazione del premio, recita: “Il Consiglio riconosce la sua visione e il suo impegno per i diritti umani, la pace nel mondo e la risoluzione non violenta dei conflitti. Dalle sue parole e gesti è chiaro che lei è una persona radicata profondamente nello spirito di pace. La sua leadership nel promuovere rispetto per la dignità e la cultura del popolo tibetano riempie tutti i popoli oppressi della speranza che la pace può vincere l’ingiustizia”.

Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama del buddismo tibetano, è fuggito da Lhasa nel 1959, durante una rivolta tibetana contro il dominio militare cinese, trovando rifugio in India. Sebbene abbia cercato molte volte di dialogare con Pechino, per salvaguardare l’autonomia della religione e della cultura tibetana, minacciati da un “genocidio culturale”, il Partito comunista lo ha sempre bollato come un “pericoloso separatista” che vuole l’indipendenza del Tibet.

Nel desiderio di poter ritornare in Tibet, nel 2011 egli ha rinunciato alla sua carica politica per rimanere solo capo spirituale del buddismo tibetano. Ma il Partito comunista cinese continua a considerarlo un “lupo travestito da agnello”.

Commentando il “grande onore” legato al premio, l’83enne leader spirituale ha detto: “Tutti gli esseri umani sono figli di Dio, il Padre. Noi siamo davvero fratelli e sorelle, perché tutti gli esseri umani condividono la stessa natura. Per questo dobbiamo amarci gli uni gli altri, rispettarci gli uni gli altri. Il mondo di oggi ha davvero bisogno di questo messaggio di pace”.

Una delle preoccupazioni più grandi del Partito comunista cinese è poter dominare la successione del XIV Dalai Lama. Per tradizione, il successore, maschio o femmina, viene riconosciuto come reincarnazione del precedente leader spirituale, quando egli è defunto. Nel 1995 Pechino ha imprigionato Gedhun Choekyi Nyima, il Panchen Lama (la seconda carica del buddismo tibetano) riconosciuto dal Dalai e ha imposto un Panchen Lama scelto dal Partito, Gyaincain Norbu.

Pechino ha già stabilito che qualunque “reincarnazione di lama”, per essere vera, ha bisogno del visto del Partito.

Forse è per questo che, nei giorni scorsi, il Dalai Lama ha dichiarato che la sua futura reincarnazione potrebbe emergere in India e non in Cina. Parlando alla Reuters, egli ha commentato: “In futuro, è probabile che vedrete due Dalai Lama, uno da qui [l’India], in un Paese libero, e uno scelto dai cinesi, di cui nessuno avrà fiducia, e nessuno rispetterà”. E ha aggiunto: “La Cina è una grande nazione, un’antica nazione – ma ha un sistema politico che è totalitario, senza libertà”.

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