07/01/2005, 00.00
INDIA
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Tsunami: cristiani, musulmani, indù assaliti dal cinismo

di Nirmala Carvalho

La domanda "Perchè Dio ci ha fatto questo?" è la più comune. Sacerdoti e religiose lavorano alla ricostruzione e al riconoscimento dei cadaveri:"senza la preghiera si perde il vero significato della vita". 

Thanjavur (AsiaNews) – Sono passati 10 giorni dalla tragedia che ha colpito le coste dell'India, ma le ricerche a Valinkanni, nel distretto di Nagapattinam (India Meridionale) non sono ancora interrotte. In città continuano ad arrivare i parenti delle vittime, con la speranza di trovare ancora in vita i loro cari. Prima di procedere alla cremazione e alla sepoltura, i volontari scattano fotografie ai corpi per favorirne l'identificazione e per lasciare un ultimo ricordo a parenti e amici.

P. Xavier, responsabile del santuario Mariano di Thanjavur, città nel distretto di Nagapattinam distrutta dal passaggio dell'onda anomala, fra i più attivi nell'assistenza alle vittime, afferma che "fra i tanti pellegrini che ogni anno venivano al nostro tempio, molti risultano dispersi. Ora centinaia di parenti vengono a chiedere informazioni sugli scomparsi".

Egli sottolinea che "le foto scattate ai cadaveri non identificati sono appese in un ufficio creato per l'occasione all'interno del santuario. Fino ad ora abbiamo esposto più di 400 foto".

L'iniziativa della chiesa ha favorito il riconoscimento di molti corpi da parte dei parenti e delle autorità locali. I parenti si avvicinano con circospezione ai ritratti impressi sui muri ed è evidente la pena che provano davanti alle immagini: prima di entrare nell'ufficio, fanno un'ultima disperata ricerca fra i feriti negli ospedali, poi guardano con attenzione le foto delle vittime con una tenue speranza nel cuore, prima di rassegnarsi al peggio.

Dopo aver identificato i corpi, i parenti delle vittime stampano la foto e la portano alla polizia per l'emissione del certificato di morte: sui loro volti si scorge un'aria di confusione e di smarrimento. La fede in Dio, ancora di salvezza nelle difficoltà passate, pian piano rischia di svanire e fra la gente si diffonde un certo cinismo.

Per p. Xavier "la difficoltà maggiore che il clero deve affrontare è evitare che la massa di gente sconvolta dalla tragedie si lasci prendere dal cinismo" e invita le persone a pregare, perché "senza la preghiera si perde il vero significato della vita". Egli sottolinea che "le perdite sono irreparabili e lo shock fra i sopravvissuti è profondo . Non c'è più una prospettiva di vita e non riescono a capire come un Dio buono possa punire il suo popolo in modo così crudele, portandosi via tante vite innocenti".

P. Xavier ricorda che "i preti devono infondere fiducia, perché l'uomo non è un animale" e ha una prospettiva di vita che va oltre la morte. "Noi crediamo nella resurrezione" dice il sacerdote e invita i fedeli a "non colpevolizzare Dio" per ciò che è successo.

Dalla moschea di un villaggio vicino alla città, Kalifa Mohammad Sahib invita la gente a pregare perché "grazie alla fede la vita può continuare".

A 500 metri dal mare sorge un piccolo tempio indù dedicato alla divinità locale "Eliamman Koil", rimasto quasi del tutto incolume dal passaggio dello tsunami. Una donna che ha perso tutti e 4 i suoi figli, la sorella e il fratello racconta disperata che "Dio non esiste, perché tutta la gente del villaggio prega ogni giorno e una volta all'anno compie una processione, detta Thiruvizha, in cui accompagna la divinità con balli e canti…eppure non è servito a impedire una simile tragedia".

Suor Maria, una religiosa di Colachel, vicino a  Kanyakumari, ricorda ai profughi accampati in alloggi di fortuna che nonostante la tragedia "Dio si prende cura delle persone". "La tragedia – racconta suor Maria – si è consumata in pochi minuti e molti non si ricordano nemmeno ciò che è avvenuto".

A Cuddalore, fra le aree del Tamil Nadu più colpite dal maremoto, le scuole sono state riaperte; p. Arul Das, preside della St. Joseph school, racconta ad AsiaNews che "la tragedia è rimasta impressa nelle facce degli alunni: essi si chiedono perché Dio abbia fatto questo a loro e alle loro famiglie ed è difficile rispondere a simili domande. La tragedia è stata devastante e ha impresso un profondo trauma nelle loro menti". Egli si augura che la ripresa delle lezioni "sia un piccolo passo in avanti verso il ritorno alla normalità" e sottolinea che nelle classi "gli allievi fanno riunioni di gruppo" e sono invitati ad esternare "le emozioni e i sentimenti che provano" dal giorno della tragedia.

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