Bangkok, stretta su opposizione birmana e rifugiati
di Steve Suwannarat

Il governo thailandese: arresti per chi si oppone "irregolarmente" alla giunta militare di Naypyidaw. E anche i profughi dal Myanmar continueranno ad essere accolti "solo se la comunità internazionale fornirà i mezzi finanziari". Bangkok è stata punto di riferimento per movimenti e mass-media in esilio, ma ora i rapporti tra Prayut e il generale Min Aung Hlain si fanno sempre più stretti.


Bangkok (AsiaNews) - In Thailandia, da sempre retrovia delle tensioni e dei conflitti birmani, il governo ha ordinato di non lasciare spazio a chi si oppone al nuovo regime birmano. Bangkok è sempre stata terra d'accoglienza per i profughi e rifugio degli oppositori fin dai tempi della dittatura. Ora però le autorità thailandesi hanno decretato che andranno individuati e arrestati quanti si trovano irregolarmente nel Paese e si oppongono alla giunta militare al potere in Myanmar dal 1 febbraio. Inoltre al corpo diplomatico a Bangkok è stato comunicato che chi cerca rifugio nel Paese potrà essere accolto in numero limitato e per un periodo transitorio, ma solo se la comunità internazionale fornirà i mezzi finanziari per l’accoglienza e l’assistenza.

La richiesta di aiuti ribadisce la linea abituale delle autorità thailandesi, che nei decenni della dittatura militare hanno accolto un gran numero di profughi birmani, in maggioranza di etnia Karen, in nove campi nelle aree di confine. Oggi sono circa 130mila, molti nati in Thailandia, e in generale integrati nelle comunità locali pur non avendo in maggioranza diritto a documenti di identità riconosciuti che consentano, ad esempio, un libero movimento e  l’accesso a servizi educativi, sanitari e assistenziali. Negli ultimi anni Bangkok aveva incentivato un movimento di rientro approfittando della presenza in Myanmar di un governo frutto di elezioni.

Nei confronti dei dissidenti le autorità thailandesi si erano finora dimostrate relativamente tolleranti, concedendo ospitalità e anche una certa libertà d'azione ai gruppi contrari alla dittatura, purché non armati. Stesso discorso per i mass-media indipendenti che per lungo tempo sono stati la fonte primaria di informazione sul Myanmar sotto i militari e anche durante il governo civile di cui Aung San Suu Kyi era il volto internazionale.

La situazione è andata gradualmente deteriorando negli ultimi tempi e ora, con la chiamata alle armi del governo-ombra contro il regime militare in Myanmar, rischia di precipitare. La Thailandia guarda con timore alla prospettiva di un nuovo massiccio afflusso di profughi dai confini occidentali, ancor più data la situazione pandemica. La stretta va però vista anche nell’ottica dei rapporti tra militari thailandesi (anche loro al potere sotto spoglie civili) e quelli birmani, oltre che dal punto di vista delle relazioni personali tra il premier thailandese Prayut Chan-ocha, pure ex generale golpista, e il leader della giunta birmana, generale Min Aung Hlain.