11/05/2009, 00.00
VATICANO-ISRAELE
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Papa: arrivando in Israele parla di Shoah, pace e patrie per i due popoli

di Franco Pisano / inviato
Benedetto XVI ha immediatamente affrontato i temi caldi della visita. Dall’antisemitismo che “continua a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo” alla richiesta di una “soluzione giusta” per il conflitto. Tutti i pellegrini ai Luoghi santi abbiano la possibilità di accedervi liberamente e senza restrizioni.
Tel Aviv (AsiaNews) – “L’enormità” del “crimine” della Shoah, una soluzione “giusta e duratura” che permetta “ai due popoli” di “vivere in pace in una patria che sia la loro”, la possibilità che chi va ai Luoghi santi posso accedervi “liberamente e senza restrizioni”. Al suo arrivo in Israele, cosciente dellimportanza del suo primo impatto sull’opinione pubblica della regione, Benedetto XVI ha subito toccato, in modo diretto, alcuni dei temi caldi della realtà di questo Paese e del Medio Oriente.
 
Lasciata Amman, dove è stato accolto e trattato con rispetto e amicizia – persino l’equipaggio dell’aereo giordano che l’ha portato in Israele gli ha augurato di portare la pace - il Papa ha iniziato la parte più delicata e difficile del viaggio, quella che tra oggi a venerdì, lo porterà a contatto con israeliani e palestinesi e con tutti i complessi problemi di tale realtà.
 
Al suo primo intervento, nel primo giorno, Benedetto XVI ha dunque affrontato alcuni dei temi di maggiore difficoltà. Ad ascoltarlo, il presidente della Repubblica, Shimon Peres, il primo ministro Benjamin Netanyahu, che subito dopo parte per Il Cairo, autorità religiose e civili. Non c’è la folla, né era attesa. E’ il primo segno di una visita rivolta in primo luogo a una piccola minoranza, i cristiani, e che trova invece altre minoranze, sia di israeliani che di palestinesi, più o meno apertamente ostili.
 
I gruppi che in diverso modo fanno riferimento all’ultrortodossia ebraica e ai coloni continuano ad accusarlo di essere antiisraeliano e negazionista, senza tenere in alcun conto che, durante la visita, il Papa si recherà dai due gran rabbini di Gerusalemme. Un incontro che ribadisce la fine delle polemiche causate dalla vicenda del vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson. Incomprensioni peraltro già superate con la visita in Vaticano, a marzo, di una delegazione dello stesso Gran rabbinato d’Israele e della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo. Da parte sua, Peres all’aeroporto dà il benvenuto alla “misssione di pace” del Papa e parla della libertà di religione che esiste nello Stato.
 
L’accoglienza è solenne: lungo il tappeto rosso che si percorre per arrivare al piccolo palco ove si pronunciano i discorsi, i soldati sono schierati con le bandiere delle divisioni militari e dei corpi armati. La banda, però, dopo la solennità degli inni, intona marce orecchiabili. Ma tutto intorno a questo settore dell’aeroporto di Tel Aviv c’è un alto muro di cemento: non è quello che separa dai territori palestinesi, questo è “solo” protettivo.
 
Da parte sua, arrivando, il Papa torna a ripetere un concetto che ha più volte affermato: “tragicamente il popolo ebraico ha sperimentato le terribili conseguenze di ideologie che negano la fondamentale dignità di ogni persona umana. E’ giusto e conveniente che durante la mia permanenza in Israele, io abbia l’opportunità di onorare la memoria dei sei milioni di ebrei vittime della Shoah e di pregare affinché l’umanità non abbia mai più ad essere testimone di un crimine di simile enormità. Sfortunatamente – aggiunge – l’antisemitismo continua a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo. Questo è totalmente inaccettabile. Ogni sforzo deve essere fatto per combattere l’antisemitismo ovunque si trovi e per promuovere il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione in tutto il mondo”
 
C’è già tutto quello che volevano sentirgli dire gli estremisti ebrei, ma probabilmente non basterà.
 
Può sembrare assurdo, ma i gruppi musulmani e palestinesi che sono contro il Papa lo accusano, invece, di essersi varie volte schierato con Israele, da ultimo per l’affermazione su “l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo”, fatta sul Monte Nebo. “Il Papa ha scelto Israele”, è stato il commento degli ultrà di questo fronte.
 
Anche in questo caso, già all’arrivo Benedetto XVI affronta il problema. “Gli occhi del mondo – dice – sono sui popoli di questa regione, mentre essi lottano per giungere a una soluzione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante sofferenze. La speranze di innumerevoli uomini, donne e bambii per un futuri più sicuro e più stabule dipendono dall’esito dei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi. In unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico quanto sono investiti di responsabilità ad esplorare ogni possibile via per la ricerca di una soluzione giusta ale enormi difficoltà, così che anbedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all’interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti”. “A tale riguardo – aggiunge – spero e prego che si possa creare un clima di fiducia, che renda capaci le parti di compiere progressi realilungo la strada verso la pace e la stabilità”.
 
Il Papa accenna, infine, a uno dei temi che dividono Santa Sede e Israele. “E’ mia fervida speranza – dice – che tutti i pellegrini ai Luoghi santi abbiano la possibilità di accedervi liberamente e senza restrizioni, di prendere parte a cerimonie religiose e di promuovere il degno mantenimento degli edifici di culto posti nei sacri spazi”.
 
 
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