14/11/2008, 00.00
SRI LANKA
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A rischio estinzione l’attività dei pescatori artigianali

di Melani Manel Perera
Industrializzazione, edificazione selvaggia delle coste e inquinamento dei mari minacciano di affondare le risorse dei pescatori di piccola scala. Attivisti promuovono una unione di intenti fra le categorie per fronteggiare la crisi. Gli “squali della terra” rubano i terreni costieri ai sopravvissuti dello tsunami.

Colombo (AsiaNews) – Nel mondo vi sono 50 milioni di pescatori, il 90% dei quali sono dediti ad attività di pesca di piccola scala che garantiscono oltre il 50% del fabbisogno di mercato. “Questi pescatori, la cui attività è di tipo artigianale, rischiano di scomparire a causa della crescente industrializzazione e delle multinazionali”, che si accaparrano quote sempre più consistenti del mercato.

È l’allarme lanciato da Herman Kumara, segretario generale del forum mondiale dei pescatori (Wffp), il quale denuncia una violazione dei loro diritti e l’allontanamento dalle coste “in nome dello sviluppo”. In una conferenza stampa egli ha illustrato i temi al centro della quarta conferenza mondiale sullo sviluppo sostenibile dei pescatori artigianali, che si è tenuta a Bangkok dal 13 al 17 ottobre. “Abbiamo discusso di riscaldamento globale, crisi alimentare e aumento dei prezzi – riferisce Herman Kumara – e del ruolo giocato dalle grandi flotte di pescatori, la cui attività rischia di acuire la crisi”.

A Bangkok i rappresentanti del forum hanno sottolienato il degrado dei mari, delle specie ittiche e i crescenti conflitti sullo sfruttamento delle risorse, segnale di una cattiva gestione a livello mondiale delle attività legate alla pesca. Padre Thomas Kocherry, attivista per i diritti dei pescatori, ribadisce tre punti fondamentali da prendere in considerazione: il contributo dei pescatori artigianali nella risoluzione della crisi alimentare mondiale; l’unione di intenti fra organizzazioni a tutela dei diritti dei pescatori, sindacati di categoria, scienziati e ricercatori che si occupano di flora e fauna marina; sostenere le comunità costiere di tutto il mondo che vivono di pesca.

Muhammad Ali, leader della federazione dei pescatori della Thailandia meridionale, sopravvissuto alla tragedia dello tsunami del dicembre 2004 lancia un grido d’allarme: “Dopo la catastrofe il governo ci ha chiesto di fornire prove certe sulla proprietà dei terreni che si affacciano sulla costa, mentre le agenzie immobiliari fanno di tutto per portarceli via: sono degli squali affamati di terre, sulle quali vogliono costruire a discapito dei sopravvissuti”.

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