24/03/2004, 00.00
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Francescani e suore trattati come immigrati clandestini

Per la prima volta, da oltre 50 anni, il governo israeliano rifiuta il rinnovo dei visti a centinaia di suore, religiosi, preti. Appello della Custodia di Terra Santa alle chiese nel mondo

Gerusalemme (AsiaNews) – In 56 anni di vita dello stato di Israele non vi era mai stata una crisi del genere: personale ecclesiastico e religioso, privato senza motivo dei permessi di soggiorno. Il fenomeno riguarda molte decine di sacerdoti, religiosi e religiose, condannati a vivere in condizioni di clandestinità, soggetti a essere fermati per strada come immigrati illegali. Solo la scorsa settimana, il 17 marzo, due suore del SS Rosario sono state fermate dalla polizia; due giorni prima un frate francescano è stato bloccato. Il punto è che queste persone si trovano da anni in Israele o nei territori occupati. Ma le loro domande di rinnovo del permesso di soggiorno o il rilascio del permesso di soggiorno per i nuovi arrivati, giacciono senza risposta negli uffici del ministero degli Interni.

Il visto diventa anche un problema umanitario: alcuni religiosi hanno l'urgenza di uscire da Israele per stare accanto ai loro genitori sul letto di morte. Ma essi non possono lasciare il paese perché rischiano di non potervi rientrare.

La politica di non rilasciare i visti al personale ecclesiastico era cominciata durante il governo precedente, quando al dicastero degli Interni vi era un ministro del partito fondamentalista Shas. Un anno fa, con l'arrivo di un esponente del partito laico liberale Shinui, si sperava che le cose sarebbero cambiate. Il nuovo ministro degli Interni e altri esponenti governativi hanno dato molte assicurazioni e promesse alle autorità ecclesiastiche, ma non se n'è realizzata nessuna.

Il blocco dei visti mette in questione anche l'Accordo fondamentale fra la Santa Sede e Israele, di cui si celebra il decennale. L'Accordo riconosce il diritto della Chiesa di dispiegare il proprio personale e le proprie istituzioni. L'ironia è che queste situazioni non si erano mai verificate prima, quando non vi erano gli Accordi.

Secondo le stime di alcuni religiosi, vi sono almeno 100 persone "illegali", ma il numero aumenta sempre di più: ogni giorno scadono i visti e non vengono rinnovati. Si tratta soprattutto di persone entrate regolarmente e che avrebbero bisogno del rinnovo. Questo coinvolge non solo il personale in Israele, ma anche quello nei territori occupati, perché per andare nelle zone controllate dall'Autorità Palestinese, occorre in ogni caso fare scalo in Israele.

In passato la trafila burocratica era snella: i sacerdoti erano assegnati alla Chiesa al servizio della Terra Santa e ogni 2-3 anni scattava il rinnovo automatico del visto.

Da parte delle autorità israeliane c'è completo silenzio, che qualcuno definisce "un muro di gomma". I religiosi dapprima supponevano si trattasse di semplici disguidi burocratici. Ma ormai il fenomeno è troppo massiccio, dura da troppo tempo e riguarda troppe persone. Ormai la Chiesa di Terra Santa rischia di non avere il personale sufficiente per far funzionare santuari, parrocchie, ospedali, scuole. E tutto questo silenziosamente, senza che le autorità israeliane si pronuncino, senza annunciare nuove regole o nuove esigenze.

I responsabili della Chiesa, i vescovi di Terra Santa e dall'estero si sono rivolti diverse volte alle autorità israeliane, ma hanno ottenuto solo vaghe promesse finite nel nulla. All'inizio del 2003 le autorità governative hanno promesso di deliberare nuove procedure, ma nulla di questo è risultato vero.

Padre David Jaeger, francescano, portavoce della Custodia di Terra Santa commenta ad AsiaNews: "E' una situazione allucinante e kafkiana. Il problema è gravissimo e peggiora di giorno in giorno. Le promesse fatte dalle alte cariche del governo finora non sono state mantenute. Non ci danno a sapere le ragioni di questa nuova politica, non vi sono canali istituzionali di dialogo capaci di veicolare una risoluzione della situazione. È tempo che la Chiesa in Terrasanta si appelli alla solidarietà della Chiesa nel mondo. I governanti del paese devono avere chiaro che la situazione interessa l'intera chiesa cattolica nel mondo".

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