Mons. Li Duan, le relazioni sino-vaticane "si realizzeranno entro cinque anni"

Il vescovo di Xian dice di essere "speranzoso" sul riallacciamento dei canali diplomatici fra Pechino e la Santa Sede. "L'importante è la riunificazione della chiesa cinese: il Papa lo sa ed è per questo che ha invitato vescovi ufficiali e non ufficiali al Sinodo sull'Eucarestia".


Xian (AsiaNews/Scmp) – Le relazioni sino-vaticane "verranno realizzate in un periodo che va dai tre ai cinque anni": ne è convinto mons. Li Duan, vescovo di Xian, che definisce la comunione con la Santa Sede "un desiderio che alberga in tutti i cattolici della Cina". "Vi sono delle difficoltà – sottolinea il presule, malato di cancro – ma è possibile stabilire delle relazioni diplomatiche in un tempo non eccessivamente lungo. Siamo speranzosi che esse possano definirsi entro il 2008, come si aspetta anche il vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun".

"Vorrei – aggiunge il vescovo, intervistato oggi dal South China Morning Post – che tutti noi pregassimo per far divenire i rapporti fra Santa Sede e Pechino una realtà e vorrei poter vedere questa realtà nel corso della mia vita. So che il Papa Benedetto XVI ha molto a cuore la Chiesa cinese: il mio più grande desiderio è quello di vederlo in Cina".

I commenti di mons. Li giungono pochi giorni dopo le ordinazioni illegali dei vescovi di Kunming e Wuhu, avvenute il 30 aprile ed il 3 maggio. "Non è chiaro – spiega il vescovo di Xian – se queste ordinazioni colpiranno le relazioni diplomatiche, al momento in costruzione, né in che misura esse potranno danneggiarle. Io mi sento ancora ottimista, perché entrambe le parti in causa vogliono questo rapporto. Il primo passo deve avvenire, però, grazie ad un compromesso".

Il presule non spiega quali siano gli ostacoli, ma ammette che le ordinazioni episcopali "rimangono un problema". "Noi vorremmo che le due parti arrivassero ad un accordo sui candidati. Questo renderebbe le cose molto più facili. Senza l'approvazione del governo, infatti, non sarebbe facile lavorare". Sulla questione della "doppia fedeltà" dei cattolici – a Pechino ed al Papa – il presule spiega che sono "sfere diverse" e che questo "laddove esistono rapporti diplomatici" non crea ostacoli di sorta. "Al momento non è facile per noi contattare il Vaticano. Dopo la ricostruzione di un canale diplomatico, avremo un rapporto migliore e più normale".

Il vescovo è nato nella contea di Lintong, nella provincia centrale dello Shaanxi, quasi 80 anni fa: nel 1950 ha concluso gli studi in un seminario di Xian e l'anno successivo è divenuto sacerdote, noto per la sua lealtà al Vaticano. Ha evitato di provocare il governo e nello stesso tempo ha difeso in modo leale gli interessi della Chiesa dalle pressioni esterne: un modo di vivere che gli ha assicurato ampio sostegno da parte della Chiesa ufficiale e non.

Nonostante i lunghi periodi di detenzione nei campi di lavoro dello Shaanxi – dal 1954 al 1957; dal 1960 al 1963; dal 1966 al 1979 – non ha mai abiurato la fede. E' divenuto vescovo di Xian nel 1987, pastore di circa 20 mila fedeli. Nel gennaio del 2000 il prelato non ha partecipato all'ordinazione illegale di sei vescovi che si svolgeva nella cattedrale di Pechino ed ha sempre negato di essere il cardinale in pectore annunciato da Giovanni Paolo II e mai rivelato.

Lo scorso anno Benedetto XVI aveva invitato il vescovo Li e altri tre vescovi cinesi – in totale due presuli ufficiali e due non - al Sinodo sull'Eucaristia che si è svolto in Vaticano in ottobre: Pechino aveva bloccato le partenze. "Sapevamo che i tempi non erano ancora maturi – commenta mons. Li – e che con molta probabilità non saremmo riusciti ad andare a Roma. L'invito significa però che il Vaticano vuole l'unificazione della Chiesa cinese: la chiave di questa unificazione è infatti il riconoscimento, da parte di tutti noi, del Papa. Non importa che non siamo riusciti ad andare, io non sarei potuto andare per motivi di salute, ma è importante l'invito in sé, che sollecita la riunificazione".

Nella sua lotta contro il cancro, che gli è stato diagnosticato nel gennaio del 2004, il prelato ha dovuto lasciare buona parte dell'attività pastorale della sua diocesi al suo coadiutore, mons. Dang Mingyan. "E' chiaro che questo dolore non è facile da portare, ma aiuta anche ad essere più paziente. E' giusto ciò che dice il Signore: anche se la carne è debole, lo spirito è forte". La malattia ed i dolori continui lo hanno costretto al riposo totale sin dal giorno della sua uscita dall'Ospedale provinciale per il cancro, a gennaio: di giorno viene assistito da sua nipote, una religiosa, mentre di notte gli fa compagnia un sacerdote.

Anche se fisicamente provato, mons. Li ha la mente lucida. Molto interessato alle questioni della Chiesa, si tiene aggiornato sulle notizie che provengono da Roma arrivando a leggere appena può il quotidiano ufficiale del Vaticano - L'Osservatore Romano - in italiano, lingua che ha imparato da solo. "Ho dato un caldo benvenuto alla notizia della creazione cardinalizia di mons. Zen – dice – perchè avere un cardinale cinese è una buona cosa".

Prelato sempre tenuto in gran conto, mons. Li sminuisce il suo ruolo di difensore della libertà religiosa: "Ho solo fatto ciò che potevo, in accordo con la mia coscienza". Il vescovo ha perso 18 chili negli ultimi due anni: al momento pesa 55 chilogrammi e si dice preparato per la morte. Ha scelto il legno della sua bara ed il luogo dove verrà seppellito, il cimitero di una chiesa rurale a 50 chilometri da Xian.

"Da quando il cancro è stato diagnosticato – conclude – so che molto presto tornerò alla casa celeste, dove potrò rendere omaggio al Signore. Questo è il terzo anno dalla diagnosi, ma so che il male è terminale e quindi incurabile, a meno che non si verifichi un miracolo. Che sia curabile o meno, io accetto con gioia la volontà di Dio".