04/06/2008, 00.00
CINA
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Ancora in prigione gli eroi di Tiananmen

Un lungo rapporto del Chinese Human Rights Defender sottolinea le ingiuste detenzioni ancora in atto, i controlli e la persecuzione del governo nei confronti di coloro che, nel 1989, chiesero la fine della corruzione e della dittatura comunista.
Pechino (AsiaNews) – Nel giorno del 19esimo anniversario del massacro di piazza Tiananmen, mentre la Cina si prepara a celebrare le prime Olimpiadi della sua storia nel segno dell’armonia sociale, coloro che protestarono contro la corruzione e la mancanza di democrazia nel Paese nel corso delle rivolte del 1989 sono ancora in prigione o costretti agli arresti domiciliari.
 
Lo denuncia il Chinese Human Rights Defender, movimento che controlla la situazione dei diritti umani in Cina. Attualmente, almeno otto abitanti di Pechino sono ancora in galera per aver partecipato alle proteste di piazza. Altri 12 sono sottoposti ad intimidazioni, controlli o arresti domiciliari in prossimità dell’anniversario del massacro.
 
I casi dei “prigionieri di Tiananmen” sono stati ampiamente documentati dai gruppi internazionali per i diritti umani, che hanno seguito la loro vicenda insieme ad altri migliaia di attivisti democratici. Ma è quasi sconosciuto il fatto che alcuni di loro sono ancora in galera, insieme ad altri sconosciuti: queste detenzioni sono negate anche dal governo, che nega in maniera veemente di trattenerli in galera. Per le autorità, gli attivisti sono in carcere perché “colpevoli di crimini violenti”, come omicidi e devastazioni.
 
Due di questi, Li Yujun e Zhu Gengsheng, sono condannati a morte (con la sospensione dell’esecuzione) per “distruzione contro-rivoluzionaria”. Sono entrambi chiusi nel carcere numero 2 di Pechino. Gli altri sei sono Shi Xuezhi, Li Zhixin, Chang Jingqiang, Wu Chunqi, Yang Pu e Miao Deshun. Tutti accusati di “devastazione contro-rivoluzionaria”, sono stati condannati all’ergastolo e privati dei loro diritti politici per il resto della vita.
 
Negli ultimi anni, grazie alle pressioni internazionali, la Cina ha rilasciato circa 1989 prigionieri legati ai moti di Tiananmen. Tuttavia, questi sono stati privati dei loro diritti politici a vita, che nel contesto cinese significa restrizione di movimenti, proibizione di scrivere articoli o rilasciare interviste, controllo costante della polizia.
 
Tre di loro, residenti a Pechino, sono stati rilasciati nel 2006. Dong Shengkun, uno di questi, è un veterano dell’esercito di liberazione popolare che si è unito ai moti dell’89 per protesta contro l’atteggiamento dei militari nei confronti dei civili riuniti in piazza. Per aver partecipato al rogo di un camion è stato condannato all’ergastolo, ma è uscito di galera dopo 17 anni. Stessa sorte per Zhang Maosheng e Sun Chuanheng, che dopo la scarcerazione (avvenuta anche per loro nel 2006), sono stati privati dei loro diritti politici.
 
Anche gli attivisti democratici della capitale, seppur non arrestati, subiscono la repressione del governo. Dal 23 maggio, Qi Zhiyong – attivista rimasto disabile dopo gli scontri di piazza Tiananmen – è stato messo agli arresti domiciliari. Dal 23 al 28 maggio, e di nuovo il 31 maggio, la polizia ha circondato la sua casa. Il primo giugno, saputo che alcuni giornalisti lo cercavano per intervistarlo, gli agenti lo hanno portato via.
 
Il 30 maggio ed il primo giugno, inoltre, la polizia ha fermato “per accertamenti” diversi scrittori ed intellettuali cinesi, fra cui Liu Xiaobo, Jiang Qisheng, Yu Haocheng e Zhang Zuhua. La loro “colpa” è quella di aver scritto articoli commemorativi della strage di Tiananmen sul sito www.tiananmenmother.org. Almeno altri 12 attivisti sono stati sottoposti ai domiciliari per tutto il periodo della commemorazione.
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