02/12/2013, 00.00
THAILANDIA
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Bangkok: scontri fra polizia e anti-governativi, gli agenti sparano proiettili di gomma

La premier respinge l’ipotesi di dimissioni, ma conferma la volontà di dialogo con gli oppositori. Ultimatum del leader della protesta, che concede “due giorni” al governo per lasciare. Per ora l’esercito resta spettatore. Fonti di AsiaNews: la protesta sta degenerando e gli effetti sull’economia sono già visibili.

Bangkok (AsiaNews) - Il premier thai Yingluck Shinawatra ha respinto al mittente la richiesta di dimissioni degli oppositori, mentre la protesta di piazza per le vie di Bangkok si fa sempre più violenta. Sono in corso scontri fra manifestanti anti-governativi e forze di polizia, che hanno iniziato a sparare proiettili di gomma per disperdere la folla e impedire l'ingresso nel compound che ospita gli uffici del Primo Ministro e altre sedi dell'esecutivo nella capitale. Per il momento l'esercito si mantiene neutrale, mentre il Primo Ministro rilancia (di nuovo) l'offerta di dialogo, sottolineando di essere ancora disponibile ai colloqui pur ribadendo che la priorità è il "rispetto della Costituzione". Fonti locali riferiscono che nel fine settimana sarebbero morte almeno quattro persone negli scontri e decine i feriti, in una escalation di violenze che rischia di replicare i drammatici momenti della primavera 2010.

Obiettivo delle sommossa popolare le dimissioni del governo guidato dalla premier Yingluck Shinawatra, accusata di essere un "pupazzo" nelle mani del fratello Thaksin, multimiliardario ed ex Primo Ministro, in esilio per sfuggire a una condanna a due anni di carcere. In realtà, l'attuale governo è stato eletto nel 2011 in modo democratico nel 2011, gode di consenso in ampie parti della Thailandia e il 28 novembre scorso ha superato in modo netto una mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni in Parlamento (297 voti contro 134).

Le proteste degli anti-governativi - un mix di esponenti della classe media, monarchici e abitanti delle zone a sud del Paese - sono le più imponenti dal 2010, quando il regno è stato sconvolto da una serie di manifestazioni concluse con un bagno di sangue e la morte di 90 civili. I dimostranti, decine di migliaia finora, invocano la fine del "regime dei Thaksin" che andrebbe sostituito - senza passare da una consultazione elettorale - con un cosiddetto "consiglio del popolo", peraltro bollato come "incostituzionale" dalla premier.

Suthep Thaugsuban, esponente dell'opposizione e leader della protesa, ha concesso due giorni di tempo al governo per dimettersi e pare intenzionato a fomentare sempre più le proteste di piazza, accelerando la crisi politico-istituzionale.

Fonti di AsiaNews in Thailandia confermano che "la situazione sta sfuggendo dalle mani", secondo alcune voci (infondate) la premier "starebbe per fuggire" e "l'escalation di violenze" è un dato di fatto reale. I manifestanti vogliono assediare il Parlamento, mentre la polizia è al bivio: "Se forza troppo la mano, l'opposizione ha motivo di protestare - spiega la fonte - ma se si mostra debole, ne approfittano". È evidente, aggiunge, che "non si vede una via di uscita e cresce la preoccupazione". A risentire è già l'economia della Thailandia, con il Paese che "sta perdendo milioni di Bath e il turismo è in forte crisi a causa delle prenotazioni cancellate".

La Thailandia è teatro dal 2006, con la caduta dell'esecutivo guidato da Thaksin, di proteste cicliche e manifestazioni pubbliche che contribuiscono ad alimentare l'instabilità politica e sociale. A innescare l'ultimo scontro una proposta di legge governativa sull'amnistia, che avrebbe (fra gli altri) concesso l'opportunità a Thaksin Shinawatra di rientrare dall'esilio. La proposta, respinta di recente dalla Camera alta del Parlamento (il Senato), ha fatto infuriare anche i sostenitori dell'esecutivo, perché avrebbe concesso il perdono ai responsabili dei massacri del 2010. Per il governo della premier Yingluck è il momento più critico dall'ascesa al potere nel 2011.

 

 

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