Buddisti e cristiani: manifestazioni, processioni, preghiere per la pace e contro il colpo di Stato (FOTO)
di Francis Khoo Thwe

Monaci buddisti a Pegu e a Pakokku pregano e marciano per proteggere il popolo dal buio. A Kengtung, i cristiani in processione con la statua della Madonna. A Mandalay, serata di preghiera del vescovo con sacerdoti e suore. Le religiose di san Giuseppe dell’Apparizione distribuiscono cibo e bevande ai manifestanti. La giunta prosegue con gli arresti di personalità democratiche. Accuse all’ambasciata cinese di importare armi per la giunta. Biden lancia nuove sanzioni contro i generali.


Yangon (AsiaNews) - Per il sesto giorno consecutivo, non si fermano manifestazioni e scioperi nel Paese per contestare il colpo di Stato militare del 1° febbraio e l’arresto della leader democratica Aung San Suu Kyi (la “Signora”) e del presidente Win Myint. A Yangon, capitale economica, dottori, insegnanti, studenti, operai domandano agli impiegati statali di attuare una “disobbedienza civile”, rifiutando di andare al lavoro. Vi sono anche dimostrazioni davanti alle ambasciate Usa e cinese per chiedere l’impegno internazionale contro la giunta. I manifestanti davanti all’ambasciata di Pechino (a Yangon) accusano la Cina di sostenere i militari anche importando armi. Ieri, il neo-presidente Usa Joe Biden ha chiesto ancora una volta che siano liberati i dirigenti politici e gli attivisti e ha annunciato sanzioni contro i generali birmani implicati nel putsch, primo fra tutti Min Aung Hlaing, che ha preso il potere, e che è già colpito da sanzioni per le violenze contro i Rohingya.

Ma anche la repressione non si ferma: ieri sera, uno stretto collaboratore di Aung San Suu Kyi, Kyaw Tint Swe, è stato arrestato insieme a altre quattro personalità del governo democratico. Anche membri della Commissione elettorale, che hanno confermato la vittoria della Lega nazionale per la democrazia (Ndl), il partito della “Signora”, sono stati arrestati. Si calcola che in questi giorni diverse centinaia di persone siano state messe in prigione.

È sempre più evidente che le manifestazioni contro il colpo di Stato non sono solo appannaggio dei membri della Ndl, ma coinvolgono tutti gli strati sociali e in particolare il mondo religioso.

Quest’oggi 11 monaci del monastero buddista di Pegu, a 80 km nord-est di Yangon, hanno diffuso una lettera aperta in cui esortano la popolazione a tenere alta “la luce del bene” e del dharma, e di rifiutare “la via del male”, che trascina il Paese nel buio e nella distruzione.

Due giorni fa a Pakokku (nella regione centrale di Magway), centinaia di monaci buddisti hanno lanciato una marcia per esortare alla non violenza e alla pace per il Paese. Pakokku è nota per la presenza di molti monasteri. Da qui – come pure da Yangon – è partita la “rivolta zafferano” contro la giunta nel 2007, ossia le manifestazioni dei monaci buddisti contro la giunta militare. Soffocata nel sangue, la rivolta ha però contribuito ad accelerare la transizione verso la democrazia.

Un giovane monaco, intervistato da AsiaNews, spiega: “Ogni giorno preghiamo accendendo ceri e incensi, perché il popolo sia protetto da ogni disastro, anche da quello che sta succedendo in questi giorni. Non vogliamo che il popolo soffra, senza pace e nella violenza”.

Anche fra i cattolici si moltiplicano le manifestazioni. Dopo le forti critiche ricevute dai vescovi per il loro comunicato che proibiva dimostrazioni con i simboli religiosi, diversi istituti religiosi e fedeli hanno organizzato raduni, marce, incontri di preghiera.

Il vescovo di Mandalay, mons. Marco Tin Win, che giorni fa era uscito in strada a sostenere i dimostranti pro-democrazia, alzando il segno delle tre dita, ieri sera ha organizzato un momento di preghiera davanti alla cattedrale del Sacro Cuore insieme a sacerdoti e suore per la pace e la giustizia nel Myanmar.

A Kengtung (nello Stato Shan), i fedeli, i sacerdoti e le suore hanno portato in processione la statua della Madonna, recitando il rosario e pregando per la pace nel Myanmar.

Le suore di S. Giuseppe dell’Apparizione sono ancora più esplicite: in diversi quartieri di Yangon e in altre città esse manifestano vicinanza alla popolazione distribuendo snack, caffè e altre bevande per aiutare i dimostranti a “ricaricare le energie e la loro voce”. Esse affermano che in questo modo vivono quanto il Concilio Vaticano II ha insegnato con la Gaudium et Spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (1,1).