Corea, il test nucleare "colpisce l'aiuto della Caritas alla popolazione"
di Joseph Yun Li-sun

Il direttore della Caritas coreana, p. Paul Jeremiah Hwang Yong-yeon, è il primo straniero ad essere entrato in Corea del Nord dopo l'annuncio dell'avvenuto test atomico. Ad AsiaNews spiega che il lavoro dell'organizzazione cattolica subirà dei duri colpi a seguito di questo esperimento, ed a pagarne il prezzo sarà la popolazione.


Seoul (AsiaNews) – Il test nucleare condotto dalla Corea del Nord il 9 ottobre scorso "colpirà in maniera dura il lavoro delle organizzazioni non governative che cercano di aiutare la popolazione nordcoreana". Questo "avverrà anche per la Caritas, che fino ad ora è riuscita a portare avanti la sua missione a favore dei più poveri fra i poveri".

Lo sostiene, parlando con AsiaNews, il direttore della Caritas coreana, p. Paul Jeremiah Hwang Yong-yeon, il primo straniero a superare il confine con il Nord dopo l'annuncio del test atomico. Il sacerdote, sostenuto dal suo vescovo, ha infatti preferito mantenere gli impegni presi con la popolazione del Nord - nonostante gli avvertimenti e le richieste di Seoul - ed ha incontrato l'11 ottobre scorso alcuni rappresentanti del regime stalinista.

Ad AsiaNews egli spiega che "la guerra e la separazione della penisola coreana hanno lasciato molte ferite nella popolazione di entrambi i lati del confine, ed il dolore non si è ancora placato a distanza di 53 anni. Vi sono molti sudcoreani, in particolare coloro che hanno vissuto gli anni del conflitto, che criticano il governo di Seoul dicendo che gli sforzi compiuti per fermare il regime comunista al Nord sono stati insufficienti. Inoltre, insistono nel dire che il dialogo con la Corea del Nord è inutile e che il governo dovrebbe interrompere l'invio di ogni tipo di materiale umanitario e tagliare le relazioni diplomatiche con Pyongyang".

Il sacerdote sottolinea che "sotto la politica del 'sole splendente' lanciata dall'ex presidente Kim Dae-jung, il governo sudcoreano ha incoraggiato le organizzazioni non governative ed ha sostenuto il loro lavoro a favore della parte nord della penisola. Di conseguenza, il lavoro delle Ong è continuato senza alcuna barriera anche quando i due governi si sono confrontati su questioni politiche. La politica del governo e l'atmosfera che questa ha creato hanno contribuito a costruire armonia e fiducia reciproca".

"Il test nucleare – continua - ha invece provocato una seria tensione fra le due Coree. Dopo il 9 ottobre, il governo ha deciso di informarsi di più sulle organizzazioni che operano con Pyongyang. Inoltre, alcuni rappresentanti governativi hanno consigliato a tutti coloro che dovevano partire per il Nord di evitarlo per motivi di sicurezza. Di conseguenza, molti hanno cancellato la visita programmata ed hanno rinunciato ad incontrare i nordcoreani".

Non è questa la scelta dell'organizzazione cattolica: "Proprio nel bel mezzo di questa situazione, la Caritas coreana doveva incontrarsi con alcuni esponenti della Corea del Nord a Gaesung l'11 ed il 12 ottobre per discutere gli aiuti umanitari e la cooperazione nei piani di sviluppo a partire dal 2007. Da quella data, infatti, la Caritas locale diverrà l'unico tramite degli aiuti internazionali stanziati dalla Caritas internazionale. Abbiamo ricevuto molte telefonate da parte di rappresentanti governativi che ci hanno chiesto di non andare. Il vescovo di Daejon e presidente della Caritas, mons. Lazzaro You Heung-sik, ha invece deciso di procedere come era stato stabilito. Egli ha sottolineato che nulla e nessuno possono fermare la Caritas dall'aiutare i deboli in un momento di bisogno".

Il p. Hwang spiega che "la Caritas ha spiegato al governo lo scopo della visita: portare amore ai nostri vicini che soffrono, aldilà di politica o religione, in rappresentanza dei membri di tutto il mondo. Abbiamo visitato la Corea del Nord, passando il confine l'11 ottobre, e lì abbiamo parlato solo dei progetti di sostegno a favore dei poveri".

"Voglio ripetere – aggiunge - che il nostro lavoro a favore della popolazione nordcoreana non può essere fermato, neanche dai test nucleari. Tuttavia, se Pyongyang continua a sfidare la comunità internazionale, molti Paesi e soprattutto la Corea del Sud potranno fermare o restringere una parte del lavoro della Caritas".

"Seoul – continua - ha dichiarato che l'assistenza umanitaria e la cooperazione economica fra le  Coree ha bisogno di continuare come parte degli sforzi per la riconciliazione, per fermare la tensione che attraversa i due Paesi e nonostante le opinioni differenti della comunità internazionale. Considerando la posizione del governo, non credo però che il nostro lavoro continuerà senza alcuna limitazione legale".

Vi è poi un altro aspetto non meno rilevante: "A parte la politica, questo test colpirà il nostro operato perché i fondi per ogni operazione gestita dalla Caritas internazionale provengono da donazioni di istituzioni e privati di tutto il mondo. Con atti simili, la Corea del Nord si attira l'antipatia internazionale e questo colpisce i fondi destinati alla sua popolazione. La volontà di donare si attenua, se non si ha una buona impressione del Paese cui sono destinati i fondi. Se consideriamo che la missione della Caritas, come dice la Chiesa, è quello di andare fra i più poveri dei poveri, il test nucleare l'ha ostacolata".

Infine, vi è il problema dei confini: "Pyongyang – conclude il p. Hwang – applica uno stretto controllo sui suoi confini e lo stesso fa Seoul. Un problema internazionale di questa portata produrrà una nuova, imponente barriera anche per il lavoro umanitario e le uniche, vere vittime, saranno gli abitanti nordcoreani che non avranno modo di accedere a quelle risorse di cui hanno disperato bisogno".