Hong Kong, Pechino vuole la riforma elettorale: nuovo colpo all’opposizione democratica

Autorità cinesi: La città deve essere amministrata da “patrioti”. Il rischio delle squalifiche preventive e dopo il voto. Carrie Lam: Il governo centrale è intervenuto per evitare il caos politico. Già presi di mira i consiglieri distrettuali. Il rinvio delle elezioni è uno stratagemma per impedire la vittoria dei democratici.


Hong Kong (AsiaNews) – Xia Baolong, direttore dell’Ufficio cinese per gli Affari di Macao e Hong Kong, ha dichiarato ieri che la riforma elettorale è una priorità per Hong Kong e che la città deve essere amministrata da “patrioti”: per il campo anti-governativo questo è un tentativo di eliminare l’opposizione democratica.

I nemici della patria, ha sottolineato Xia, sono coloro che “attaccano di continuo le autorità centrali, invocano l’indipendenza dell’ex colonia britannica, danneggiano la reputazione internazionale della città, chiedono sanzioni estere e violano la legge sulla sicurezza nazionale”.

Secondo osservatori locali, Pechino deve ancora decidere se mantenere o meno un piccolo gruppo di legislatori democratici nel Legco, il Parlamento cittadino. In base alle bozze di riforma che starebbero circolando, nella migliore delle ipotesi i partiti pro-democrazia potrebbero ottenere al massimo 20 seggi su 70.

Non solo, analisti fanno notare che le autorità potrebbero escludere i candidati democratici prima del voto. La squalifica potrebbe arrivare anche dopo aver vinto le elezioni: per non voler prestare giuramento di fedeltà all’esecutivo o per aver fatto affermazioni che minacciano la sicurezza nazionale.

È da ricordare che in gennaio la polizia ha arrestato 53 personalità democratiche con l’accusa di aver cercato di assicurare al fronte anti-governativo 35 o più seggi alle elezioni di settembre (poi rinviate). Essi avrebbero avuto così i numeri per bloccare l’approvazione della legge di bilancio e forzare Carrie Lam – capo dell’esecutivo – a dimettersi. In luglio tutti gli arrestati avevano preso parte o avevano contribuito all’organizzazione delle primarie del campo democratico per concorrere all’imminente rinnovo del Legco.

Dopo l’estromissione di quattro parlamentari democratici voluta da Pechino, in novembre tutti i membri del gruppo pro-democrazia del Legco hanno rassegnato le loro dimissioni, lasciando l’organismo legislativo senza alcuna opposizione.

Secondo Lam è giusto che il governo centrale intervenga per riformare la legge elettorale. Ella ha sostenuto oggi che ciò servirà ad evitare che la situazione politica nella città deteriori fino al punto di minacciare la formula “un Paese, due sistemi”, il fondamento dell’autonomia cittadina riconosciuta da Pechino. Lam fa riferimento alla serie di proteste che hanno investito Hong Kong negli ultimi 20 anni, tra cui Occupy Central nel 2014 e quelle del movimento anti-estradizione scoppiate nell’estate 2019.

Interrogata sul fatto se le organizzazioni democratiche potranno partecipare a future elezioni, la leader cittadina ha preferito non rispondere. Ella ha precisato però che l’esecutivo (in realtà il governo cinese) sta elaborando i criteri per poter gareggiare al voto.

Un primo segnale in tal senso è arrivato oggi. Le autorità locali hanno detto che senza giuramento di fedeltà i consiglieri distrettuali saranno rimossi e non potranno ricandidarsi per cinque anni. Nel novembre 2019, dopo mesi di proteste che hanno portato al ritiro della legge sull’estradizione, il fronte democratico ha stravinto le elezioni per i consigli distrettuali.

Con ogni probabilità, la proposta di riforma elettorale sarà presentata in marzo alla riunione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo, chiamata a ratificare in modo formale le decisioni già assunte dal Partito comunista cinese. Intervistato da Apple Daily, lo scienziato politico Ivan Choy fa notare che a prescindere dai dettagli delle nuove modalità di voto, è evidente che il rinvio delle elezioni in settembre è stato deciso dall’esecutivo (e da Pechino) per evitare che i democratici conquistassero la maggioranza nel Legco. Lam giustificò la mossa con la necessità di contenere la pandemia da Covid-19.