01/07/2007, 00.00
CINA – VATICANO
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Mons. Jia Zhiguo: Troppa ingerenza di stato e ateismo sulla Chiesa in Cina

di Lin Deshi
Il vescovo sotterraneo di Zhengding, liberato 8 giorni fa, dopo un sequestro durato 17 giorni, mostra speranza e pessimismo sugli effetti che avrà la Lettera del Papa ai fedeli della Cina. Secondo il vescovo, che ha passato più di 20 anni in un lager, il governo cinese non è ancora cambiato, “usa la stessa strategia dei tempi di Mao”, e usa l’Associazione Patriottica per dividere la Chiesa. Ma per la Chiesa, la Lettera del Papa segna una importante direzione.

Zhengding (AsiaNews) – Mons. Giulio Jia Zhiguo, 73 anni, di cui più di 20 passati in prigione, è vescovo non ufficiale di Zhengding (Hebei), la regione dove è più forte la persecuzione verso i cattolici. Il vescovo vive in isolamento e di continuo viene sequestrato dalla polizia per subire sessioni politiche (lavaggi del cervello) perché accetti di sottomettersi all’Associazione Patriottica, l’organismo che vuole costituire una chiesa indipendente dalla Santa Sede. L’ultimo suo sequestro risale al 5 giugno. Mons. Jia è ritornato a casa il 22 giugno scorso. Vincendo l’isolamento, AsiaNews è riuscita a porgli alcune domande sulla lettera che il prelato stava leggendo proprio in quel momento.

 Eccellenza, quale influenza potrà avere la Lettera del papa sulle relazioni fra Chiesa e Stato?

Temo che non possiamo aspettarci molto da questo punto di vista. Il mondo politico cinese non è cambiato quasi per nulla; essi usano ancora le stesse strategie dei tempi di Mao, e cioè istigano e creano conflitti all’interno della Chiesa.

Questo stile dura da 50 anni [dalla fondazione dell’Associazione Patriottica, Ap - ndr] e temo che la Lettera del papa non potrà cambiare molto la situazione.

Certo, la Lettera dichiara con chiarezza quello che è l’insegnamento della Chiesa e per coloro che cercano la verità è un grande incoraggiamento. Ma per le tante persone atee fra i politici, tutto questo non vuol dire nulla: non cambiano idea a causa di queste dichiarazioni. È necessario un profondo cambiamento di mentalità nel governo e una maggiore apertura nel realizzare una vera libertà religiosa.

  

Come vede la relazione fra la Chiesa e l’Associazione Patriottica dopo la condanna del Papa nella sua Lettera?

L’Associazione Patriottica è un strumento del governo; la sua ingerenza non finisce finché non c’è un intervento del governo. Il problema è che l’Ap non può decidere da sola: essa non è indipendente, ma serve il governo, ed è sotto il controllo dal governo. Non è facile uscire da queste catene. Penso che senza un intervento del Signore, la situazione non potrà migliorare. Noi crediamo che il Signore lavora sempre nella sua Chiesa.

 La Lettera del papa farà progredire la relazione fra la Chiesa ufficiale e la Chiesa sotterranea?

Per coloro che vivono nella verità, nella giustizia, nella fedeltà alla propria fede, queta Lettera sarà una spinta decisiva a promuovere l’unità. Il vero problema è però superare e vincere tutta la pressione che viene dallo Stato. Diversi vescovi ufficiali hanno paura di comunicare in modo attivo con i vescovi sotterranei; manca spesso il coraggio, perché anche loro vivono in una situazione di stretto controllo. I loro telefoni, ad esempio, sono sempre controllati dal governo. Anche se sono riconosciuti dal governo, le loro mosse sono limitate: non possono fare quello che vogliono.

Anche per noi vescovi sotterranei, non riconosciuti dal governo, ci sono problemi di comunicazione. È quasi impossibile farlo direttamente: io stesso vivo di continuo sotto controllo. Ma per loro vi è un controllo perfino maggiore. Si potrebbe dialogare in modo indiretto, via intermediari. Ma sappiamo che nessuno vuole “creare difficoltà” per il governo. 

 La Lettera del papa, spinge i cattolici a vivere con coraggio la missione in Cina…

Non ho ancora terminato la lettura della Lettera, ma penso che per i cattolici più decisi, la Lettera del papa offre una via molto precisa. Su questo punto, l’insegnamento di Benedetto XVI continua quello di Giovanni Paolo II. Dobbiamo esercitare il nostro ministero e missione all’interno della comunione. Io continuo la mia missione senza paura, con l’incoraggiamento del Signore e con la guida del Papa. La strada che abbiamo percorso finora è quella giusta. Ora dobbiamo continuare. Il sostegno del papa ci aiuta ad andare fino in fondo, anche se ci è chiesto di sacrificare la vita.

 

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