Papa in Iraq: cristiani iracheni siano uniti e testimoni del Vangelo
Francesco ha incontrato incontra vescovi, sacerdoti, religiosi, seminaristi e catechisti nella cattedrale Siro-Cattolica di “Nostra Signora della Salvezza” dove un attentato provocò 48 morti. “La loro morte ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi”.
Baghdad (AsiaNews) – “Uscire” tra il piccolo gregge dei fedeli, come testimoni del Vangelo e dell’unità tra i seguaci di Cristo. La visita alla cattedrale Siro-Cattolica di “Nostra Signora della Salvezza” è il primo contatto di Francesco con la realtà del terrorismo che ha colpito e continua a colpire l’Iraq. Qui, infatti, ricorda il cardinale Louis Sako, in un attacco terroristico “il 31 ottobre 2010: durante la santa messa 48 martiri sono stati uccisi, tra cui due nostri giovani sacerdoti, Tha’er e Wasim, e molti sono rimasti feriti”. Li ricorda anche il Papa: “La loro morte ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi (cfr Enc. Fratelli tutti, 285)”.
E’ il secondo appuntamento della visita di Francesco in Iraq. La cattedrale dopo l'attacco del 2010, è stata ristrutturata e per le vittime – per le quali, ricorda il Papa, è in corso la causa di beatificazione - è stato eretto un memoriale. I due sacerdoti uccisi sono stati sepolti nella cripta.
Nella cattedrale Francesco vi incontra vescovi, sacerdoti, religiosi, seminaristi e catechisti. Parla dello “zelo apostolico”. “Le difficoltà – aggiunge - fanno parte dell’esperienza quotidiana dei fedeli iracheni. Negli ultimi decenni, voi e i vostri concittadini avete dovuto affrontare gli effetti della guerra e delle persecuzioni, la fragilità delle infrastrutture di base e la continua lotta per la sicurezza economica e personale, che spesso ha portato a sfollamenti interni e alla migrazione di molti, anche tra i cristiani, in altre parti del mondo. Vi ringrazio – dice poi - fratelli vescovi e sacerdoti, di essere rimasti vicini al vostro popolo, sostenendolo, sforzandovi di soddisfare i bisogni della gente e aiutando ciascuno a fare la sua parte al servizio del bene comune. L’apostolato educativo e quello caritativo delle vostre Chiese particolari rappresentano una preziosa risorsa per la vita sia della comunità ecclesiale sia dell’intera società”.
A una comunità cattolica caratterizzata da numerose differenti tradizioni ecclesiali, il Papa chiede poi “di mettere da parte ogni tipo di egocentrismo e di competizione”. “Sia sempre nel nostro cuore – aggiunge - l’esortazione di Sant’Ignazio di Antiochia: «Nulla esista tra voi che possa dividervi, […] ma vi sia un’unica preghiera, un unico spirito, un’unica speranza, nell’amore e nella gioia» (Ad Magnesios, 6-7: PL 5, 667). Com’è importante questa testimonianza di unione fraterna in un mondo spesso frammentato e lacerato dalle divisioni! Ogni sforzo compiuto per costruire ponti tra comunità e istituzioni ecclesiali, parrocchiali e diocesane servirà come gesto profetico della Chiesa in Iraq e come risposta feconda alla preghiera di Gesù affinché tutti siano uno”.
Francesco, infine, sottolinea che “domani, a Ur, incontrerò i Leader delle tradizioni religiose presenti in questo Paese, per proclamare ancora una volta la nostra convinzione che la religione deve servire la causa della pace e dell’unità tra tutti i figli di Dio. Questa sera voglio ringraziarvi per il vostro impegno di essere operatori di pace, all’interno delle vostre comunità e con i credenti di altre tradizioni religiose, spargendo semi di riconciliazione e di convivenza fraterna che possono portare a una rinascita di speranza per tutti. Penso in particolare ai giovani. Ovunque sono portatori di promessa e di speranza, e soprattutto in questo Paese. Qui infatti non c’è solo un inestimabile patrimonio archeologico, ma una ricchezza incalcolabile per l’avvenire: sono i giovani! Sono il vostro tesoro e occorre prendersene cura, alimentandone i sogni, accompagnandone il cammino, accrescendone la speranza. Benché giovani, infatti, la loro pazienza è già stata messa duramente alla prova dai conflitti di questi anni. Ma ricordiamoci, loro – insieme agli anziani – sono la punta di diamante del Paese, i frutti più saporiti dell’albero: sta a noi coltivarli nel bene e irrigarli di speranza”.
06/04/2024 09:55
10/03/2017 10:36