01/07/2007, 00.00
CINA - VATICANO
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Mons. Li Jingfeng: la Lettera del Papa, chiave di volta per lo sviluppo della Cina

di Joseph Wang
In un’intervista ad AsiaNews, il vescovo di Fengxiang – riconosciuto dal governo ma non iscritto all’Associazione patriottica – sottolinea la giusta chiamata all’unità contenuta nella Lettera papale ed auspica che Pechino voglia intraprendere un dialogo sincero con la Santa Sede, chiave di volta per lo sviluppo di tutta la Cina.
Fengxiang (AsiaNews) – La Lettera di Benedetto XVI alla Chiesa cinese “è una grande messaggio a tutta la Cina, un messaggio molto profondo sui principi della Chiesa cattolica, basato sull’ecclesiologia della tradizione cattolica. La sua pubblicazione è arrivata giusto in tempo per salvare la Chiesa cinese”.
 
E’ questo il commento rilasciato ad AsiaNews da mons. Luca Li Jingfeng, 87enne vescovo di Fengxiang (Shaanxi, Cina centrale) sulla Lettera del Papa ai vescovi, presbiteri, alle persone consacrate ed ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese pubblicata ieri dalla Santa Sede. Mons. Li è uno dei 4 vescovi che Benedetto XVI aveva invitato al Sinodo sull'Eucaristia, nell'ottobre 2005, ai quali il governo vietò la partecipazione.
 
La Lettera ed il suo appello a tutti i sacerdoti cinesi, spiega il vescovo, “vanno verso una giusta direzione: quelli che seguono la tradizione cattolica si sentono rassicurati, mentre quelli che non la seguono poi così tanto hanno sentito la grande chiamata del successore di Pietro a tutto il gregge di Dio”. E’ quindi “molto importante” la chiamata all’unità fra le due parti della Chiesa cinese, quella ufficiale e quella non ufficiale, che “vogliono trovare la via giusta per avvicinarsi ed unirsi in una sola realtà, anche se la chiesa ‘più clandestina’ forse farà fatica a fare marcia indietro sulla complessa questione della comunione con il Papa”.
 
Secondo il vescovo, è importante sottolineare anche l’aspetto ‘politico’ del testo: la Lettera “è da questo punto di vista fondamentale, perché ha parlato a tutti. Se il governo accettasse le parole del Papa, saremmo tutti molto felici, anche la stessa leadership; in caso contrario, le cose potrebbero peggiorare. Sappiamo che non è facile arrivare ad un compromesso, perché sia la Chiesa che il governo hanno i loro principi. Speriamo però che Pechino voglia iniziare un dialogo con la Santa Sede, per trovare un accordo ed accogliere i principi ecclesiali”.
 
“Io prego il Signore per il governo cinese - continua il vescovo- perchè possa capire il messaggio del Papa, e spero che lo faccia per il bene di tutta la Cina. Dico sempre ai nostri governanti: guardate la Cina, un Paese in grande sviluppo che si sta unendo a tutto il mondo, ma che è rimasto indietro con la Chiesa. Se la Cina vuole aprirsi a tutto mondo, deve aprirsi anche alla Chiesa: se questo problema verrà risolto, sarà risolto tutto. In caso contrario, saremo sempre un passo indietro rispetto agli altri Paesi. Io prego per questo, e prego affinché la lettera del Papa possa svegliare la Chiesa cattolica cinese”.   
 
Fino al 2003, Fengxiang era forse l'unica diocesi della Cina popolare dove esisteva soltanto la “Chiesa non ufficiale”, non riconosciuta dal governo. Nel 2004, mons. Li è stato riconosciuto dal governo come vescovo della Chiesa, senza bisogno di sottoscrivere l'adesione all'Associazione Patriottica (AP, lo strumento di controllo della Chiesa voluto da Mao e gestito da membri del Partito Comunista, spesso atei). L’anno dopo, Benedetto XVI ha invitato mons. Li al Sinodo dei vescovi sull’Eucarestia, ma il governo non ha permesso la sua partenza per Roma.
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