Andhra Pradesh: i non indù "banditi" per legge da molte città
di Nirmala Carvalho
Una legge appena approvata proibisce la propaganda di altre religioni nelle città sacre indù. Ma in molte zone già ci sono state violenze e minacce contro la sola presenza fisica dei cristiani. Arcivescovo di Hyderabad: c’è il rischio concreto che gli altri fedeli siano cacciati da queste città.

New Delhi (AsiaNews) – L’Assemblea statale legislativa del governo dell’Andhra Pradesh (Ap) ha approvato il 23 luglio una legge che vieta la propaganda di altre religioni nelle località sacre indù. Il ministro J Ratnakar Rao ha spiegato che la legge vuole evitare offese a chi considera sacra la località e prevenire problemi di ordine pubblico. La parlamentare Christine Lazarus teme, invece, che la legge possa essere usata come “un’arma contro i non indù”. La legge ha incontrato la resistenza del Partito comunista marxista indiano (Cpi-m), del Partito comunista indiano e del Majlis-e-Ittehadul Muslimeen (MIM), che hanno chiesto un preventivo esame di un apposito comitato. E’ stata invece sostenuta dal Partito Bharatiya Janata (Bjp), dal Partito del Congresso e dal Telangana Rashtra Samithi.

MA Gafoor, leader Cpi-m, ha osservato lo stesso 23 luglio che la legge potrebbe essere letta in modo “sbagliato” perché contiene previsioni “pericolose”. Akbaruddin Owaisi del Mim ha protestato che “non è una legge di un governo laico”.

Mons. Marampudi Joji, arcivescovo di Hyderabad, sottolinea ad AsiaNews che “il capo ministro Y.S.Rajasekhara Reddy, cristiano, ha ceduto alla volontà degli estremisti indù che hanno sfruttato la sua identità cristiana per screditarlo e forzarlo. E’ stato costretto dalla pressione del Sangh Parivar [organizzazione nazionalista indù]. Il suo governo deve spesso difendersi dalle false accuse della maggioranza indù di voler favorire le minoranze. In realtà solo una minuscola minoranza della comunità indù sostiene simili richieste incostituzionali mentre la maggioranza è laica, pluralista e tollerante delle altre religioni”. “Questa legge viola molti diritti fondamentali garantiti dalla nostra costituzione e discrimina i non indù. Non so se la costituzione consenta a un singolo governo statale di favorire una particolare religione. Ai non indù è impedita non solo la libertà di religione, ma anche il diritto di movimento e di vivere dove vogliono, specie ai cristiani già molto avversati in queste zone. Combatteremo questa legge, nel rispetto del carattere laico della Costituzione”.

Padre Anthoniraj Thumma, segretario della Federazione delle Chiese dell’Ap, ha criticato il governo per avere ceduto “alle richieste irrazionali e anticostituzionali del Sangh Parivar”, con una legge antilaica che “viola la libertà dei non indù”. “Il divieto comprende il Tirumala Divya Kshetram, tutto il Tirumala Tirupati Devasthanams e i templi della città di Tirupati e altre 19 città dell’Ap sedi di grandi templi. Già prima della legge gli estremisti del Sangh Parivar rivendicavano il diritto esclusivo di praticare la loro fede e hanno assalito i cristiani. Nel 2006 le Missionarie della carità di Madre Teresa a Tirupati sono state molestate mentre curavano i malati di Hiv/Aids nell’ospedale pubblico. Non tanto tempo fa un pastore protestante, mentre attraversava la collina di Simhachalam Devasthanam per andare a casa, è stato picchiato a sangue e fatto sfilare seminudo.” “Questa legge viola l’art. 30 della Costituzione, che riconosce a ognuno il diritto di praticare la propria fede, e impedisce a chi non è indù di muoversi, vivere e svolgere qualsiasi attività nella località indicate. Sri Bandaru Dattattreya, presidente locale del Bjp, già canta vittoria e chiede l’espulsione da queste zone di tutti i funzionari non indù. La gran parte dei non indù di questa zona” non si occupa di propaganda religiosa e non lavora nei templi. Spero che “non debbano scegliere tra l’adozione forzata di vesti e simboli indù” e l’espulsione.