Almeno 180 arresti e feriti per migliaia di dimostranti contro la legge sulla sicurezza
di Paul Wang

La maggior parte dei fermati è accusata di raduno illegale. Quella di ieri era la prima manifestazione di massa durante il lockdown, che vieta raduni con più di otto persone.  Wang Yi cerca di tranquillizzare l’opinione pubblica. Ma il movimento democratico ha in programma un’altra dimostrazione fra due giorni.


Hong Kong (AsiaNews) – La polizia di Hong Kong ha dichiarato di aver compiuto almeno 180 arresti dopo le manifestazioni di ieri a Causeway Bay e a Wan Chai, a cui hanno partecipato diverse migliaia di persone. La polizia ha anche confermato che gli arrestati sono accusati di assemblea non autorizzata e illegale. Almeno 10 persone sono state ferite e portate in ospedale. Quella di ieri è stata la prima compatta manifestazione dopo mesi di lockdown in cui il governo proibiva assembramenti e raduni di più di 8 persone. La decisione dei manifestanti di andare contro l’ordinanza del governo è stata dettata dall’annuncio della Cina di volere a tutti i costi preparare e imporre una legge sulla sicurezza per Hong Kong, che combatta secessione, attività sovversive, interferenze straniere, terrorismo, offese contro la madrepatria. Secondo molte personalità del territorio e internazionali, la legge segnerà “la fine di Hong Kong” come luogo di libertà, sottomettendola alla dittatura del Partito comunista cinese.

L’annuncio da parte della Cina è avvenuto alla vigilia dell’Assemblea nazionale del popolo (Anp), che si sta svolgendo a Pechino. Ieri durante una sessione dell’Anp, Wang Yi, ministro cinese degli esteri, ha cercato di raffreddare le preoccupazioni legate alla legge, dicendo che essa non danneggerà la libertà e l’autonomia del territorio. Ieri vi sono stati atti di vandalismo da parte di alcuni dimostranti. I media statali di Pechino bollano questi gesti come “terrorismo”.

Ma i gruppi legati al movimento democratico sono di parere opposto. Ieri i manifestanti continuavano a domandare risposta alle “cinque domande”, divenute lo slogan delle manifestazioni cominciate quasi un anno fa contro la legge sull’estradizione. Fra le “cinque domande” vi è la richiesta di un’inchiesta indipendente sull’uso eccessivo della forza da parte della polizia e il suffragio universale nell’elezione del parlamento di Hong Kong (Legco) e del capo dell’esecutivo, che Pechino ha escluso da tempo.

Il movimento ha in programma un’altra protesta di massa il 27 maggio, quando al Legco si discuterà una legge sull’inno nazionale (cinese) che vieta insulti. Vaghe “offese” all’inno vengono punite con tre anni di carcere e una multa fino a 50mila dollari di Hong Kong. In preparazione a possibili dimostrazioni, la zona attorno al Legco oggi è stata tutta messa in sicurezza con barricate.

Foto: HKFP