12/09/2021, 13.33
VATICANO - UNGHERIA
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​Papa a Budapest: la via di Dio non è quella dell’uomo, è amore, servizio e condivisione

Francesco ha chiuso il 52mo Congresso eucaristico internazionale. “La croce non è mai di moda: oggi come in passato. Ma guarisce dentro. È davanti al Crocifisso che sperimentiamo una benefica lotta interiore, l’aspro conflitto tra il ‘pensare secondo Dio’ e il ‘pensare secondo gli uomini’”. “La minaccia dell’antisemitismo ancora serpeggia in Europa e altrove”.

Budapest (AsiaNews) – Seguire “la logica di Dio” che non è la ricerca del successo personale, ma il servizio agli altri, è lasciare che Gesù “risani le nostre chiusure e ci apra alla condivisione, ci guarisca dalle rigidità e dal ripiegamento su noi stessi”, è seguire la croce che “estende le sue braccia verso tutti”. Ed è “impegnarci a promuovere insieme una educazione alla fraternità, così che i rigurgiti di odio che vogliono distruggerla non prevalgano”. La tappa a Budapest, con la qual ha preso avvio, oggi, il 34mo viaggio internazionale di papa Francesco, indica già il messaggio che egli vuole portare a una platea più vasta dell’Ungheria e della Slovacchia, dove si reca, e che ha per destinatari quei Paesi che hanno sofferto per oltre 50 anni un regime repressivo della fede e della libertà religiosa. Ricordati, all’Angelus, quando Francesco ha parlato della beatificazione, oggi in Polonia, del cardinale Stefan Wyszyński “arrestato e segregato”.

La sosta a Budapest, dove Francesco è arrivato poco prima delle 8, (ora locale) è motivata e dedicata alla chiusura del 52mo Congresso eucaristico internazionale per la quale il Papa ha celebrato la messa. Una tappa di meno di sette ore che è stata occasione anche per incontrare (nella foto) i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese – c’è anche il patriarca ecumenico Bartolomeo - e alcune comunità ebraiche dell’Ungheria che, come quelle slovacche, sono state decimate dalla persecuzione nazista. Occasione, per Francesco, per evocare “la minaccia dell’antisemitismo, che ancora serpeggia in Europa e altrove. È una miccia che va spenta. Ma il miglior modo per disinnescarla è lavorare in positivo insieme, è promuovere la fraternità”.

Interesse politico, infine, per i protocollari incontri col presidente della Repubblica, János Áder, e col primo ministro, Viktor Orbán, capofila del sovranismo, fautore di politiche lontane, soprattutto in materia di accoglienza, dalle idee del Papa, oltre che dell’Europa comunitaria. Visti insieme (nella foto), entrambi presenti alla messa. Uno scarno comunicato vaticano recita: “L’incontro con il Presidente della Repubblica, con il Primo Ministro e il Vice Primo Ministro dell’Ungheria si è svolto secondo il programma previsto, in un clima cordiale, ed è terminato alle ore 9.25. Erano presenti, con il Santo Padre, anche Sua Eminenza il Cardinale Parolin, Segretario di Stato, e Sua Eccellenza Mons. Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati. Tra i vari argomenti trattati, vi sono stati il ruolo della Chiesa nel Paese, l’impegno per la salvaguardia dell’ambiente, la difesa e la promozione della famiglia”.

L‘imitazione di Gesù, la “risposta personale, di vita” alla domanda che egli rivolse agli apostoli “Ma voi, chi dite che io sia?” è stato il tema della celebrazione di chiusura del Congresso eucaristico. Nella Piazza degli Eroi, dedicata agli insorti della rivolta del 1956 – repressa nel sangue dai sovietici – il Papa ha esortato a “imitare” Cristo e “non ritenerci religiosi e per bene e andare avanti per la nostra strada senza lasciarci conquistare dalla logica di Gesù”. Che è quella di “una missione sarebbe culminata, sì, nella gloria della risurrezione, ma passando attraverso l’umiliazione della croce”.

Alle oltre centomila persone presenti nella grane piazza, Francesco ha ricordato che “la croce non è mai di moda: oggi come in passato. Ma guarisce dentro. È davanti al Crocifisso che sperimentiamo una benefica lotta interiore, l’aspro conflitto tra il ‘pensare secondo Dio’ e il ‘pensare secondo gli uomini’. Da un lato, c’è la logica di Dio, che è quella dell’amore umile. La via di Dio rifugge da ogni imposizione, ostentazione e trionfalismo, è sempre protesa al bene altrui, fino al sacrificio di sé. Dall’altro lato c’è il ‘pensare secondo gli uomini’: è la logica del mondo, attaccata all’onore e ai privilegi, rivolta al prestigio e al successo. Qui contano la rilevanza e la forza, ciò che attira l’attenzione dei più e sa farsi valere di fronte agli altri”.

“C’è – ha detto ancora - la parte di Dio e c’è la parte del mondo. La differenza non è tra chi è religioso e chi no. La differenza cruciale è tra il vero Dio e il dio del nostro io. Quanto è distante Colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici! Quanto è diverso Cristo, che si propone solo con amore, dai messia potenti e vincenti adulati dal mondo! Gesù ci scuote, non si accontenta delle dichiarazioni di fede, ci chiede di purificare la nostra religiosità davanti alla sua croce, davanti all’Eucaristia. Ci fa bene stare in adorazione davanti all’Eucaristia per contemplare la fragilità di Dio. Dedichiamo tempo all’adorazione. Lasciamo che Gesù Pane vivo risani le nostre chiusure e ci apra alla condivisione, ci guarisca dalle rigidità e dal ripiegamento su noi stessi; ci liberi dalla schiavitù paralizzante del difendere la nostra immagine, ci ispiri a seguirlo dove Lui vuole condurci”.

“Il cammino cristiano non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita. Allora Pietro riconosce che il centro non è il suo Gesù, ma il vero Gesù. Cadrà ancora, ma di perdono in perdono riconoscerà sempre meglio il volto di Dio. E passerà dall’ammirazione sterile per Cristo all’imitazione concreta di Cristo. Che cosa vuol dire camminare dietro a Gesù? È andare avanti nella vita con la sua stessa fiducia, quella di essere figli amati di Dio. È percorrere la stessa via del Maestro, venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45). È muovere ogni giorno i nostri passi incontro al fratello. Lì ci spinge l’Eucaristia: a sentirci un solo Corpo, a spezzarci per gli altri”.

“Questo vi auguro – il suo commiato, all’Angelus - che la croce sia il vostro ponte tra il passato e il futuro! Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo. Il mio augurio è che siate così: fondati e aperti, radicati e rispettosi”.

La tappa di Budapest è finita così. Nel pomeriggio l’arrivo a Bratislava segna l’inizio della visita nella Repubblica di Slovacchia. (FP)

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