Truppe turche ammassate al confine del Kurdistan
L’allarme per un’incursione dell’esercito turco contro il PKK lanciato dal ministro degli Esteri di Baghdad. Ankara assicura che non darà il via libera ai militari e per scongiurarlo si sarebbe mosso il governo americano.
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) – La Turchia ha ammassato 140mila uomini al confine dell’Iraq, in vista di un'incursione avente ad obiettivo le basi dei curdi del PKK in territorio iracheno, ma Ankara assicura di non aver dato il via libera all’incursione per la quale da settimane premono i militari. Pressioni contro il raid da parte di  Washington che teme ripercussioni in una zona relativamente calma dell’Iraq. Denunciate dal ministro degli esteri iracheno Hoshyar Zebari, le mosse dell’esercito turco non sono state negate da Ankara.
 
Zebari ha parlato di “grande mobilitazione” militare con “ogni sorta di mezzi”. Il ministro iracheno ha affermato che il suo governo è contro ogni violazione della sovranità nazionale, ma ha espresso “comprensione” per “le legittime preoccupazioni della Tirchia nei confronti del Partito dei lavoratori curdi” (il PKK), aggiungendo però di ritenere che la questione può essere oggetto di un negoziato. “C’è – ha sostenuto – un comitato congiunto tra Iraq, Tirchia e Stati Uniti e quello è il luogo appropriato per risolvere ogni problema tra i due Paesi”. “La migliore soluzione, al momento, è nel ritiro delle forze turche dal confine”.
 
Da parte turca, il ministro degli Esteri Abdullah Gul, rispondendo a domande su un suo presunto colloquio con il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, ha sostenuto che il governo non darà il permesso all’esercito di compiere attacchi oltre frontiera. Ad Ankara continuano però le voci su un attacco nel nord dell’Iraq prima delle elezioni, in programma per il 22 luglio.
 
Da parte del PKK, infine, è giunta l’inattesa dichiarazione che il gruppo – tradizionalmente marxista – si sarebbe convertito ad un filo-americanismo. Il Washington Report on Middle East Affairs, periodico specializzato statunitense, ha un’affermazione in tal senso fatta da Fayık Muhammed Golpi, presidente del Democratic Solutions Party, movimento politico ritenuto una filiazione del PKK. “Dopo il collasso dell’Unione sovietica – ha sostenuto – abbiamo ripensato il marxismo”. “Non possiamo ignorare la realtà del tempo della globalizzazione. Abbiamo scelto la democrazia ed il federalismo”.